Continua il “botta e risposta” tra Arduino e i professionisti della storia

 

Con questo concludo la terna di articoli on line sull’argomento dei professionisti della storia, quelli “che sanno maneggiare le fonti e svolgere un discorso critico corretto”, come mi scrisse uno di loro. (http://larucola.org/2017/03/16/e-piu-dilettante-il-dilettante-o-il-professionista/http://larucola.org/2017/03/24/franchi-quale-la-trascrizione-giusta/)

Nel secondo articolo posi la questione delle due differenti versioni dell’origine del nome “Franchi”, una ottocentesca basata su un vocabolo forse alto germanico che significava valorosi, l’altra su un termine del diritto romano che ancora oggi significa esente da gravami fiscali, entrambe tratte dallo stesso testo di Ademaro.

La risposta del professionista

Un amico inviò lo scritto a dei noti storici professionisti e arrivò la risposta: ovviamente, per loro, ha ragione lo storico ottocentesco Jules Chavanon, perché la sua è una “edizione critica” condotta con rigore scientifico, mentre quella secentesca è solo una epitome (che c’entra? Epitome è solo la selezione di brani scelti non un’altra cosa). Lo storico in questione spiega che la versione ottocentesca è quella giusta perché basata su documenti manoscritti originali. In questo colgo un atto incondizionato di fede verso questi autori di due secoli fa, perché solo la fede e non la semplice fiducia possono superare le perplessità che originerebbe “un discorso critico corretto”. Mi spiego meglio: secondo gli storici odierni solo i lavori fatti nell’ottocento sono accettabili e scientifici , basati sui documenti originali, prima, ovvero nel seicento per esempio, si scrivevano solo fesserie, (assolutamente logiche come contenuto, ma fesserie).

I numeri: 111 oppure 247?

Oggi però e per avventura, la Biblioteca Nazionale di Francia, custode degli archivi storici dei manoscritti, mette a disposizione dei ricercatori il portale  GALLICA mediante il quale si può accedere agli “scan” dei manoscritti antichi. Anche a quello attribuito ad Ademaro, il “Ademari Lemovicensis crhronicon” del 1020, da cui trarrebbe origine l’edizione critica del Chavanon. Non mi dilungo oltre ma, sull’origine dei Franchi, il manoscritto che dovrebbe essere originale liquida la questione in 111 parole circa mentre nel testo sempre latino, quindi trascritto, che lo Chavanon ricava da questo documento ci sono, per arrivare alla stessa conclusione, circa 247 parole, più del doppio, aggiungendo fatti, nomi, luoghi. Solo la fede può vincere i dubbi sulla credibilità sia dell’originale sia della sua trascrizione, edizione, interpretazione, farloccamentazione?

…tutto va ben Madama la Marchesa

Non mi si venga a dire che Ademaro (per inciso lui spiega che i suoi genitori sono campanenses iuxta Castellum Potentia e l’archivista di fine ottocento Jules Chavanon lo trasforma in Ademar de Chabannes de Chateau Ponsat, luogo mai esistito e di cui non ci sono tracce) dicevo non mi si dica che Ademaro ha scritto più versioni della stessa storia, non credo più alla cicogna e forse la storia che fa comodo è stata leggermente “orientata” da questi patrioti ottocenteschi del nazionalismo romantico, spinti da quell’ “amor patriae dat animum” (motto dell’ MGH [Monumenta Germaniae Historica]) che giustificò ai loro occhi la farloccatura di documenti per francesizzare e germanizzare quell’alto medioevo che proprio in Francia e Germania non ha reperti archeologici ed emergenze di quegli edifici che i documenti stessi descrivono (cfr. Eribert Illig The invented middle age– Toronto 2005) e perciò senza appoggi sui documenti dubbi e sulle loro “libere” trascrizioni non avrebbe avuto alcun modo di esistere.

Non ha senso continuare un discorso fra sordi perciò… tutto va ben Madama la Marchesa.

Medardo Arduino

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