Le magnifiche (e buonissime) sei specialità marchigiane che non temono confronti

I detrattori etichettano le province di Macerata – Fermo – Ascoli come Marche sporche, salvo poi leccarsi i baffi quando provano le nostre specialità. Da noi le colombe pasquali hanno mercato, ma nulla possono contro i dolci della tradizione. La Pasqua, nelle Marche, è il periodo più prolifico dell’anno per la produzione di dolci e altre prelibatezze.  Viste le tante creazioni dolciarie che popolano queste giornate, provo a stilare una classifica per ricordarle e celebrarle.

1° posto i calcioni – nella settimana santa che si è aperta con la luna piena, a farla da padrone è invece la mezza luna, cioè il calcione. La sua zona di origine sembra sia Montegiorgio, non a caso soprannominato “Montejorgio Cacionà” ma anche Treia se la batte. Prodotti dalle vergare del fermano, sia lungo la costa, che ai piedi dei Sibillini, i calcioni nostrani possono avere due varianti: A) salati, ripieni con formaggio pecorino. Sono un dolce povero, la cui confezione e consumo riguardano non solo il mondo contadino ma è un patrimonio comune di tutta la cittadinanza. La tradizione lo vuole servito a fine pasto come dolce, nonostante sia salato. La gastronomia moderna lo propone con gli aperitivi oppure come antipasto associato ad affettati misti e formaggi locali. B) Variante ben più apprezzata in tempi moderni è quella dei calcioni dolci, con al loro interno la ricotta. I calcioni di ricotta e cioccolato, detti anche calzoni o piconi, sono un dolce tipico marchigiano e contro di loro non c’è colomba artigianale che tenga. Qualcuno, però, ultimamente ha strapazzato la ricetta aggiungendo anche il cioccolato in scaglie, o granella di mandorle o di nocciole, e c’è pure chi preferisce metterci canditi, rum, cannella e spolvero di zucchero. Molteplici le versioni ma l’ingrediente principale sono le uova genuine. Questi saccottini sono pericolosissimi! Infatti mangiatone uno non si smette più… e addio dieta.

2° – Pizza di Pasqua – è il dolce locale  più antico di tutti. Le sue origini affondano in terra Maceratese ma oggi è molto amato anche nella zona montana del fermano. Per realizzarlo al meglio fa della sua lunga preparazione la carta vincente. La ricetta miscela alla perfezione sapori decisi con gusti più delicati. In terra elpidiense, come in tutte le Marche, a Pasqua non può mancare sulle tavole questa prelibatezza ricca, squisita e anche bella da vedere. Uova e zucchero, si accompagnano a latte, olio, limone, farina con il tocco finale dato da uvetta e canditi. Secondo la tradizione, le nonne iniziavano a preparare questa “pizza agrodolce” la mattina, lasciando riposare l’impasto per oltre 10 ore per lavorarlo una volta lievitato. Molte padrone di casa la preparano la sera prima del giorno di Pasqua per poi gustarla, secondo tradizione, a colazione ma pure per concludere il pranzo pasquale con la famiglia. Nel giorno di festa, quando arriva qualche ospite, questa pizza troneggia come dessert da offrire per… prendersi i complimenti.

3° – Pizza al Formaggio – dopo la Pizza dolce come non dire della sua degna compagna, la Pizza al Formaggio, o Pizza di Pasqua al Formaggio? È la torta salata che viene preparata per il pranzo. La rinascita e il ritorno della primavera sono festeggiati con questo “Non Dolce”. La tradizione “pagana” di festeggiare la primavera si è poi fusa con quella religiosa, e le celebrazioni della buona stagione si sono sovrapposte a quelle per la resurrezione di Cristo. Si chiama pizza di formaggio ma somiglia più a una torta soffice, salata, fatta con uova e formaggio. La “pizza cascio e òe” o “crescia brusca” cosiddetta in alcune zone delle Marche è una morbida e golosa preparazione salata. Con il termine “crescia” si vuole indicare la sua sofficità e la crescita durante la lievitazione. È proposta a Pasqua ma per la sua forma e golosità si candida a diventare simbolo succulento per le scampagnate primaverili tipiche del dopo Pasqua. I pezzi di formaggio al suo interno si fondono durante la cottura, sprigionando un profumo che stimola le papille gustative.

4° – Pizza battuta – chi mi vuol far adombrare la chiama Pan di Spagna. No No e NO! Non è un prodotto industrializzato. Dietro alla pizza battuta ci sono le uova delle galline di casa, la farina del mugnaio del paese, il calore delle mani di chi fa l’impasto a mano. La sapiente cottura fatta nel forno del paese. La pizza  battuta che mia mamma faceva, era una costante a Pasqua ma anche per i compleanni. La preparava imbottita di crema e nutella. Troppo buona. Sopra la ricamava con la chiara d’uovo montata e i microscopici confettini colorati. La Pizza sbattuta, i vecchi di casa, la mangiavano a fettone intingendola nel vino fino a… intopparsi!

5° – Ciambella di Pasqua – conosciuta pure come “ciammella strozzosa”. Siamo arrivati a Pasqua e le vergare sono da tempo a lavoro per  la preparazione dei dolci di un tempo ormai lontano, in cui la cucina impiegava ingredienti poveri, che spesso venivano direttamente dalle mani dei contadini, e con i quali si realizzavano piatti particolari e diversissimi tra loro. Il dolce di cui vi parlo ora si chiama Ciambella Strozzosa.  Perché strozzosa? Il nome glielo hanno affibbiato gli amanti del buon vino, perché queste ciambelle hanno una consistenza molto pastosa e vanno accompagnate con qualche abbondante bevuta, altrimenti si rischia lo strozzamento. Naturalmente gli intenditori dicono che con la Coca Cola fa a cazzotti e… non cala. È sempre presente sulle tavole marchigiane, ed è difficile rintracciare la sua origine, che probabilmente risale ai primi del ‘900. A prendersene la paternità è Montappone ma questo ai maceratesi… non va giù. Nel rispetto della tradizione, questo dolce pasquale semplice, ha mantenuto la sua conformazione classica, molto estrosa. Secondo la tradizione, le “vergare” iniziavano a impastare queste ciambelle il giorno della Passione di Cristo, per poi farle riposare il sabato e cuocerle la domenica. Da notare che c’è un ingrediente segreto e… vietato: il Mistrà. Perché vietato? Perché i contadini, in barba alle leggi, lo facevano di nascosto in cantina. Gli ingredienti delle ciambelle sono i classici: uova, mistrà, olio, zucchero, limone grattugiato e farina; dal gusto assai leggero, per farle apprezzare a chi non è della tradizione, oggi c’è chi fa le ciambelle “strozzose” ricoperte da glassa dolce, ma la più gradita resta sempre la classica.

6° – L’agnellu de Falleró – in ultimo ecco un dolce che sa di Natale, ultimamente venuto alla ribalta in versione Pasqua. Un po’ come a Milano che con l’impasto del panettone, per sfruttare le macchine, inventarono la colomba. È “l’Agnellu de Fallerò”. “Ma come? – diranno gl’intenditori nel gustarlo – Questo non è un dolce natalizio?”. Sì, ma ne esiste una versione Pasquale. Infatti questo dolce che a Natale ha la forma di un serpente (c’è anche la Serpa de l’Apiru), per Pasqua è riprodotto come un agnello, simbolo di questa festività. Gli ingredienti sono i medesimi della proposta  natalizia, fatta eccezione per la granella di zucchero spolverata in superficie per dare il tipico colore bianco dell’agnello e l’aggiunta di pizza battuta all’interno, bagnata di mistrà. E adesso, cari pasticceri, mettete pure sul banco le vostre colombe artigianali: noi in casa gustiamo i dolci marchigiani!

Alberto Maria Marziali

5 luglio 2024

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