Il raccontino di Claudio Principi di oggi è sui pasti ospedalieri: chi li disprezza chi no

Un anziano contadino che aveva fama di essere taccagnu quand’issu sulu (avaro al massimo grado e senza possibilità di confronti), ebbe una crisi cardiaca e venne ricoverato in ospedale. Nei primi giorni, cioè nella fase degli accertamenti, sul suo stato (analisi, esami, elettrocardiogrammi e simili), all’atto della distribuzione dei pasti il poveretto guardava un attimo e con bramosia, le vivande ma poi si rigirava nel letto e si asteneva dal toccare cibo. La moglie, che lo assisteva e che era puntualmente presente al momento dei pasti, i primi due giorni credette che il suo uomo non mangiasse a causa della malattia o dello spavento che questa gli procurava. Diceva la donna tra sé: “No’ gne ne va (Non gli va)”. E non si preoccupava più di tanto. Però, perdurando il rifiuto di alimentarsi, lei cominciò a riflettere e, finalmente, capì.

Comprese e fece al suo uomo questo discorsetto: “Sai Dumì, ècco lu ‘spedà, quanno unu ce vène, tutto quello che passa a magnà non ze paga cósa. E sse te guardi attunno, tutti li recoveràti magna, e se no’ mmagna vur-dì’ che sta più male de te (Sai, Domenico, qui all’ospedale, quando uno ci viene, tutto quello che passano da mangiare non si paga niente. E se ti guardi intorno, tutti i ricoverati mangiano, e se non mangiano vuol dire che stanno più male di te)”. Il vecchio da quel momento cominciò a mangiare e non solo prese a divorare le sue razioni ma si diede a ingozzare avidamente anche quelle rifiutate dai suoi compagni di degenza. E la presenza della moglie fu allora ancora più preziosa, perché soltanto lei riusciva a frenare l’avidità dell’avaraccio.

Claudio Principi

1 luglio 2024  

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