Qualche giorno fa il sito web Academia.edu mi ha segnalato l’upload di una pubblicazione di un neonato gruppo FaceBook, costituito da cinque membri-amministratori il cui nome sembra essere “© Quelli che…SAN CLAUDIO AL CHIENTI NON È AQUISGRANA!” Già il nome è tutto un programma, ma per maggior chiarezza nelle prime pagine della loro prima pubblicazione (ne promettono altre) è spiegato lo scopo di questo sodalizio privato. Al capo “Scopo e regole del gruppo” si legge:
“Questo gruppo è un luogo di informazione storica. L’obbiettivo è quello di ribadire che Aquisgrana non è San Claudio al Chienti ma l’attuale città tedesca di Aachen, come la storiografia ufficiale ha sempre affermato e riconosciuto. Ai membri e a tutti coloro che daranno il loro contributo è richiesto di evitare polemiche sterili, linguaggio aggressivo o volgare (l’amministratore cancellerà commenti e post simili e annullerà l’iscrizione di chi ne fosse volontariamente responsabile)”. Come se l’Aquisgrana in Val di Chienti fosse la causa dei mali del mondo.
Plaudo al richiamo alla correttezza ed al non voler polemizzare, la Storia è di tutti, ma la lettura dei 18 articoli pubblicati mi ha sovente fatto pensare a ”chi predica bene….”. La mia prima questione, di filosofia della Storia, se così vogliamo dire, nasce dopo aver letto tali testi e la domanda che mi pongo e vi pongo è semplice: cui prodest? A chi giova questo accanimento contro Carnevale?. A trent’anni circa dalla presentazione delle tesi del reverendo professore don Giovanni Carnevale sulla storia negata della Francia Picena, i membri di questo gruppo FB ritengono che sia proprio necessario unirsi per combatterle, ma a quale scopo e per quali interessi? E’ proprio mostruoso che edifici unici non possano testimoniare una storia importante? Ragionando terra terra, se dette tesi fossero totalmente vacue di contenuti validi si sarebbero auto estinte nella totale indifferenza, ma a quanto parrebbe così non è, nonostante che i “continuatori” del “Centro studi Giovanni Carnevale” continuino a sostenere un errore d’interpretazione della destinazione d’uso del palazzo delle udienze carolingio, oggi San Claudio, errore che è diventato il tallone d’Achille del professore.
Di questo recente accanimento è palese dimostrazione il “convegnone” tenutosi nell’Ottobre scorso a Montecò organizzato dal Centro Studi Storici di Macerata, convegno al riguardo del quale mi sono già espresso su questo sito, poi la contestazione è continuata con il “To cancel…ecc.” di UniMc. Non scrivo per commentare gli articoletti, ognuno di noi lettori è ovviamente libero di giudicarne i contenuti perché quello del lettore è il solo giudizio che conta in quanto la storiografia non è disciplina scientifica. Lo storico non elabora le sue osservazioni mediante algoritmi di significato univoco come nelle scienze afferenti la Fisica Universale (sei per sei fa sempre trentasei per tutti), ma si esprime per opinioni interpretative perciò personali e non c’è in genere una “prova del nove” a dimostrarne l’esattezza, solo il giudizio non preconcetto, razionale ed oggettivo del lettore.
Non entro nel merito dei contenuti dei diciotto articoli pubblicati, ma mi corre l’obbligo di fare qualche precisazione sui contenuti non veritieri dell’ultimo di questi che, anche se non riporta il mio nome, credo si voglia riferire alla mia persona ed alle mie pubblicazioni. Si tratta del brevissimo ultimo articolo, il caffè alla fine del banchetto, titolato “C’è chi dice no” a pag 45 del “booklet” in questione. Su quanto esposto in tale articolo mi corre l’obbligo di qualche precisazione: innanzitutto segnalo l’uso di espressioni esplicitamente polemiche perciò contrarie alla dichiarata non volontà di polemica come nella prima frase che recita: “Negli ultimi tempi, mentre il grosso delle Sturmtruppen Carolingie continua a considerare la chiesa di San Claudio al Chienti la reale Cappella palatina e la vera Aquisgrana…” se lo scopo del “gruppo” è quello della serietà nella ricerca storica, l’uso sarcastico del titolo dei fumetti dell’umorista Bonvi “Sturmtruppen” che avevano come soggetto un esercito bislacco e comico, non avrebbe dovuto essere usato per indicare i soci del Centro Studi a San Claudio, questo mi sembra irrispettoso e di pessimo gusto.
Peggior disinformazione e notevole pressapochismo e una punta di malanimo, lo leggiamo nella frase successiva che dice: “un ex architetto, oramai in odore di eresia presso i suoi antichi sodali…Ha deciso che “No, è la basilica di Santa Maria a piè di Chienti il vero centro del potere Carolingio!” Su questa frase, sottolineata dall’uso del “grassetto” avanzo qualche riserva di correttezza e veridicità del contenuto. Innanzitutto contesto l’uso del lemma “EX” a precedere la mia qualifica professionale, termine che è totalmente fuori luogo e senza senso, io non sono un EX ARCHITETTO perché non sono stato radiato dall’Albo della mia professione, il diploma di laurea rilasciatomi dal Politecnico di Torino, come anche il diploma di “Abilitazione all’esercizio della professione”, non hanno data di scadenza come i medicinali o la patente auto, sono vitalizi checché ne dica o desideri o voglia intendere l’autore dell’articoletto in questione, perciò se non c’è volontà di polemica, è solo disinformazione. Mi sono semplicemente ritirato dalla professione attiva per fare finalmente cosa più mi piace, grazie alla pensione.
L’articolista però non è ancora soddisfatto ed aggiunge : “Peccato che la bella chiesa che lui presidia un giorno si e l’altro pure…non sia mai stata e non è una basilica”. Posso capire l’accanimento di chi vuole trovare pretesti ad ogni costo, ma mi permetto di sottoporre alla considerazione del lettore che il termine presidiare è specifico delle tattiche militari, la Basilica di Santa Maria non è un obbiettivo da conquistare ed io non sono in guerra con nessuno: è vero che sono stato il solo, nel secolo scorso, a collegarla con l’epopea dei Carolingi, e siccome “scripta manent” nulla devo riaffermare, perciò il verbo presidiare è usato a sproposito. Forse per quanto ho pubblicato, talune persone con altri convincimenti, che vorrebbero ma non sanno come contestarmi nel merito, potrebbero insensatamente sentirsi in guerra contro di me. Anche se magari fuori moda io sono sempre stato e sono un convinto pacifista, aperto al dialogo fra onestuomini (non al battibecco da bar) con tutti e per tutto. Aggiungo che questo autore, il sig. Andreoli, quando scrive, sempre nei riguardi di questo “ex” professionista, mai indicato col suo nome, che egli sia anche “in odore di eresia presso i sui antichi sodali” scrive un’altra sua invenzione o un suo pio desiderio, di cui l’Andreoli non offre alcuna prova. Leggendo queste righe mi è tornato alla memoria il ricordo di un bambinetto dispettoso che in spiaggia va a prendere a calci il castello di sabbia fatto dal coetaneo perché quelli che fa lui non gli riescono bene.
Forse insoddisfatto di quanto già scritto, l’Andreoli pretende di conoscere i miei pensieri se scrive che “Ha deciso che “No, è la basilica di Santa Maria a piè di Chienti il vero centro del potere Carolingio!”, evidenziandolo col grassetto. Questa è una sua personale ed inventata frottola a buon mercato: sfido lui e tutto il neonato gruppo di severi custodi della storiografia di matrice tedesca a trovare e indicarmi con precisione: libro, capitolo, pagina e rigo nel quale io abbia scritto che la Basilica di Santa Maria a piè di Chienti sia stata il vero centro del potere Carolingio, quando ho scritto e sostengo che è stata il luogo della sua tumulazione.
Se le altrui pubblicazioni si interpretano a questo modo, facendo dire all’autore ciò che non ha mai detto, addio millantata correttezza e via libera a “il fine giustifica i mezzi” di macchiavellica memoria, ma a qual fine? A chi giova?. Certamente la storiografia tedesca, che ha pubblicato i 120 e passa volumi dell’M.G.H. non credo abbia necessità di alcun gruppo privato di supporto. Che gli storiografi in passato, per chiare ragioni di politica, si siano adeguati ai desiderata del potentato del momento è riconosciuto da grandi filosofi e storiografi del passato ed anche in tempi recenti uno storiografo tedesco il prof. Eribert Illig ha pubblicato un saggio in cui sostiene che l’Alto Medioevo tedesco è stato inventato, don Carnevale e io non siamo i soli, ma non è questo l’argomento per me importante.
Mi preme invece ripresentare la questione del cambio di titolatura della Basilica di Santa Maria, avvenuto mesi fa, qualunquizzandola in Chiesa, perché questo “decalage” ne cancella senza alcun motivo la storia ed il significato culturale. Gli estensori della pubblicazione in oggetto citano un breve scritto del prof Fabrizio Quattrini nel blog del Centro Studi Montecosaresi, nel quale è spiegato perché sia stato sostituito il cartello a lato della chiesa con la vecchia titolatura di Basilica. Il prof Quattrini argomenta sulla genesi del lemma scrivendo “La differenza tra la definizione di “Chiesa” e “Basilica” può essere compresa sia dal punto di vista architettonico che dal punto di vista ecclesiastico. La basilica è, letteralmente, la casa del re e cioè del Signore. Viene infatti dal greco basileus, che significa re, e da oikos, che vuol dire casa. Ogni chiesa, quindi, può essere considerata una basilica, ma la Chiesa attribuisce solo ad alcune di esse tale definizione: ciò avviene in funzione della loro importanza e valore artistico. Oltre a questo, la basilica deve possedere i mezzi necessari a mantenere il decoro richiesto dal titolo. Una basilica è quindi una chiesa che ha ricevuto un riconoscimento ufficiale da parte della Santa Sede, il governo centrale della Chiesa cattolica”.
Ritengo tale spiegazione alquanto personale e sbrigativa, perché non mi quadrano alcune cose. La prima è che i Greci chiamassero basileus Gesù Cristo, perché ci sono invece molte rappresentazioni del Cristo “pantocratore”, ovvero l’onnipotente (una delle quali proprio in questa Santa Maria) e nessuna del Cristo basileo. Se leggessimo un poco di storia, quando l’imperatore Costantino il Grande fece completare la grande aula pubblica per riunioni e processi, nota a tutti gli storici come “Basilica di Massenzio e Costantino”, non mi risulta che il primo imperatore cristiano abbia ricevuto “dal governo centrale della Chiesa cattolica” che ancora non esisteva, alcuna formale autorizzazione a titolarla Basilica. La spiegazione più diffusa (e adottata anche dalla Treccani) è che Basileus sia una parola addirittura non indoeuropea (perciò non greca) che dopo lo spostamento in oriente dell’amministrazione imperiale romana è stata usata anche per identificare l’imperatore Costantino e perciò l’edificio romano di sua fondazione sia stato titolato Basilica. Da quel momento pare che il lemma sia stato usato per indicare appunto tutti gli edifici di fondazione imperiale, pertanto, stando a ciò che di Santa Maria a piè di Chienti ha scritto Andrea Bacci archiatra papale, l’edificio di culto è stato chiamato Basilica perché di fondazione carolingia perciò imperiale. In genere un edificio regio, in quanto tale, deve essere architettonicamente importante e distinguersi, ma questa è una caratteristica indotta e non l’origine del sostantivo. Nella storia che conosco, ad esempio della Basilica di Superga fatta costruire dal re Amedeo II, siamo proprio nella corretta filologia del vocabolo, anche se Superga non ha mai ricevuto alcuna autorizzazione papale per essere chiamato in tal modo. Concludo considerando che se il titolo di Basilica dell’edificio di Santa Maria a piè di Chienti, che si è conservato attraverso i secoli, potrebbe addirittura aver ricevuto tale attribuzione pontificale, ma il documento potrebbe essere andato perduto. Perciò essendo la sua attribuzione, secondo il prof. Quattrini, prerogativa esclusiva della Santa Sede, per coerenza, sia per attribuirlo sia per cancellarlo, questi atti dovrebbero essere fatti solo dalla Santa Sede stessa, sia per attribuirlo che per cancellarlo. Averlo fatto senza autorizzazione sarebbe un atto arbitrario, perciò l’amministrazione municipale montecosarese, o lo stesso Centro Studi Montecosarese, oltre a verificare chi e quando fece affiggere la precedente tabella, avrebbe dovuto informare il Vaticano per le debite autorizzazioni se “Una basilica è quindi una chiesa che ha ricevuto un riconoscimento ufficiale da parte della Santa Sede, il governo centrale della Chiesa cattolica” perciò se il titolo basilicale dell’Annunziata non è stato l’invenzione di don Lauro o di un suo predecessore e Andrea Bacci non era il buffone di corte, ma il serio medico di papa Sisto V, il prof Quattrini o chi per esso, anziché di agire per prorpria iniziativa, avrebbe dovuto fare una ricerca un tantino più approfondita sull’argomento prima di cancellare senza alcun motivo un’importante titolatura storica di un edificio che continua a sbalordire i visitatori per il fascino della sua unicità (lo dice uno che è sempre da quelle parti…). Amen. Non voglio in questo pezzo parlare dei documenti pergamenacei della Libreria Vaticana nei quali si legge di una “basilicam magna sancta Dei genitricis quam vocant capellam Karoli” e neppure delle prospezioni georadar che “proprio sumpto” (a mie spese e con le debite autorizzazioni), feci eseguire nel sottosuolo della basilica, perché innescherei una neverending story e gli anti-Sanclaudisti non saprebbero cosa inventare per contestare.
Medardo Arduino
10 giugno 2024