Il gigante dai piedi di argilla, ossia la storia (quale?) basata su falsificazioni di comodo

Incontro per parlare di storia all’Auditorium Della Valle in Sant’Elpidio a Mare. La prima frase che annuncia l’iniziativa recita: “Torniamo alla storia, soprattutto alla ricerca storica volta a sfatare manipolazioni e falsificazioni”, attività assolutamente corretta, positiva e auspicabile. La questione nodale è l’indirizzo verso cui è rivolta tale ricerca. Il testo non lo spiega, ma ho pochi dubbi che si tratti della stessa “ricerca” delle “manipolazioni” di un convegno di qualche mese fa e di un articolo più recente, esplicitamente diretti a contestare, senza mai produrre alcuna prova specifica, le tesi del compianto don Giovanni Carnevale.

Se ci pensiamo un  poco su, ci accorgiamo che lui è stato il primo, proponendo con una certa irruenza una ipotesi stravolgente, a sottolineare la necessità di smascherare le falsificazioni partigiane della storia che adesso tutti vogliono fare. Don Giovanni ha proposto di sviluppare una nuova ricerca, con ipotesi e considerazioni talvolta non adamantine, ma più che sufficienti per innescare una nuova stagione di ricerche, purtroppo contrastata ferocemente dal conservatorismo dogmatico degli storici di professione che si sono sentiti privati del loro mondo così come lo hanno assimilato a scuola, metodi d’indagine compresi. Anziché analizzare e discutere di contenuti, c’è stata solo la caccia al dettaglio imperfetto quale pretesto con cui demolire l’intero fabbricato, cercando la pagliuzza nell’occhio altrui… come recita il vecchio adagio.

Nonostante pretese scientificità, la storiografia è una disciplina letteraria che si fonda ancora su opinioni senza supporti teorici e metodologici (mai enunciati). La “scienza storica” si permette di accogliere come verità viaggi fisicamente impossibili attraverso le Alpi in pieno inverno, ammette che un popolo di “primitivi” come i Franchi del IV secolo, in una palude olandese, assumano la cultura latina in un batter d’occhio e si auto identifichino con i Romani e altre amenità simili. Nessuno si è mai chiesto (mi considero un nessuno) se c’era un motivo importante, politico o economico, per dirottare la storia quando la comunicazione era sempre calata dall’alto al basso “con licenza de’ superiori” e il web era ancora insieme con Bill Gates nel mondo della luna.

Finalmente si è deciso che è ora di discutere sulle “manipolazioni e falsificazioni” e questo è bene, ma lo si faccia con onestà intellettuale e chiarezza, senza sentire alcun dovere etico di proteggere la popolazione dai contraffattori, perché la popolazione non è una massa di ignavi che si beve qualsiasi cosa venga scritta, ma al contrario ha una testa e la usa e ha le proprie opinioni, perciò non è necessario “cancellare” gli eretici per proteggere i semplici dall’errore (con un’autodafé come durante l’inquisizione?). In qualsiasi dibattito scientifico si annunciano prima i parametri del “common understanding” ciòè le cose che non si mettono in discussione perché conoscenza comune.

Ho due sole condizioni da condividere come preliminari e quella veramente sostanziale è questa: Si ritiene possibile che la storia possa essere esistita senza lasciare sul territorio tracce fisiche, ovvero palazzi, strade, chiese, villaggi, monasteri o, semplicemente, le loro testimonianze archeologiche? Se la domanda non è abbastanza chiara aggiungo la considerazione eguale e di segno opposto: si ritiene possibile che villaggi, strade, chiese, monasteri oggi esistenti siano sorti spontaneamente in un luogo senza storia? Non è necessario rispondere con spiegazioni, soprattutto per la prima domanda è sufficiente solo un semplice e categorico “SÌ” o  solo con un “NO”, dopodiché, se ci sarà “common understanding” si potranno analizzare i pro e i contro, diversamente si entra nel favoloso mondo degli ippogrifi, di gnomi e fattucchiere.

Medardo Arduino

27 aprile 2024

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