Lido di Fermo: c’erano solo 3 ombrelloni, poi arrivò Pilluccu, primo gagà delle Marche

Per tutti il mare degli elpidiensi è quello di Porto Sant’Elpidio, ma vi voglio narrare una storia che dice una cosa diversa. È risaputo che per i fermani, da sempre, andare al mare significa recarsi a Porto San Giorgio: spiaggia un tempo chic e popolata da ricchi turisti. Quando, dopo la guerra, il 1960 stava quasi per bussare alle porte, qualcuno, a Fermo, pensò bene di valorizzare un tratto di costa, confinante con Porto Sant’Elpidio,  impreziosito da una sabbia finissima: nacque così il Lido di Fermo.

Questa spiaggia però non piacque ai fermani con la puzza sotto il naso, che la snobbarono seguitando a sbavare per Porto San Giorgio. Di contro, gli elpidiensi e quelli di Monturano, che non amavano spaccarsi i piedi sul ghiaione di Porto Sant’Elpidio, iniziarono a trasferirsi sotto la foce del Tenna, popolando quella che era la nuova spiaggia del Lido. Ricordo che, bambinetto, mamma ci portava lì al mare; il primo anno c’erano solo tre ombrelloni. Pian piano, però, gli ombrelloni aumentarono e si popolarono soprattutto di elpidiensi/monturanesi, e di altri villeggianti provenienti dall’entroterra, attrezzati per fare il mordi e fuggi sulla spiaggia libera.

Avvenne, in seguito, che da Porto San Giorgio qualcuno trovò bello fare lunghe passeggiate verso nord e i bagnanti arrivarono fino al nuovo Hotel Lido e, ancor più su, fino a una spiaggia selvaggia chiamata Casabianca (oggi zona Royal). A questo punto vennero pure i fermani, non molti, per il vero. A Lido, i calzaturieri fecero gruppo e acquistarono le seconde case e gli appartamenti da vacanza. Al mattino i pescatori, a bordo delle vongolare, si avvicinavano alla costa e vendevano pesce freschissimo. C’era pace, in questo lembo di terra e sulla spiaggia non mancavano personaggi particolari che movimentavano il soggiorno. In particolare ricordo un tipo molto strano: Pilluccu.

I più cattivelli lo etichettavano in malo modo ma in realtà era ben altra cosa da ciò che dicevano. Si chiamava Umberto ed era nativo del Torchiaro, la frazione che fu un Castello di Fermo. Era un pollivendolo e percorreva in lungo e largo la città che lo aveva adottato per vendere alle famiglie polli e galline, che trasportava infilati sugli avambracci, come se fossero borse della spesa. Dicevano fosse un poeta, ma in realtà s’inventava versi strampalati che declamava con fare da vate. I suoi occhi minacciosi trafiggevano la gente come pugnali acuminati e se ne andava via quando qualcuno lo sfotteva per la sua strana mascolinità.

Ogni giorno partiva dal pontile di Porto San Giorgio (che chiamava Molotoff) e saltellava con gli zoccoli fino all’estremità nord del Lido (Casablanc). Effettuava soste sotto tantissimi ombrelloni, invitato a recitar versi, e faceva vistosi baciamano alle signore che, per il vero, sembravano gradire molto questi gesti. Subito dopo ripartiva saltellando con gli zoccoletti e scappellandosi.

In giro per Fermo lo ricordo quando, in inverno, si vestiva con un lungo pastrano, il cappello a falde larghe e il foulard sul collo, a modo di cravatta. Esibiva  i suoi famosi tre guanti: due ne indossava e il terzo lo teneva penzoloni al polso. Era fantastico, un cinema vivente che era convinto deliziare le persone con le sue poesie un po’ stravaganti. Occorre dire, però, che non era un tipo da gay pride e che mai era volgare. Quando si fermava in spiaggia, o quando arrivava in piazza del Popolo, a Fermo, decantava qualche poesia con un capannello di persone ad ascoltare. Personaggio straordinario! A Torchiaro, su un palazzetto terremotato e malandato, qualcuno ha appeso una targa: “Qui nacque e visse Umberto Pilluccu, il famoso primo gagà delle Marche”. 

Alberto Maria Marziali

Umberto Pilluccu

22 gennaio 2024

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