La storia di Macerata a piccole dosi, undicesima puntata

Liberamente tratta da “Storia di Macerata”,

origini e vicende politiche di Adversi,

Cecchi, Paci

 

Boldrino da Panicale

 

Lo scisma e le sue conseguenze per Macerata

Nel 1378 scoppiò lo scisma; nel 1380 Giovanna, regina di Napoli, dichiarò suo successore il fratello di Carlo V di Francia, Luigi d’Angiò, che fu appoggiato dall’antipapa Clemente VII. Appena costui entrò nelle Marche con 4.000 cavalli, Rodolfo Varano fece un voltafaccia e passò al suo servizio. Macerata seguì le sorti di Rodolfo e il 2 e 3 settembre 1382 Luigi d’Angiò fu a Villa Potenza dove reclutò due compagnie prima accampate nell’Umbria. In città fu eletto vescovo scismatico l’arcidiacono del Duomo Paolo di Corraduccio, devoto dei Varano e Rodolfo volle per sé la podesteria maceratese.

 

La cacciata dei VaranoI

Varano subirono una sconfitta dalle truppe papali guidate da Duca da Carrara, Boldrino da Panicale e Biordo Michelotti; Rodolfo morì a Tolentino nel 1384 e Macerata passò a un nipote essendo entrata a far parte dell’asse ereditario. Il fatto irritò i maceratesi che si ribellarono, favorirono l’ingresso in città del vescovo “regolare” Angelo da Bevagna accompagnato da un folto gruppo di genti armate, e ritornarono alla Chiesa. Il cardinale Bontempi trasferì la curia a Macerata e assolse la città dalle censure papali in cui era incorsa seguendo i Varano.

 

Le scorrerie di Boldrino

In quegli anni Boldrino da Panicale scorrazzava per tutta la Marca Fermana assalendo e depredando le città, fino a impadronirsi del castello di Ficano (oggi Poggio San Vicino), poi si alleò con il cardinale Bontempi e assalì anche Fermo sottoponendola a pesanti ricatti. Nuovo Papa fu eletto Bonifacio IX che nominò Marchese della Marca il fratello Andrea Tomacelli e costui iniziò la sua opera per eliminare da queste zone il feroce Boldrino che, intanto, per andarsene aveva chiesto 4.000 ducati ma, al momento della consegna non li aveva accettati volendone di più. Il Tomacelli indisse un parlamento provinciale che decise di sottostare a queste condizioni imponendo una tassa. Ma era pronto un piano di azione segreto…

 

L’assassinio di Boldrino da Panicale

Ecco come descrisse il truce avvenimento un anonimo scrittore fiorentino: “…essendo (il Tomacelli) nella città di Macerata, mandò a dire a Boldrino ch’elli venisse adesinare con lui. Era allora Boldrino non sano e stavasi in un suo castello (Ficano?); e perché Boldrino avea fatte molte cose l’anno passato in beneficio di Santa Chiesa e avea quasi tutta la Marca recata al segno della Chiesa, si credeva ricevere grandi benefici dal Marchese se chiesti glieli avesse per le belle cose fatte per lui e il suo onore; e per queste cose dette andò al Marchese in Macerata forse con venti cavalli e scavalcò alla casa del Marchese e andò subitamente a lui; e come giunse nella sala dov’era apparecchiato per mangiare, il marchese fece punto chiaro viso a Boldrino e per questo Boldrino cominciò a dubitare, ma non vedea modo di partirsi quindi. Allora il marchese accennò a quegli a cui avea commesso che l’uccidessono quando si dava acqua alle mani; allora subitamente il presono e dierongli molte ferite e quinvi l’uccisono; e poi il fece sotterrare, e li compagni si fuggirono”.

 

La vendetta

L’assassinio lasciò pesanti tracce perché gli uomini di Boldrino, insieme con il figlio, fecero scorrerie nella Marca uccidendo chiunque fosse maceratese dicendo: “Vadano questi alla morte, solo per la morte di Boldrino e per l’anima sua”. E molte persone incolpevoli furono trucidate. Vi fu anche un primo e inutile assalto alla città che, nel frattempo, si era ulteriormente fortificata. Ben presto, però, i boldrineschi si ritirarono nel castello di Ficano e a Domo, covando ancora vendetta.

 

Un tiranno che durò poco

Partito il Tomacelli, spedito dal Papa in Abruzzo, Macerata rinforzò le difese perché le compagnie di ventura continuavano a tormentare la regione, fu anche vittima dell’ennesima pestilenza. Nei primi di marzo del 1392 entrò in città a tradimento Antonio di Vanni di Simonuccio, uomo detestabile che la sottrasse al dominio di Santa Madre Chiesa e instaurò un regime tirannico. Si dette da fare per fortificare le difese e assunse anche un maestro di bombarde (Pietro Ritii da Sanseverino che fu, forse, il primo costruttore di artiglierie della città). Proibì l’equa amministrazione della giustizia, uccise tal Riccuccio e fece incendiare le sue case. Un punto a suo favore fu che il 6 giugno il Papa concesse al comune il privilegio della zecca, forse perché la tirannide di Antonio era meno sgradita di un regime democratico. Ma il suo dominio durò ben poco, tanto che ai primi di agosto era già finito.

continua

 

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