Casone Pellicani a Chiesanuova di Treia – Posto lungo la strada che da Villa Potenza conduce alla frazione treiese di Chiesanuova non puoi fare a meno di vederlo e di soffermarti ad ammirarlo, oggi che è stato restaurato. È il Casone Pellicani, un edificio complesso costruito nella metà del ‘500 (ndr: potrebbe risalire nella sua struttura originaria ormai compromessa da numerose superfetazioni addirittura al XIII secolo) con funzioni di controllo, produzione e svago, esempio unico e insieme ibrido di mulino fortificato, peschiera, casino di caccia.
Rimane comunque un edificio indecifrabile: ci vorrebbero infatti nuovi sistemi di lettura sia sotto il profilo del paesaggio agrario/storico che dello studio archeologico di superficie, per cercare di capire la funzione originaria di questa fortificazione, comunque di grande interesse storico e artistico. Potrebbe trattarsi di una palombara, della torre di un mulino, di una torre d’avvistamento fiancheggiante lo scomparso Castello di Valcampana, di un Casale fortificato o, verosimilmente, del castello stesso. In una planimetria a volo d’uccello del 1527, riprodotta all’ingresso dell’Archivio di Stato di Macerata, la costruzione è già rivelata tra Montecchio e Pignano (ndr: Treia e Appignano). Comunque è risaputo che nel 1538 era proprietà di Fortunato Pellicani, castellano di Macerata, poi nell’Ottocento passato in enfiteusi all’ispettore pontificio Eutimio Carnevali (probabilmente avuta dai conti Broglio d’Ajano insieme con il castello di Valcampana); da questi passò ai nipoti Piervitali, poi ai Bezzi-Cervigni.
Questi ultimi lo vendettero, insieme con la terra circostante, ai contadini che ne coltivavano il fondo e che poi si costruirono due nuove case nelle immediate vicinanze. Di questa torre con portichetto esterno, inglobata ora in un complesso sistema colonico che ne rende illeggibile la forma originaria, quello che più colpisce è il salone del primo piano che benché diviso (essendo stato per un periodo destinato a scuola elementare oltre che a casa colonica), mantiene una magnifica volta a lunette e un raro portale cinquecentesco in pietra con stemma e nome dell’antico proprietario: Giovanni Pellicani. Di pianta quadrata venne ristrutturata nel XVI secolo dal nobile Giovanni Pellicani, la sua funzione consistette in una lussuosa dimora di caccia. L’edificio è stato di nuovo restaurato in anni recenti con parziale intervento economico dello Stato.
Torre del mulino a Passo di Treia – Lungo la fertile vallata del Potenza, dove abbondante era la produzione di frumento, c’erano molte torri fortificate attigue a mulini, necessarie per la difesa degli stessi dalle scorrerie, utili per il controllo del territorio e delle vie di comunicazione (ancor oggi abbiamo le torri di Passo di Treia, Pollenza, Villa Potenza, Sant’Egidio, San Firmano di Montelupone).
La torre di Passo di Treia, insieme con la fortificazione diagonalmente opposta costruita nel Comune di Pollenza, faceva parte del sistema difensivo e di controllo della valle del Potenza. Era anche un forte presidio per il ponte posto al confine di due territori (Treia e Pollenza) e all’incrocio di importanti vie di comunicazione che conducevano a Treia, Macerata, Urbisaglia e San Severino. Nel 1300/1400 erano frequenti gli attacchi alle attività molitorie per impossessarsi della farina, un prodotto fondamentale per la vita in quei tempi, quindi di grande valore economico, per cui dovevano esserci le opere difensive. L’origine del mulino di Passo di Treia dovrebbe risalire ai primi del 1400 e, nonostante le modifiche subite nel tempo, è ancora evidente la sua architettura originale: base quadrata (metri 9,40 per 10,42), 18,50 metri di altezza (oggi ridotta a 15 metri), muri spessi 1,40 metri, disposta su due livelli, anche se in seguito è stato aggiunto un altro solaio ricavando un terzo ambiente.
Gli spazi originari, con funzione di deposito, presentano una pavimentazione in mattoni e volte a crociera costolonate, mentre per collegare i piani sono presenti delle botole. Diverso dall’originale è il tetto che presenta la copertura a capanna con tegole e travi di sostegno in legno. Perduta è l’antica merlatura. A piano terra erano installate tre macine da cereali, i piani superiori erano adibiti a magazzino. Alcune curiosità: a Treia, allora Montecchio, in cinquanta anni il Comune fece costruire ventidue macine in una zona estesa pochi chilometri. Secoli dopo, lavorerà come ispettore dei mulini il fuoriclasse treiese del pallone col bracciale Carlo Didimi, cantato da Giacomo Leopardi. Oggi la torre, restaurata, si presta per essere utilizzata come luogo d’incontri e manifestazioni culturali.
Torre di Monte Milone a Pollenza – La torre del mulino di Monte Milone, pur essendo prossima, addirittura quasi inserita nell’abitato passotreiese, per il fatto di essere sulla riva destra del fiume Potenza, è situata sul territorio comunale di Pollenza, proprio a ridosso del corso d’acqua. Come l’altra torre, quasi dirimpettaia di Passo di Treia, svolgeva la necessaria funzione di controllo dei passaggi di viandanti e merci, e oggi rappresenta uno dei più importanti esempi della maglia di mulini fortificati dislocati lungo la vallata del Potenza.
La posizione isolata della torre fortificata è confermata dalla rappresentazione di un documento conservato all’Archivio storico comunale di Pollenza, il quale ci trasmette i suoi caratteri tipologici: struttura a pianta quadrata di notevole altezza, impostata su un basamento a scarpa, una copertura a padiglione, quindi il relativo coronamento a beccatelli. Sono tuttora esistenti le costruzioni residenziali del XIX secolo addossate alla struttura fortificata. La torre fortificata si dispone su tre livelli in alzato, oltre al piano di copertura. La copertura stessa è andata completamente perduta così come anche la probabile merlatura, mentre sopra il tamponamento di una finestra a sesto acuto c’è ancora lo stemma comunale dell’antico Monte Milone.
Per capire meglio perché i mulini vennero dotati da torri di difesa, in un documento del 1191 si parla di un mulino prossimo al Potenza che fu assalito per ben due volte, alcune donne furono portate via unitamente alla farina e vi vengono descritte le sevizie subite da quelle povere sventurate. Ossia, a mali estremi… estremi rimedi.
a cura di Fernando Pallocchini, immagini per gentile concessione di Alberto Monti
18 febbraio 2022