Il “Catasto Gregoriano” è il primo catasto generale geometrico particellare dello Stato pontificio: promosso da Pio VII nel 1816, nell’ambito della riorganizzazione amministrativa dello Stato, si chiamò “Gregoriano” poiché attivato da Gregorio XVI nel 1835. Le mappe erano corredate da “Brogliardi” dove ogni particella catastale, raffigurata in mappa con il suo perimetro e identificata da un numero assegnatole all’interno di una progressione numerica unica per ciascuna mappa, veniva descritta indicando il nominativo di chi la possedeva. Si legge nel frontespizio del Brogliardo:
Dal Dispaccio del Ministero dell’Interno in data del 17 Novembre 1851, N°50993 diretto alla Presidenza del Censo emerge che la Santità del Nostro Signore nel Creare Città la già terra di Montolmo si è benignata disporre che quindi innanzi sia denominata Pausula. Protocollo di questa Presidenza N°111095.
L’analisi del Brogliardo risulta molto interessante: da esso si apprendono molte notizie e curiosità. Innanzitutto la denominazione delle Contrade. All’interno delle mura abbiamo: Piazza, Castello, Rinchiostro, Cerqueto di Sotto e di Sopra, San Clemente, Strada Grande, San Pietro, Sejano, Saccaccio, San Giovanni, Santa Maria Nuova, Napoli, Macello, San Antonio, Porta Romana, Sant’Agostino. La suddivisione in contrade è molto precisa e travalica i 3 terzieri di origine medioevale (San Pietro, San Donato e San Giovanni) che rappresentano una suddivisione a livello superiore: la contrada si potrebbe quasi definire, in modo improprio, una “macro via”.
Molto interessante è l’analisi della zona che va dalla Chiesa di San Pietro fino all’antica Porta di Sejano (attuale Porta Trieste), passando da un lato per le attuali vie Maso da Montolmo e dall’altro per via Cavour. Un insieme di edifici e orti che costituivano una parte dell’antico terziere di San Pietro e che nel Catasto Gregoriano vengono suddivisi nelle contrade San Pietro, Sejano e Saccaccio. Per quanto riguarda il nome di San Pietro è ovvio che dipenda dalla vicinanza della omonima chiesa. Per Sejano l’appellativo deriva dall’antico nome della Porta, mutato in Trieste alla fine del Primo Conflitto Mondiale, come avvenuto per molte vie e per un’altra Porta, passata da “De’ lu Mulì” (“Levantina” o anche di “Possolle”), a Porta Trento. Del resto pure il nome di una traversa che taglia orizzontalmente contrada Saccaccio è diventa Gorizia. Sejano (trasformazione fonetica di Salliano) era una corte di proprietà dei monaci di Santa Croce al Chienti che viene citata per la prima volta in una pergamena dell’anno 897, dove l’imperatore Lamberto conferma ai monaci di Santa Croce al Chienti la proprietà della “corte” con all’interno la chiesa del “Beati Petri” (ecclesiam Beati Petri Apostoli quae est in corte Salliano).
Per “corte” si intende un insediamento di varia natura che gravita di solito intorno a una chiesa, “castello” o a entrambi, e prende il nome da uno di essi o dal proprietario. La notizia interessante è che nella corte di Salliano era presente la chiesa di San Pietro: che la corte fosse stata incastellata e la chiesa riedificata nell’attuale zona della parrocchia San Pietro (tralascio gli altri appellativi) dentro le mura? Anzi, che sia stata il nucleo originario della stessa? Una ipotesi suggestiva che purtroppo non può essere dimostrata. Del resto la prima pergamena che cita San Pietro è solo del 1066: Attone chiede al vescovo di Fermo Udalrico e all’abate di Santa Croce alcuni beni annessi al castello di Ripalta e Monte (si intende “Olmo”), con un terzo della chiesa di San Pietro. Salliano non scompare all’improvviso ma viene citato nel Regesto delle pergamene Circestensi di Santa Maria di Chiaravalle di Fiastra per ben 5 volte dal 1197 al 1229 non più come “corte” ma come “fondo”, dimostrando che non fosse più presente la chiesa di San Pietro e il piccolo insediamento abitativo con o senza “castello”.
Invece il primo documento che cita l’insediamento alla sommità della collina (Piazza Corridoni) della futura Montolmo (Corridonia) è del 968; un Privilegio di Ottone I che è a favore dei monaci di Santa Croce al Chienti: “…et curtem quae est in loco qui nuncupatur Ulmo”. Questo però non significa che l’insediamento di Salliano sia il più antico del nostro territorio, questo non è dato proprio saperlo. Una curiosità sull’attuale chiesa di San Pietro è d’obbligo: mi è stato riferito da persone degne di massima fiducia che testimoniano di averla visto in prima persona, che sotto San Pietro sia presente una grande cisterna che raccoglie l’acqua di una fonte: tutto ora non più visibile perché murato. La scoperta fu fatta per caso qualche decina di anni fa per il crollo di un pavimento della canonica. Scoperta interessante ma sulle considerazioni che si potrebbero fare, rimandiamo spero a un prossimo articolo.
Ora torniamo alla singolare denominazione di “Saccaccio” che compare per la prima e unica volta nel Catasto Gregoriano per poi sparire nuovamente nel nulla. Nessun storico locale o documento cita mai questa denominazione. Da cosa possa derivare è molto difficile dirlo. “Saccaccio” potrebbe derivare da “sacco” o “saccoccia” termine dialettale che significa “tasca” ma che assume diversi significati e modi di dire: “te la sì pijata in saccoccia”, per esprimere che si è presi una fregatura o “vattela a pijà in saccoccia”, per mandare a quel paese qualcuno in maniera gentile. Ma questo ovviamente non c’entra con noi! Talvolta il termine sta a indicare una formazione del terreno cava “a tasca”: in questa zona proprio non ne vedo alcuna e non riesco a pensare che ve ne fosse stata una in passato. Esistono vie e luoghi in Italia con tale denominazione: fanno spesso riferimento a personaggi con questo nome e a volte a luoghi che per via della conformazione del terreno che prima citavo, prendono questo appellativo.
Famoso è il capitano di ventura Saccoccio da Spoleto (Piersanto Cecili 1465 ca.- 1509) che operò pure nella Marca: sempre Guelfo, famoso per combattere come una furia con una grande ascia bipenne. La differenza tra “Saccaccio” e “Saccoccio” è davvero trascurabile. Morì eroicamente nella battaglia di Agnadello (1509) dove era nelle file della Repubblica di Venezia contro i Francesi nel quadro della guerra relativa alla Lega di Cambrai. Si narra che rimasto isolato in mezzo a molte squadre nemiche, inforcata un’alabarda faceva strage dei francesi che gli capitano sotto le mani, giungendo addirittura nei pressi del re di Francia Luigi XII dove, ferito da due frecce alla fronte e da quattro cavalieri che lo trafissero con le lance ai fianchi, morì. Ma anche il valoroso Saccoccio nulla ci entra con Montolmo e quindi per la nostra “saccoccia”, per il momento, non abbiamo una spiegazione etimologica. Motivo per cui lasciamoci con questo affascinante “mistero”: del resto spiegar tutto o pensarlo solo, non è bella cosa, anche se oggi è molto di moda.
Modestino Cacciurri
3 gennaio 2023