Mestieri scomparsi: lu stracciarólu e le pelli di coniglio pagate da 5 a 10 lire

Oggi acquistare confezioni in pelliccia non va più di moda ma un tempo quel commercio era fiorente. In particolare nei negozi ci si sentiva offrire il lapin. Ma cos’è ‘sto lapin? È il nome sciccoso dato al coniglio.

Chi come me non è più tanto giovane ricorderà quegli uomini malvestiti che passavano in cerca di ferro vecchio, stracci e… pelli di coniglio. Il mercato era intenso e serviva a qualche poveraccio per rimediare qualche monetina. I bimbi non erano esenti da questi commerci, utili per acquistare un gelato o qualche caramella. Al grido “lu ferracciàaaaa” o “lu stracciaróluuuu”, si era avvertiti che era possibile fare la piccola vendita. Non è mica passato tanto tempo da quando per le strade di campagna passava ancora lo stracciarolo che urlava il suo richiamo da lontano. Comprava di tutto, stracci, rottami di caldai.

Ricordo che da bambini ancora si faceva la ricerca del ferro dei rottami delle granate, abbandonate dagli eserciti, che venivano in superficie durante l’aratura, perché anche i nostri campi erano terre martoriate dal passaggio del fronte. Schegge e bossoli se ne trovavano ancora tanti  e lo stracciarolo/ferraccià li comprava a peso! Gli davamo anche le pelli dei conigli macellati, che prima venivano rovesciate, riempite di paglia e fatte essiccare. Ricordo che venivano pagate 5 lire le pelli dei conigli neri e 10 lire le bianche! Sì che me lo ricordo, sono passati tanti anni (circa 70) ma sembra ieri.

Pelli di coniglio stese a essiccare

Da noi passava un omone soprannominato Muscischì, che raccoglieva tutto, stracci, ferri vecchi, rame, alluminio, pelli di coniglio e feccia. A noi bambini i pochi soldini racimolati servivano per acquistare di domenica un piccolo gelato, e quelli che avanzavano servivano per i pennini per scrivere. Per il vero gli anziani di casa ci aiutavano in questo commercio indicando cosa si poteva cedere. Nelle nostre campagne passava uno stracciarolo che, oltre alle pelli di coniglio o di lepri, prendeva penne d’oca e semi di zucca.

Le pelli strappate con arte dalle carni ancora calde del coniglio, dovevano essere conservate, essiccate, pulite, altrimenti si rovinavano o marcivano. Con esse si fabbricavano guanti e colli di pelle di lapin, e protezioni fatte a imbuto, da montare  sulle impugnature del manubrio della bicicletta; quest’ultime erano chiamate “manopole”. Qualche vecchio passava il suo tempo anche a metter trappole per le talpe, perché questo serviva, oltre a evitare danni alle colture, anche a produrre pellicce molto ricercate. Ma pochi sapevano levare la pelle senza il minimo difetto.

A volte questo mestiere di acquisto delle pelli lo esercitava anche il raccoglitore di uova (l’ovarolo) ma c’era anche chi passava per raccogliere stracci di ogni tipo. Questi personaggi a loro volta portavano il materiale raccolto presso un altro raccoglitore più grande che poi smistava le pelli ai conciatori e gli stracci al macero delle cartiere di Fabriano.

Alberto Maria Marziali

12 ottobre 2022

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