Giù le mani dalla cultura!

Diffondete il messaggio

 

Sul web leggiamo: “Si cerchi la pagina 162 (rubrica Zona Critica) di Il Venerdì di Repubblica del 27 luglio, si diffonda in giro, se ne parli dappertutto..”. Noi l’avevamo già fatto e ci aveva colpito l’articolo di Ruggero Cappuccio, drammaturgo, regista teatrale e pubblicista. Ci uniamo alla sua voce di protesta contro l’Imu a carico di teatri e sale cinematografiche, che porterà alla chiusura di gran parte di essi. La cultura è divenuta un immobile da vendere all’asta al prezzo più alto e che solo i più privile-giati potranno permettersi. Dimentichi dei precetti fondamentali della nostra Costituzione: art.9, La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura…. art.33, L’arte e la scienza sono libere.. , ci stiamo assuefacendo alle spietate regole di mercato, perdendo di vista il valore immenso del nostro patrimonio artistico. Nessun futuro rilancio economico, nemmeno il più roseo riporterà in vita questi luoghi depositari d’arte che hanno fatto grande l’Italia. Dall’Editto Bulgaro di Berlusconi (2002), la mordacchia alla cultura non ha più freni e diventerà normale tornare a bruciare i libri nelle piazze! Rivendichiamo il diritto alla cultura. Nel secondo millennio, si dovrebbero cercare soluzioni perché i teatri siano accessibili a tutti e le sale cinematografiche abbiano prezzi allettanti che fungano da deterrente alla pirateria su Internet. Il Presidente dell’Agis ha fatto un appello affinché anche cinema e teatri godano della stessa riduzione fiscale prevista per gli immobili di carattere storico o artistico. La manovra economica prevede anche la digitalizzazione obbligatoria di tutte le sale cinematografiche. Noi facciamo ricorso al latino e al greco per rimarcare che “digitalizzare” è un verbo che cela un significato sinistro. Da digitus (dito) e dal greco dèk-omai (prendere) e dòkos che vuol dire insidia, trappola. Lungi da noi essere ciechi al richiamo della tecnologia moderna, ma che quest’ultima serva come supporto all’antichità e alla preziosità dell’arte e non si sostituisca a essa. In extremis potremmo sempre appellarci al “digitus impudicus” (dito impudente) che indica una certa gestualità col dito medio alzato. Tale rituale “scaramantico” o come atto di umiliazione era utilizzato già duemila anni fa dagli antichi Greci, poi s’è diffuso tra i Romani arrivando fino a oggi.

Raffaella D’Adderio

 

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