Un poeta maceratese che stimo mi propone una rubrica* sulla poesia delle donne di tutti i tempi. Me la propone mentre l’aria densa degli ultimi accadimenti ci impone di riflettere il più lucidamente possibile sul recente passato che già cola spaventoso a picco sul presente, come un fuoco che si avvicina e allontana, che viene da est e da ovest, che giunge a nord e ancora a sud senza risparmio, senza pietà. In qualunque direzione tu voglia guardare il mondo.
Ora quello che mi assale e ammutolisce è l’impotenza disperata che tutti tentano di mascherare per paura, ignoranza o incapacità a capire; a partire dagli spiccioli del resto della Coop fino alla premeditata “delinquenza delle istituzioni”, comprendere le violenze nella mia vita di individuo donna è l’ennesimo folle atto di una demagogia autoreferenzialista che altrettanto follemente si sta trasformando in pericolosa tirannia sotto il nostro sciocco naso… (come disse qualche filosofo delle mie origini: studiate le origini, risalite il letto del fiume fino alla sorgente…).
Tirannia, termine di sgomento, da cui abbiamo avuto segni numerosi proprio nelle relazioni umane più semplici e dirette. Padre, madre, figlia, figlio, moglie, marito, fratello, sacerdote… come se la guerra che avevamo dentro e che in questi ultimissimi anni si è stipata nelle nostre menti e membra, sia uscita da noi, voracemente abbia preso forma, peso, altezza; si sia elevata in noi quasi come personificazione di un malessere o di un sovvertimento di cui tutti sapevamo e non volevamo sentire…
Le guerre bloccano l’uomo nella illusione della propria onnipotenza e superbia. Si possono fermare? Certo non con le bandiere o con le bombe: le guerre si fermano con le idee e il serio impegno di un nuovo e vivo umanesimo che scelga l’essere anziché l’avere; che richiami il nastro azzurro della memoria e della storia sul limitare di un orizzonte nuovo, sano e finalmente sostenibile, che rinneghi la radice velenosa e perfida di una scrittura maschilista e guerrafondaia ma sia segno di un sentire sgombro, per quanto possibile, da dettami puristi e strumentali. Il femminile vive sconfinando nel maschile, srotolando e riavvolgendo come una perna, anzi, come la perna che faceva mia nonna Olimpia, la domenica a Fonte Zucca.
* L’altra (voci di donne ) è una rubrica appena apparsa sulla rivista “Nuova Ciminiera” che ringrazio per la cura e l’ospitalità.
Martina Luce Piermarini
Terraferma
di Martina Luce Piermarini
Mi incamminai scalza / dimenticando ogni cosa
– resta, non esiste altro
la via mi tremava intorno / si elevava sopra sé stessa / come una furia nera / vedevo il mondo prendere / la strada del fuoco.
27 giugno 2022