Non si può mettere in dubbio la proverbiale saggezza dei nostri contadini, nata da esperienza di vita tramandata da generazione in generazione e sempre migliorata col passare del tempo. In alcuni casi la saggezza si stemperava in vari modi di credere, sacri e profani, anch’essi radicati nel tempo.
A tavola – A tavola non ci potevano essere posate incrociate, avrebbe portato male. Nei piatti non si lasciavano “li cuntintì”, piccoli rimasugli del desinare, sarebbe stato peccato, tutto doveva essere mangiato sino a pulire il piatto. Mettere la tovaglia e l’apparecchiatura, come tutte le altre cose della casa, non poteva e non doveva mai essere fatto in tre persone, perché per un antico modo di credere sarebbe morta la più piccola delle tre.
Il pane – Il pane era prezioso, perché frutto di un anno di duro lavoro e anche perché “Corpo di Cristo”, quindi mai si poteva sprecare. La “piccia”, la pagnotta, doveva sempre essere messa a tavola dritta, posarla rovesciata significava mancare di rispetto. Quando un pezzetto di pane cadeva a terra se la zona era pulita, si nettava con le mani e si rimetteva a tavola, se era sporca, il pezzetto di pane, non recuperabile per l’uomo, era messo nel mangime dei maiali. Le molliche erano accuratamente raccolte e poi riutilizzate dalla “vergara” nella sua cucina e se un bambino, con la mano per pulire il tavolo le buttava a terra, lo si costringeva a raccoglierle dicendo: “Quando morirai andrai in purgatorio e lì sarà buio. Ti faranno raccogliere le molliche da terra, facendoti luce col tuo dito pollice, acceso alle fiamme dell’inferno, e dovrai raccoglierle usando la lingua”. Tale monito era non per minacciare ma per far capire la sacralità del pane.
Il tempo – Alcune credenze, tante, erano poi sul tempo, tra cui: “Sant’Antò dalla varba vianca se non ce la tròa ce la manna!” questo proverbio era naturalmente riferito alla neve ve. E ancora… “Quattro aprilanti quaranta dì pioventi!”; “Per la cannelora dell’inverno semo fora ma se pioe o tira vento dell’inverno semo drento!” Ne potrei citare qualche centinaio ma questi forse sono i più noti e ancora oggi, da qualcuno, usati.
Il ceppo di Natale – La festa più sentita era il Natale e per tale occasione i modi di credere erano diversi. Il primo riguardava il ceppo. Le sue origini erano antiche e l’uso era diffuso in tutta Europa sin dal XII secolo e consisteva nel mettere un grosso ceppo nel camino la vigilia di Natale che poi doveva ardere sino all’epifania. La cerimonie era fatta con tutta la famiglia che, riunita intorno al camino, recitava una preghiera e poi faceva un brindisi gettando la scolatura dei bicchieri sul ceppo. Il “vergaro”, il più anziano della famiglia che d’inverno trascorreva buona parte della giornata vicino al camino, aveva il compito di controllare che il ceppo ardesse bene e lui, se le cose non andavano come dovevano, barava. Se il consumo era lento ci metteva sotto un po’ di paglia; invece, se a suo avviso era troppo veloce lo inumidiva e così il ceppo arrivava giusto, giusto all’Epifania. La cenere veniva sparsa per i campi per avere la fertilità e il pezzetto che si faceva sempre avanzare era messo sull’aia per proteggere i campi e, quindi, i raccolti dalla grandine.
La notte della Vigilia – La notte della vigilia, prima di andare a messa, si apparecchiava la tavola con due posti e si metteva qualcosa da mangiare per due persone. Su una seggiola si preparava un catino con l’acqua, un pezzo di sapone e un asciugamano. Tutto questo perché si pensava: “Se passeranno San Giuseppe la Madonna e Gesù Bambino, nel loro girovagare per trovare un posto dove fermarsi, troverebbero da mangiare e ciò che occorre per cambiare il Bambino”.
Il chierichetto – Ma la credenza natalizia più strana era la seguente… Se il chierichetto che faceva lavare le mani al sacerdote durante la messa, avesse buttato l’acqua non in una pianta o un vaso di fiori, che quindi rimaneva viva, ma l’avesse gettata via allora si credeva che sarebbe morto, nell’anno, l’ultimo a uscire dalla chiesa. Volete sapere una cosa ? Siccome ad uscire per ultimi erano sempre i più vecchi, che camminavano, ovviamente, più lenti delle altre persone, era più facile che costoro morivano prima degli altri, più giovani, dando in questo modo forza e valore alla credenza.
Gli animali – Un’altra strana e antichissima tradizione era la certezza che la notte della vigilia gli animali parlavano con il Bambino, per cui il 24 dicembre si preparava “lu satollaciu”, ossia si dava a ogni animale, anche al gatto che normalmente non era alimentato perché doveva mangiare i topi e quindi liberare la casa dai roditori, da mangiare ciò che a loro piaceva di più e in quantità abbondante. Si pensava, infatti, che un animale a pancia piena, sicuramente, non avrebbe parlato male del padrone.
L’olio – Ma il modo di credere dei nostri nonni era, alla luce di oggi, veramente strano. Gli uomini, pur buoni cristiani, non pregavano molto. Loro dovevano lavorare tanto e la sera, sfiniti, iniziavano l’orazione e poi, giunti al limite della stanchezza, dicevano: “Buonanotte Gesù che l’olio è caro!” Ossia si scusavano per l’interruzione delle preghiere perché cedevano al sonno e alla stanchezza, adducendo la scusa che l’olio che alimentava il lume era prezioso e non si poteva sprecare.
La “classifica” – Le donne, invece, erano a modo loro ferventi cristiane. La “classifica” era questa: prima la Madonna, Madre che aveva sofferto con il Figlio in Croce, e loro ne avevano persi tanti al momento del parto o per la guerra: secondi i Santi protettori, ce n’era uno per ogni occasione; poi le anime sante del purgatorio che per loro erano il filo che univa il cielo alla terra. Tutto veniva chiesto dicendo: “Fammelo pé’ l’aneme sante de lu purgatoriu!” Oppure: “Famme ‘stu piacere e io te prego l’aneme sante de lu purgatoriu!”
La preghiera doppia – Se in casa si fosse smarrito qualcosa si diceva il Pater Nostro doppio, ossia ogni parola era ripetuta due volte. Ciò rendeva la preghiera più lunga e dava il tempo di trovare la cosa persa, perché casa nasconde ma non ruba, e così si rafforzava il modo di credere.
I morti – La devozione profonda era per i morti. A novembre si fermavano tutte le feste e si pregava molto per i defunti, anche con le funzioni in chiesa. Quando moriva un famigliare la salma veniva lavata e vestita con l’abito migliore che aveva in vita, si adagiava sul letto, poi si copriva lo specchio e, accanto alla porta, era sistemata una ciotola con l’acqua benedetta, che c’era sempre in casa conservata devotamente, e un rametto di ulivo. Ognuno che entrava immergeva il rametto nell’acqua e, facendo tre volte il segno della Croce, benediva la salma. In camera si pregava solo, se qualcuno doveva piangere lo faceva in un’altra stanza. Finita la cerimonia e portato il defunto al cimitero si tornava a casa e, al centro dell’aia, si bruciavano i panni che lui o lei avevano addosso al momento della morte. La direzione che prendeva il fumo, modo di credere radicato, indicava la casa dove ci sarebbe stato il morto entro l’anno. E se in quel posto ci fosse stato un vecchio, o un malato grave, che moriva il modo di credere era supportato dal fatto e diventava più valido e credibile anche se il tutto, nella realtà, era solo casuale.
La processione – Nel mio paese di nascita, Corridonia, c’era una credenza radicata e veramente antica. La sera della processione del Cristo Morto si era sicuri che dove si fermava il carro… durante l’anno ci sarebbe stato il morto. Il carro era monumentale e veniva spinto da una ventina di uomini che stavano nascosti sotto. Le donne, terrorizzate dal fatto che si fermasse davanti casa loro, davano la mancia ai portatori perché ciò non avvenisse oppure davano loro fiaschi di vino per ottenere lo stesso scopo. Una mia zia, professoressa, era così impaurita che, fatta la cena, si metteva a letto con le coperte sopra la testa e aspettava il passaggio del carro. Noi, che sapevamo tutto, ci mettevamo sulla finestra e, facendo finta di conversare fra noi, descrivevamo il percorso del carro e, quando era proprio davanti al palazzo, gridavamo: “Evviva! Evviva! Il carro si è fermato proprio qui davanti!” e lei scoppiava a piangere disperata. Poi, scoperto lo scherzo, ci rincorreva per casa minacciandoci con la scopa. Il carro faceva il giro del paese e ogni anno nella zona dove il carro si era fermato, più o meno nelle vicinanze, ci poteva essere il morto che magari era una persona anziana e malata grave e la sua dipartita era naturale ma ciò dava forza al modo di credere che così si radicava sempre di più nella mente delle donne.
Il carro – Ora un’altra piccola curiosità. Il carro del Cristo Morto era conservato in una chiesa e da questa usciva la processione e in essa, alla fine, rientrava. Quando qualcuno lanciava degli improperi colui che li riceveva rispondeva: “Guarda che la carru de lu Cristu Mortu rebbocca sempre da la porta da ndò adè scappatu!” (Guarda che il carro della processione rientra sempre nella porta da cui è uscito) in tal mondo respingendo al mittente gli improperi ricevuti.
Ho fatto alcuni esempi di modi di credere e di dire che per centinaia di anni sono stati ampiamente creduti e temuti da generazioni che se li tramandavano da madre in figlia, oggi essi vivono ancora solo nella memoria di noi vecchi perché i giovani non li conoscono se non nel racconto dei nostri, ormai sfumati, ricordi.
Cesare Angeletti alias Cisirino
6 marzo 2022