Già dal maggio scorso Fabio Sileoni, giovane e agguerrito ricercatore storico di
ambito culturale, ha consegnato alle librerie il suo nuovo libro sul cantante Nicola Benedetti di origine pollentina, edito da Andrea Livi Editore con il patrocinio del Comune di Pollenza, dell’Accademia dei Catenati, degli Amici dello Sferisterio e degli Amici di Verdi di Busseto.
Istigatore virtuoso di Sileoni a questa impresa, che può considerarsi di una ridondanza enciclopedica (quasi 600 pagine!), è stato il suo amico Piero Molini, melomane incallito e sodale con Andrea Francalancia quale memoria storica del nostro Sferisterio. In questa circostanza il loro virus ha contagiato Sileoni che si è unito a questi nella sua veste di storico e tenace ricercatore di memorie liriche, verdiane in particolare.
Da tale suo “scavo” è emersa una figura di cantante di caratura internazionale: Nicola Benedetti, celebre basso verdiano vissuto dal 1821 al 1875 (dal periodo della maturità rossiniana a quello della maturità verdiana). Cantante dall’umile esordio nella sua Pollenza, Nicola Benedetti ha poi calcato i palcoscenici d’Italia e di mezza Europa (Senigallia, Lucca, Livorno, Verona, Reggio, Siena, Lisbona, Oporto, Roma [Argentina e Apollo], Odessa, Genova, Vienna, Trieste, Madrid, Bucarest, Amburgo, Berlino e via dicendo) facendosi apprezzare per la sua straordinaria preparazione scenica, per il suo scrupolo e attenzione ai dettagli e, non certo ultima, per una rara voce di basso profondo particolarmente adatta a ruoli drammatici i più diversi: dal Mosè al don Basilio di Rossini, al l’Oroveso di Bellini, al Prefetto e l’Alfonso di Donizetti, oltre ad alcuni personaggi di Meyerbeer, ai formidabili personaggi verdiani che rispondono ai nomi di Zaccaria, Pagano, Silva, Attila, Massimiliano, Sparafucile, Ferrando, Fiesco, e a quel Banco di Macbeth che il giovane Nicola ebbe l’onore di “creare” al Teatro della Pergola di Firenze nel marzo del 1847 con l’aria del secondo atto “Come dal ciel precipita…” che Verdi scrisse appositamente per la sua voce.
Si accennava alla meticolosità dei particolari: un giornale dell’epoca annota che, nel vestire i panni di un mefistofelico Beltramo, Benedetti studiò personalmente il costume, e fu di tale efficacia espressiva che qualcuno degli spettatori fu talmente impressionato da mandare nel suo camerino un rosario e un crocifisso (pag. 453).
Un folto stuolo di cantanti primari e comprimari cantò con Benedetti, e sono proprio questi che la trattazione mette in nuovo rilievo fornendo tutti i dati possibili: Gaetano Fraschini, Filippo Coletti, Filippo Colini, Marianna Barbieri Nini, Adelaide Borghi Marno sono alcuni dei più noti. Scrive in proposito Piero Mioli, che ha autorevolmente presentato il volume al teatro di Pollenza il 18 giugno scorso: Ecco il senso dell'”enciclopedia”: solitamente, molte biografie di cantanti sono tanto in adorazione del loro idolo da scordarsi di tutto il resto, come se un artista, anche il più grande, potesse esser nato dal nulla e dover rimanere sempre solo soletto.
Il libro di Sileoni, ricchissimo di illustrazioni, documenti, epistolari e manifesti d’epoca, racconta tutto per filo e per segno, e si uniforma a un’idea originale di intitolare i singoli capitoli con la menzione delle città via via coinvolte. Otto anni di ricerche; notti insonni e tanti viaggi per le biblioteche italiane e straniere: fate entrare Fabio Sileoni in un archivio o in una biblioteca ed è come se sguinzagliaste un segugio in un campo coltivato brulicante di lepri! Tornando al serio, citiamo una riflessione di Hector Berlioz che Sileoni ha voluto inserire come incipit del suo libro: Fra l’amore e la musica c’è questa differenza: l’amore non può dare l’idea della musica, la musica può dare l’idea dell’amore. Buona lettura!
Lucio Del Gobbo
28 novembre 2021