Il mito e la storia partendo da Fetonte: quante attinenze con il popolo Piceno

“La istoria universale” di Francesco Bianchini (1662 / 1729) dovrebbe essere un testo obbligatorio, almeno per gli storici. Il grande e poliedrico uomo di scienza, nel capitolo “intenzioni dell’autore”, disserta su comprendere ed apprendere la storia; il Bianchini parlava ai suoi tempi, ora  sono troppi gli storici convinti di aver compreso tutto. Nella premessa “al discreto lettore”, osserva: “Considerate che la congettura dell’istorico non é decreto di Magistrato” (una certezza assoluta)..., “Comparisco innanzi à Voi, come à un giudice; non pretendo di arrogarmi la dittatura” (oggi la modestia non è più di moda; gli attuali pseudo storici sono interessati a usurpare la primogenitura di ricerche, osservazioni e scoperte altrui!) … “Tertulliano, Lattanzio, Santo Agostino, Platone, Tullio et cetera, insomma gli autori nostri e gli esterni, riconobbero nelle favole giacere sepolta, ma conservata, la istoria… il vero ha un certo balsamo di eternità, inviolabile al tempo e traspira la perenne fragranza sotto ai più densi veli della menzogna”. Seguendo questo insegnamento, dissotterriamo alcuni miti del sole e delle piante. Per gli uomini primitivi il sole era qualcosa di ammirevole, indispensabile e incomprensibile: quindi Divino. I vari popoli lo venerano con nomi diversi: Apollo, Febo, Elios (greci e romani); Adone (Fenici e Arabi); Osiride ( Egizi); Baal (Caldei); Mitra (Persi)… Non sembri superfluo che Fetonte deriva da Phaethein (brillare).

Il mito di Fetonte – Vari testi di mitologia greca o romana descrivono il mito di Fetonte e sono in sostanza concordi. Si crede opportuna una breve sintesi seguendo il “Dizionario della favola” di Fr. Noel tradotto dal Pozzoli- Milano 1820 (pag 312): 

1 – Fetonte, principe greco, che fu il primo a regnare sopra i Molossi, venne in Epiro con Pelasgo.

2 – Figlio del Sole e di Climene. Suo fratello (Epafo), dopo una lite, insinua a Fetonte il sospetto di non essere figlio del Sole. La madre lo rassicura e per la conferma lo manda dal padre. Fetonte va e, ottenuta la conferma, chiede un regalo. Il Sole, mosso da “paterno affetto giurò per lo Stige” di esaudire la richiesta. Non poteva immaginare che il figlio avesse potuto richiedere il permesso di condurre, per un giorno, il carro che illuminava il mondo. “Il Sole, impegnato dall’irrevocabile giuramento, fece tutti i suoi sforzi per distornare il figlio da così difficile intrapresa, ma tutto fu vano”. E Fetonte sale sul carro. “I cavalli del Sole s’avvedono subito del cambiato condottiero”. Il Carro del sole era trainato da una quadriga di formidabili destrieri. Fetonte non è un auriga esperto non conosce la rotta e non è in grado di mantenere le quote: “i fiumi diseccano e le montagne bruciano. La terra inaridita… porta a Giove le sue lagnanze: questi per prevenire lo scompiglio di tutto l’universo… con un colpo di folgore rovescia dal carro il figlio del Sole e lo precipita nell’Eridano” (le foci del Po* – Metamorfosi2) Si tralascino le varie interpretazioni del mito, compresa quella del Vossio che “vi ritrova una favola egizia  e confonde il duolo del Sole per il proprio figlio con quello degli Egizi per la morte di Osiride”.

Nota * Vedi Eneide L. VI. VERSI  979-982- Trad. A. Caro  1507 – 1566: Convivando, e cantando, sopra l’herba / Si stanno assisi. Et han di lauri intorno/ un’odorato bosco: onde il Po’ sorge/ Sopra la terra, e spazioso inonda. (Questa la traduzione di A. Caro del testo Virgiliano: “plurimus Eridani per silvam volvitur amnis = il fiume Eridano copiosissimo d’acqua. Virgilio scrive Eridano, A. Caro traduce “Po”: forse, ai suoi tempi, era finita la diatriba sulla identificazione (Rodano, Reno o Po?)

Gianfrancesco Pivati, in “Nuovo dizionario scientifico curioso… tomo V- MDCCXLVII,” conferma e aggiunge che Sole “pentito del giuramento prestatogli, lo andò istruendo, per quanto gli fu possibile, lo rivestì de’ suoi raggi e gli consegnò la condotta del proprio carro. Ma non avendo il capriccioso Fetonte né la forza né la destrezza per reggere destrieri così veloci, lo deviarono… dalla strada additatagli dal padre e posero in rischio di ardere il Mondo tutto, se Giove con un fulmine non l’avesse precipitato nel Po… Eusebio scrive nella sua Cronaca, che ai tempi di questo Re, il quale, secondo la sua opinione, vivea verso l’anno del Mondo 2530, cadettero dal Cielo molte stelle, le quali, giusta l’Autore del libro de Mundo, attaccarono fuoco in vari luoghi dell’Occidente; Diodoro di Sicilia spiega molto alla lunga questa mitologia nel suo quinto libro”.

Da “I miti e i simboli delle piante …” –  Reivas dell’Ibis:

1 – Il Pioppo delle Eliadi – Secondo Reivas, nel mito di Fetonte, non ci sarebbe stato alcun intervento divino ma furono i cavalli che “non obbedendo alla mano del novello condottiero, si precipitarono nel mare dove sbocca il Po, e Fetonte vi rimase annegato. Le sue sorelle Lampezia, Fetusa ed Egla, e Cigno suo amico, trovatolo colà, lo piansero amaramente, finché gli Dei ne ebbero pietà e per dar fine al loro cordoglio, cangiarono l’amico Cigno  in un uccello, e le sorelle in pioppi neri, e le loro lacrime in ambra (Metamorfosi libro 2)…  Nei solenni giuochi che si tenevano a Rodi ad onore del Dio Sole, premiavasi il vincitore con una ghirlanda di Pioppo, albero del quale non di rado si adornavano pure gli amanti… Il Pioppo delle Eliadi è il Populus nigra L., comunissimo Pioppo dei paesi nostri”.

2 –Il pioppo di Ercole – Pag 26: “Pioppo d’Ercole, è il Populus graeca di Aiton, assai somigliante al Populus alba L. Gli antichi sotto la simbolica figura di Ercole (e di Saturno) rappresentavano, il Tempo, inghirlandavano questo nume di rami del Pioppo. … le foglie dei Pioppi sono bianche o biancastre inferiormente e verdi-scure superiormente; verso il solstizio d’estate si volgono per forma che mostrando le pagine opposte, fanno assumere a questi alberi un aspetto affatto differente. I contadini… usano i Pioppi come un Calendario e sanno benissimo quando cominciano ad accorciarsi i giorni, giudicando … dalle foglie … È giusto adunque che Ercole il Dio del Tempo si inghirlandasse colle fronde di un albero misuratore del tempo e che con esso pure si cingessero il capo quelli, che sacrificavano sui suoi altari. Un fenomeno simile a quello delle foglie dei pioppi osservasi pure nei Vimini e negli olmi. Ercole era inghirlandato con un ramoscello di Pioppo d’argento allorché ritornò dall’Acheronte trascinando Cerbero, e perciò Omero chiama i Pioppi Acherontici anche per alludere ai luoghi umidi nei quali crescono e vegetano questi alberi. Il Pioppo greco era pure consacrato ai Mani (Piis manibus) forse per ricordare la loro vegetazione sulle rive del fiume del Basso Mondo. Qualche volta i Satiri si inghirlandavano dagli antichi col Pioppo, ed Orfeo per iniziarsi ai misteri di Ecate accese un rogo con rami di quest’albero”.

Il pioppo dei Sali e del Piceno: Eneide L. VIII  v. 433/446:  “I Salj intorno a i luminosi altari / Givano in tresca, e di populea fronde / Cingean le tempie. I vecchi da l’un coro / le prodezze cantavano e le lodi / del grande Alcide. I giovani da l’altro / n’atteggiavano i fatti : come prima / fanciul da la matrigna insidiato, / i due serpenti strancolasse in culla: / come al suolo adeguasse Ecalia e Troja, città famose: come superasse / mill’altre insuperabili fatiche / sotto al duro tiranno, e contro a i fati / de l’empia Dea. Tu sei (dicean cantando)/ invitto Iddio, che de le nubi i figli / Dileo e Folo uccidi…”.

Note: per i letterati Romani con Sali intendevano sia i custodi dell’Ancile sacro, sia i sacerdoti di Marte, sia il popolo dei Sali (piceni); nelle steli picene (e non solo) si legge spesso Pupuni; resto convinto che Pupuno sia il soggetto degno di portare il capo cinto di pioppo (titolo onorifico).

Cristoforo Cellario, in “Introduzione alla scienza delle antichità romane… da Luigi Vaslet … Siena 1776”, afferma che il primo giorno di Maggio (Kal. Maii) era dedicato al culto degli Dei Lari, di “quei Lari però , che si dicevano Præsftites per aver custodite le mura di Roma. A questa (festa) si univa la festa della Dea Bona, detta altrimenti Fauna, Opi, Fatua”. (per Lari. Mani, Fauno e Satiri vedi: https://www.larucola.org/2019/09/01/tre-millenni-di-tradizioni-nel-nostro-territorio-le-edicole-picene/https://www.larucola.org/2018/06/06/re-pico-tra-storia-e-leggende-fauni-fate-satiri-e-boccaccio/

La tradizione – La vasta sacralità del Pioppo nei tempi antichi mi riporta ai ricordi della mia gioventù, quando la mattina del primo maggio, sulla piazza di Borgo San Lorenzo (Loro Piceno) svettava il fusto di un alto pioppo, senza rami e con la parte apicale mozzata. Le operazioni davano il sentore di un mito ancestrale: gli adulti, dopo la cena si radunavano, libavano agli dei, poi partivano per “rubare” l’albero (anche se il derubato faceva parte del gruppo; più che un furto doveva essere un’offerta). Il trasporto avveniva “a spalla”. Sulla piazza era già pronta una profonda buca nella quale si issava la base dell’albero che dal primo maggio, e per qualche giorno, faceva mostra di sé. Quell’albero aveva un fascino misterioso, anche se i più disincantati ci vedevano solo un simbolo fallico. Nelle nostre campagne “piantà magghiu” ha un certo significato, che non dico; ma forse sono tutte coincidenze.

Considerazioni – F. Bianchini ha ragioni da vendere: nel mito può essere nascosta la civiltà di un popolo, i rapporti tra i popoli, le vie di comunicazione… sarà necessario un maggiore impegno. Il mito di Fetonte evidenzia anche l’importanza dell’Adriatico: dall’Olimpo alle foci del Po; come andiamo sostenendo dal 2016

(http://larucola.org/2016/08/13/correnti-superficiali-delladriatico/https://www.larucola.org/2018/04/22/il-mare-adriatico-avvicina-i-popoli-da-quattro-millenni/)

Nazzareno Graziosi

13 novembre 2021

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