La storia di emigrazione interna di un personaggio cingolano: Cesare Carbonari

È questa una sofferta storia di emigrazione in ambito nazionale con risvolti musicali… e positivi. Dopo che un cugino gli aveva inviato l’articolo: “Guido Nebbia a modo mio” sul compositore civitanovese che svolse attività musicali a Torino, Cesare Carbonari decise di scrivermi. Anche la sua storia di emigrazione interna è degna di “nota”. Come ha fatto Guido Nebbia, anche Cesare, durante il confinamento per l’emergenza Covid-19, ha preparato un CD musicale che vedremo dopo aver conosciuto po’ della sua storia (gli esperti lo chiamano flashback), lasciando spazio a qualche mia riflessione.

Tutto inizia a Santo Stefano di Cingoli – Le famiglie Carbonari e Gagliardini (della madre) provenivano dalla frazione Santo Stefano di Cingoli. Decio cercava di dare qualcosa di meglio alla famiglia: in campagna si lavorava molto e tolta la percentuale del proprietario del terreno restava ben poco. La famiglia di Decio, il padre di Cesare, aveva già alle spalle una emigrazione in Toscana, diciamo andata parzialmente a buon fine. La famiglia di una quindicina di componenti era partita in modo graduale da Santo Stefano di Cingoli l’11 novembre 1949, non perché fosse una abitudine di campagna (come ha scritto qualcuno), ma perché in quella data termina l’annata agraria.

Oliva e Decio

La Toscana e il ritorno a Cingoli – Si erano trasferiti in località Pratella di Monteverdi Marittimo (PI), che, a dispetto del nome, si trova nell’entroterra. Alcuni di essi si dedicarono alla coltivazione di un fondo agricolo acquistato, altri avviarono uno spaccio di campagna. Ricordo bene quei negozi ancora esistenti negli anni ‘60 ove si vendeva quasi tutto sfuso, compresi marmellata, cioccolata, pesce sotto sale, pasta corta e lunga (gli spaghetti erano lunghi e piegati) i prodotti erano pesati e incartati rispettivamente con la carta oleata o paglia. Grazie a ciò corsi d’acqua e oceani non erano ancora stati invasi dalla plastica. Ma a un certo punto la mamma Oliva, in dolce attesa e non convinta di quella località della Maremma toscana un po’ isolata, decise di far nascere il bambino nelle Marche. I coniugi ritornarono a Cingoli.

Emigrazione cingolana – Delle campagne marchigiane Cesare Carbonari ricorda le feste quando, sull’aia, si montavano tendoni per fare un pranzo nuziale, portando le sedie di casa. La solidarietà con i vicini era sentita, essi accorrevano numerosi. Secondo una statistica del Comune di Cingoli, dal 1950 al 1968, 107 abitanti emigrarono in Piemonte, Toscana e Liguria, 36 si stabilirono a Torino. Quando Cesare ebbe terminate le scuole elementari si spostarono nella periferia di Jesi, attivo polo industriale; il padre trovò lavoro come muratore e la madre come collaboratrice domestica.

Cesare e Fido a Colognola

L’avventura familiare continua a Torino – Ma nel 1967 Decio decise di giocare di nuovo la carta dell’emigrazione, stavolta diretto in Piemonte, invitato dal cugino Ezio che era arrivato l’anno precedente da Apiro. Vi arrivarono con un lavoro fisso trovato dai parenti. Insieme alla famiglia, il sedicenne Cesare raggiunse Moncalieri all’inizio dell’anno 1967; il padre era muratore, la mamma Oliva era collaboratrice domestica in una grande villa. Nel 1968 i Carbonari si trasferirono in via Fabro, nel centro di Torino, dove la mamma era custode di uno stabile e il padre andò a lavorare in una fabbrica insieme con un altro zio.

Cantante e “meridionale” – Cesare cresceva e la sua passione per la musica saltò fuori quasi subito, nel 1969 lo troviamo a partecipare al festival di Castrocaro con la canzone “Scrivimi” di Luciano Tajoli, con arrangiamento moderno nel genere Rhythm and Blues. Facciamo una breve pausa alla narrazione per fare delle considerazioni. Oggi si parla e legge molto di discriminazione e di bullismo, ma non sono fenomeni nuovi, esistevano anche allora ai danni di bambini, migranti e persone fragili, magari erano dette “prese in giro”. Anche Cesare fu definito napoletano, meridionale; cantare lo aiutò molto a parlare l’italiano corretto.

Cesare a Castrocaro con Pippo Baudo

Il calore del nostro sole – A Torino, la sera si vedevano gli allievi Carabinieri della caserma “Cernaia”, in libera uscita che passeggiavano sotto i portici, suscitando l’ammirazione delle ragazze per il portamento e l’elegante divisa. Il cielo di Torino e della Valle Padana, spesso, non era limpido, per un mix di nebbia e smog industriale. Nella ricerca “Il treno del sole” dell’Istituto Tecnico Commerciale “A. Gentili” di Macerata si legge che la signora Bruna Sbarbati di Mogliano rimpiangeva il sole del centro-sud, ciò mi fa venire in mente un aneddoto e una riflessione che voglio condividere. Quando il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900), sempre alla ricerca della verità, iniziò a viaggiare anche per motivi di salute e scoprì il Mezzogiorno d’Italia provò una grande felicità: adorava quella luce e quel calore. Diceva: “Ormai credo nel sole come ci crede una pianta”.  Quando iniziai a viaggiare nel nord Africa e Vicino Oriente mi prese la stessa fortissima emozione e mi appassionai subito a quel sole più caldo e al cielo più azzurro e trasparente.

Trasferimento a Rivalta – Il babbo Decio indossò con orgoglio, per parecchi anni, la livrea scura di custode della sede centrale dell’Ina Assicurazioni di via Roma 101, ove si trovò molto bene. Di quel periodo Cesare ricorda Lorenzo Silva noto giocatore di golf, figlio del direttore dell’INA (di origini marchigiane). Negli anni ‘80 ci furono scioperi di operai e le proteste dei “colletti bianchi”, i Carbonari soffrirono nel vedere numerosi dipendenti della Fiat licenziati, tanto che diversi emigrati rientrarono nei loro paesi d’origine. Non stanchi di tutti i traslochi che avevano all’attivo e giunta la pensione, Decio e Oliva decisero di trasferirsi a Rivalta, dove avevano acquistato un’abitazione.

I lavori di Cesare – Cesare ha cambiato diversi lavori: prima addetto a un distributore di benzina a Moncalieri, quindi metalmeccanico a Torino, poi addetto allo storico negozio “Ricordi” dischi e strumenti e musicali di via Lagrange, ove vide anche cantanti lirici famosi comprare i 33 giri in vinile di musica classica. Con i soldi che guadagnò in un anno riuscì ad acquistare un pianoforte usato Hoffman & Kuhne. In seguito dal 1972 al 1982 lo troviamo a Torino presso una agenzia di viaggi a vendere biglietti e viaggi organizzati; esistevano già i primi importanti tour operator come Alpitour e Francorosso.  Poi lavorò alla compagnia aerea spagnola Iberia a Torino e infine trasferito a Milano. Un suo bel ricordo è dell’1 e 2 ottobre 1977, quando a Torino in piazza San Carlo ci fu un raduno di Bersaglieri. Lui e la moglie, si recarono a mangiare dal padre che abitava in quello storico palazzo dell’INA: non gli fu difficile trovare un’ottima postazione per scattare belle immagini ai Bersaglieri.

Cesare (con la barba) e la moglie Marinella

Le esperienze musicali – Dal 1968 ha partecipato a eventi canori insieme con gruppi musicali torinesi. L’anno seguente – come accennato – arrivò alla semifinale di Castrocaro. In seguito, fece esperienze con piccoli complessi musicali in Piemonte, Liguria e Toscana, tenendo spettacoli di piazza con musica da ballo, ne ricorda uno tutto suo “Non tutto… ma di tutto”. Era uno spettacolo musicale d’ascolto che comprendeva un cabarettista-comico, un imitatore (sosia di Renato Zero), un cantante melodico, un clown e una donna, la moglie Marinella che mimava i personaggi delle canzoni (Pierrot, ecc.). Il personaggio più ammirato dal pubblico era il piccolo Robertino che cantava le canzoni di Fred Buscaglione.

Paroliere e compositore – Dal 1979 è iscritto alla SIAE come paroliere e compositore. Nel 2018 aveva realizzato il progetto musicale “Io teatro tu teatri noi teatriamo”, insieme ad alcune band del quartiere Lingotto, musicisti che hanno suonato gratuitamente nel salone dell’Istituto comprensivo “Peyron – Re Umberto” di via Ventimiglia. Con i fondi raccolti fu realizzato un palcoscenico simile a quello di un teatro.

Il nuovo cd – Oggi Cesare, a riposo, coltiva la sua passione per la musica, si dedica alla famiglia, tifa per la squadra granata, alla quale ha dedicato alcune canzoni… ricordando sempre con piacere le Marche. Il suo nuovo CD, che ha realizzato durante in confinamento per il Covid-19, è intitolato “Libertà”, contiene nove brani e prodotto in sole cento copie che serviranno a raccogliere 1.000 euro a favore della scuola primaria statale “Re Umberto I” di Torino, per l’acquisto di materiale didattico. La canzone principale racconta la storia di un ragazzo che lasciò il centro-sud con una valigia diretto in treno al nord, in cerca di lavoro e fortuna. Cesare Carbonari è autore dei brani, ha suonato gli strumenti e l’ha registrato a casa con un minuscolo studio formato da pochi pezzi indispensabili: un microfono, una tastiera, delle chitarre, un mixer, una scheda audio e un computer con idoneo software per la registrazione in digitale.

“Io vagabondo”-  Ora sappiamo che non è una coincidenza se nel repertorio di Cesare c’è sempre stata la canzone “Io vagabondo” (1972) dei Nomadi. Dopo una lunga serie di migrazioni interne Cesare si sente un po’ nomade nell’animo e ricorda il passaggio nella sua canzone Libertà: “Hai camminato ne hai fatta di strada e ancora cammini”.

Eno Santecchia

4 ottobre 2021

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