Le celebrazioni patronali, anteriormente al 1552 avvenivano il 15 gennaio, quando realmente cade la festività religiosa; ma poiché coincidevano con le feste di Carnevale (…) il Consigliere Giulio Ferri nel Consiglio generale del Comune propose che la festa del Patrono “ad evitandas turpitudines et inonestates quae fiebant in mense januarii” cioè ad evitare le turpitudini e le disonestà che avvenivano nel mese di gennaio, fosse celebrata il 31 agosto. Ecco dunque “San Giulià’ d’estate” contrapposta alla festa dell’Invenzione del Santo Braccio che si celebra il 14 Gennaio: “San Giulià’ d’inverno”.
Dal Medio Evo in poi i festeggiamenti in onore del Santo presero forme esteriori grandiose: l’intera città era agghindata a festa, i quartieri cittadini erano riccamente adorni di drappi, festoni, bandiere, luminarie. (…) Le bandiere della città e dei quartieri sventolavano sulle logge del Comune, dei mercati e della Rota. Grande l’afflusso di popolo dai paesi limitrofi e lontani. Anche la solenne processione, alla quale fino a secoli fa, partecipavano ancora i magistrati, i governanti e lo studio maceratese per cui era chiamata “generalissima”, assumeva proporzioni grandiose.
Era così stabilito: le Confraternite con fanali e stendardi innanzi a tutti, poi i religiosi, seguiti dai chierici secolari, riccamente ornati; il Vescovo, sotto un sontuoso baldacchino, portava le reliquie del braccio sinistro di San Giuliano. Oltre le autorità cittadine, prendevano parte alla processione il governatore della Marca e tutti gli artigiani della città con i loro podestà, recando i simboli dei mestieri e l’immagine del santo protettore; indi gli armigeri, i donzelli, i trombettieri del Comune, il Gran Capitano del Popolo, i capitani di ogni quartiere con i rispettivi alfieri. Anche le offerte di cera erano regolate dagli statuti cittadini: infatti nel 1445, oltre alla solita offerta, si impose ad ogni fumatore (ndr: camino) la tassa di un “anconetano”! E nel 1453 – per la Festa di San Giuliano – si proibì il gioco del calcio e l’uccisione di agnelli.
I festeggiamenti civili non erano da meno da quelli religiosi. Nel pomeriggio si avevano corse di barberi, poi quelle delle carrozze. A tarda sera si incendiavano grandiosi fuochi da artificio, mentre tutti i quartieri della città erano sfarzosamente ed artisticamente addobbati. Precedevano le feste patronali imponentissime fiere che duravano più giorni e che hanno dato origine al detto popolare: “Chi vò proà tre onge de gustu, vaca a la fiera de San Giulià, San Gnjiu, San Gnustu” – Le seguiva il giorno dopo, lo spettacolo dello “Steccato” consistente nella lotta dei cani ammaestrati contro i buoi. L’Accademia dei Catenati, allora celeberrima, teneva una solenne tornata. Di tanto splendore non rimane che un tenuissimo ricordo.
Giovanni Ginobili, 1957 – Tratto da Pro Loco Macerata – San Giuliano Agosto 2011
28 agosto 2021