Nota del Direttore – Travisare la storia non è bello e lo sappiamo bene noi che cerchiamo di ricostruire il passato del nostro territorio: Piceni, Franchi ecc. Lo stesso vale per i fatti più recenti i quali, quando saranno letti fra cento anni, se non riportati correttamente, daranno una lettura distorta di quanto è accaduto. Il riferimento è alla liberazione di Macerata, che proviamo a porre nella giusta ottica grazie a una testimonianza diretta, quella di Umberto Migliorelli ragazzino che la situazione l’ha vissuta in prima persona insieme con altri due amici.
Scrive Umberto Migliorelli: “Ho compiuto 91 anni lo scorso 9 gennaio, pertanto penso di essere rimasto uno dei pochi che abbia vissuto e immagazzinato in fondo alla memoria i fatti relativi alla liberazione di Macerata, attribuita ai membri della banda Nicolò. A causa del bombardamento di Macerata la mia famiglia si era trasferita a Sforzacosta. Allora quattordicenne mi ero aggregato ai ragazzi del luogo, ai loro giochi e alle loro scorribande. A quel tempo nei capannoni dell’ex linificio era stato allestito un campo di concentramento militare che, con l’avvento dell’8 settembre, sfaldatosi il regio esercito, aveva visto la fuga verso sud dei prigionieri non più sorvegliati. Il campo rimase aperto e divenne preda di spoglio di tutto ciò che si poteva utilizzare, inclusi i milioni di pulci che lo infestavano). Poi ci fu la occupazione tedesca con la installazione dei comandi militari a Villa Ciccolini e Villa Costa. Intanto il fronte era fermo a Ortona, Gaeta e Cassino. Nei mesi successivi il fronte, dopo lo sbarco alleato ad Anzio, si spostò a nord e dalle nostre parti fino al Chienti. In una di quelle sere i tedeschi c’imposero di chiuderci in casa e di non uscire. Poco dopo si udì un rumore continuo di cingolati (erano i carri Tigre) diretti a Macerata. Erano quelli che avevano sostenuto i duelli di cannoneggiamento con le batterie alleate situate oltre Villa Bartolazzi a Colbuccaro. Intuimmo che i tedeschi si stavano ritirando dopo aver fatto saltare tutti i ponti via via che si allontanavano verso Macerata (la sorte volle che questi ponti, nell’immediato dopoguerra, furono ricostruiti dall’impresa di mio padre nella quale anche io lavoravo). Di prima mattina, con altri tre ragazzi, scoprimmo che veramente i tedeschi non c’erano più. Decidemmo di andare oltre il ponte saltato sul Chienti per avvisare chi era dall’altra parte della fuga notturna dei tedeschi. Mentre io, Mela e Tenente, attraversavamo il fiume quasi in secca ci venne intimato l’alt da una pattuglia di paracadutisti della Divisione Nembo che ci urlarono di fermarci perché stavamo camminando sopra un campo minato. Le mine non erano esplose in quanto il nostro peso non superava di sicuro i 50 kg necessari per farle saltare (per nostra fortuna in quei tempi il cibo scarseggiava e noi ragazzi eravamo asciutti come chiodi). Poco dopo un ufficiale superiore c’interrogò circa la presenza tedesca e potemmo garantire libero il tratto fino al bivio di Fiorello (S.S. 77 – S.P. 485); ci domandò se fossimo stati disposti a esplorare più oltre. Proseguimmo fino alla borgata, dove posero il posto di comando nella stazione ferroviaria. Subito dopo cominciò ad arrivare una interminabile colonna di paracadutisti con mescolati elementi armati non regolari e, con meraviglia di mio padre, a cavallo (unico, gli altri tutti a piedi) c’era Agostino Rotondo, elettricista del centro storico, quasi fosse il comandante del contingente. Ecco, questa è la sintesi della liberazione di Sforzacosta, prima, e di Macerata, poi, a opera dei paracadutisti della rinnovata Divisione Nembo, nelle file della quale si erano frammisti i partigiani”.
Nota del Direttore – Ecco, così andarono i fatti. Dunque, chi ha liberato Macerata? Sono stati i soldati della Divisione Nembo che hanno marciato sulla città passando da Sforzacosta? Sono stati i partigiani intrufolati tra i militari? O, addirittura, sono stati Umberto Migliorelli e i suoi amichetti che hanno dato il “via libera” ai parà della Nembo? Fate voi. Secondo noi, invece, Macerata è stata liberata (meglio, sgombrata) dai tedeschi quando se ne sono andati. Liberati senza sparare un colpo.
11 agosto 2021