Questa raccolta frammentaria di pensieri vuole risvegliare o aumentare l’interesse e la curiosità, nonché stimolare rispetto e adozione di misure di protezione e salvaguardia nei confronti degli alberi e verso l’ambiente in generale. Non vuole essere una raccolta organica e razionale di argomento botanico, ma solo una miscellanea di notizie e curiosità. Qui trovano ospitalità anche gli alberi che non raggiungono le rigide misure richieste dai cercatori di alberi monumentali.
Superficialità – Nel mondo frenetico di oggi il tempo per leggere sembra diminuire sempre più. Inoltre, non tutti sono in grado di comprendere le pubblicazioni scientifiche prodotte dal mondo accademico. Durante i miei viaggi attorno al bacino del mare Mediterraneo ho notato che pochi si soffermano ad ammirare questo o quel gigante arboreo, a volte capita di vederlo come sfondo a qualche fotografia di singola persona o di gruppo. I turisti frettolosi guardano gli alberi, a volte li ammirano e li fotografano. Di rado si soffermano più di tanto, si pongono domande su di loro, cercano notizie e li mettono al centro di riflessioni e discussioni. Ancora più rari quelli che raccolgono foglie, fiori o frutti per poi farli identificare a un botanico. Molti li considerano una pura decorazione paesaggistica, come le piante che si noleggiano dalla fioraia per un ricevimento, dimenticando che tutto il mondo vegetale ha una vita, delle proprie esigenze e soffre.
Elemento paesaggistico – Anche nella difesa degli alberi ci sono coloro che vedono il bicchiere mezzo pieno e quelli che lo considerano mezzo vuoto. I primi considerano gli alberi e il paesaggio la cornice, l’arredo e l’abbellimento della loro vita che scorre felice tra un consumo e l’altro, e reputa gli ecologisti dei pericolosi fissati che farebbero bene ad occuparsi di cose più utili.
Difensori della natura – Mentre i difensori della natura ritengono gli altri degli scriteriati che vivono alla giornata, che non si preoccupano di lasciare in eredità un pianeta esausto come una lattina di Coca Cola vuota. È stato scritto che qualcuno per accendere una sigaretta brucerebbe un bosco.
Rispettosi dell’ambiente – Nel mezzo ci sono coloro che rispettano l’ambiente facendo la raccolta differenziata, sforzandosi di lasciare una impronta ecologica più leggera possibile perché vorrebbero godere di un ambiente e di un paesaggio puliti, degli alberi e degli animali dei loro antenati. Per salvaguardare il pianeta anche le piccole scelte di tutti i giorni sono significative, come fare la raccolta differenziata e non abbandonare rifiuti in campagna, in montagna, lungo le strade e i fiumi: in nessun luogo.
Esseri viventi – Gli alberi sono tutto e niente: per coloro che li amano sono meravigliosi ci regalano ossigeno, il verde delle foglie, i colori e il profumo dei fiori, la bellezza paesaggistica, i frutti, il canto degli uccelli e l’ombra. Alcuni li considerano esseri viventi capaci di sensazioni e sentimenti con i quali si sta in armonia e si parla: così il professor Raoul Bocci di Camerino e il professor Valeriano Trubbiani di Ancona.
Il pensiero di Valeriano Trubbiani – Il compianto Valeriano Trubbiani, stimato scultore e autore del monumento alla Resistenza di viale Leopardi a Camerino, sui pini che si trovavano nei pressi della sua opera, mi scrisse: “Tagliarli è stata un’azione sciagurata, perché gli alberi sono sacri come gli animali e gli esseri umani; con gli alberi si parla, si discute e loro rispondono. Gli alberi, come i fiori, hanno un’anima. I pini erano un coronamento scenografico del gruppo scultoreo, la loro presenza è irrinunciabile”.
Per alcuni gli alberi sono nulla – Per altri sono nulla: se ne accorgono quando, nel corso di un incidente, ci vanno a sbattere o quando c’è da toglierli da un viale, o liberare un terreno per costruirci qualche fabbricato. Nulla di più che un arredo urbano che dà tutto ma nulla chiede. Eppure, essi sono lì a darci ossigeno per vivere e regalano l’ombra anche al boscaiolo che sta usando la motosega per abbatterlo! Le mura sì… ma lasciamo gli alberi.
Le mura castellane – Mentre nell’Ottocento e nei primi del Novecento nobili di fatto e d’animo s’ingegnavano di fare arrivare, con la nave e con il treno, alberi dagli angoli più remoti della terra per arredare viali, parchi e giardini delle nostre città, oggi architetti e presunti urbanisti fanno a gara per far sparire alberi non autoctoni, o per mostrare le mura castellane. Che tristezza girare le mura di città una volta coperte da splendide pinete e non vedere altro che ceppaie e cespugli di rovi, come nel lato nord di Camerino, verso Castelraimondo.
Alberi d’importazione – Nei due secoli scorsi amministratori comunali hanno speso di migliaia di lire per acquistare dai vivai piantine, metterle a dimora negli spazi verdi della città, parchi, giardini, viali e attorno alle mura. Il cedro del Libano è giunto in Italia circa alla metà del 1600; la più massiccia importazione avvenne intorno alla metà del 1800, quando i nobili facevano a gara ad abbellire le loro residenze con gli alberi più rari. La prima sequoia è stata invece importata in Italia intorno al 1850 dal marchese Panciatichi Ximenes d’Aragona. Il Ginkgo biloba, autentico fossile vivente dell’era mesozoica, ritrovato sulle montagne della Cina, è un albero robustissimo che resiste a tutto meno che alle potature. Adesso quegli alberi importati sono cresciuti alti, belli, fanno ombra, regalano ossigeno del quale non possiamo fare a meno e ospitano nidi di uccelli che ci allietano coi loro canti.
Inquinamento – Le città allora erano meno affollate, il traffico a trazione animale era scarso, il riscaldamento era a legna o carbone. Oggi i grandi centri città sono congestionati dalle auto, milioni di caldaie scaricano in aria i prodotti della loro combustione, rendendola irrespirabile e carica di polveri sottili. Che polveri sottili e altri inquinanti non fanno bene al nostro apparato respiratorio non interessa a chi li vuole togliere di mezzo, e li considera nulla di più di un arredo casalingo, da spostare di qua e di là. Siccome gli alberi non si possono spostare, perciò bisogna “toglierli”.
I “nemici” degli alberi – I presunti esperti non considerano che le piante fermano il dissesto idrogeologico, inevitabile anche nelle mura più robuste e ben costruite. I manufatti umani difficilmente resistono ai millenni. Basta vedere che delle sette meraviglie dell’antichità rimangono in piedi solo le piramidi della piana di Giza (Egitto). Pressoché impossibile trovarli in tempi di crisi, ma se si trovassero i fondi necessari al restauro completo e a regola d’arte delle mura di cinta, togliere gli alberi al di sotto è senza dubbio un grave errore. Anche gli architetti, durante lavori di “urbanizzazione”, compiono degli scempi. Se si vuole realmente mostrare la bellezza delle mura di cinta di antiche città, anche nei dettagli, non è necessario fare tabula rasa del verde esistente, sciupando irrimediabilmente ciò che i nostri antenati amministratori hanno pagato profumatamente. Volete vedere le mura? Ebbene, gli audiovisivi multimediali dei quali si dispone oggi ce lo consentono ampiamente anche in tre dimensioni.
Il turista inglese a Camerino – Una volta un turista inglese, in visita a Camerino, mi pose la domanda: “Camerino è sede di un’antica Università e di un prestigioso (ex) Dipartimento diretto dal professor Franco Pedrotti, botanico conosciuto in tutto il mondo. Come mai gli alberi di Camerino sono così tenuti male, capitozzati, bistrattati e tagliati?”. Non seppi cosa rispondere.
Alberi “informati sui fatti” – Oltre al danno per il patrimonio vegetale, vanno persi anche i nostri ricordi giovanili: ognuno di noi ricorda con piacere l’albero sotto il quale giocava e sognava da piccolo. Questi vegetali sono “informati sui fatti”, hanno sofferto per la siccità, per il freddo; hanno visto e anche patito per le bombe sganciate dagli aerei e per le cannonate. Tanti hanno ricevuto nel tronco i proiettili di persone fucilate; e chissà quante donne hanno visto piangere, per il mancato ritorno del figlio o del marito dall’ennesima guerra!
I media – Ho notato con piacere che nell’ultimo ventennio gli articoli riguardanti gli alberi compaiono spesso su quotidiani e periodici vari. L’uomo ha cominciato a prendere coscienza che senza di loro il pianeta sarebbe invivibile. Forse è servito un po’ il terribile monito di Niles Elredge il quale sostiene che fra 500 anni sparirà la maggior parte delle specie vegetali. Quasi sempre i media italiani ignorano le lunghe battaglie portate avanti in Africa, in America Latina e nel sud est asiatico da Greenpeace, WWF e da altre ONG. Pur continuando gli abbattimenti di alberi secolari, come la quercia plurisecolare di Tregnago (VR) sembra che i giovani stiano prendendo maggiore coscienza dell’importanza dei patriarchi vegetali che hanno ancora molto da raccontarci.
Le battaglie civiche – Ci sono alberi giganti che una volta potevano essere mercificati in “legna da ardere”; oggi si nutre maggiore rispetto per loro, sia da parte dei proprietari sia da parte di comunità: merito anche di libri e articoli di stampa sull’argomento. Oltre venti anni fa i quotidiani locali quasi ignoravano l’argomento, oggi dedicano ai grandi alberi intere pagine, così come alle battaglie civiche condotte da cittadini che non vogliono vedere sparire gli alberi dei viali della città, o che si trovano nei parchi, nei giardini, sotto casa. Non si può assistere imperterriti: bisogna fare qualcosa per evitare questo triste epilogo, bisogna indignarsi.
Esempi locali – Anche le singole raccolte di firme e campagne per evitare l’abbattimento degli alberi di quel viale o quel giardino sono importantissime. Anche se a volte accade che gli scritti di sdegno, le esternazioni e le manifestazioni compaiono dopo, come a Fiastra, (prima del 2006) dopo l’abbattimento dei vecchi ippocastani di fronte alla ex caserma dei Carabinieri (di proprietà della Provincia), poi Centro Visita del Camoscio. Oggi quel Centro di Educazione Ambientale ha sede in alcuni moduli presso l’area SAE. Le scuse sono sempre le stesse: le radici degli alberi sollevano la pavimentazione dei marciapiedi, se troppo vicini alle case possono fare qualche danno. Basta recarsi in viale della Repubblica di Tolentino, per rendersi conto di quanto sia spoglio, dopo gli abbattimenti (2010) di tutti i pini domestici.
Marco Santamaria, gestore del prestigioso sito italiano di reportage di viaggi “Markos.it Lungo le strade del mondo”, sostiene: “Mi sembra che ovunque nel mondo ci sia più attenzione e rispetto nelle piccole comunità, nei luoghi lontani dalle città. Come ci si avvicina a un grande centro, scompaiono rispetto e consapevolezza. Ho notato che in alcuni paesi dell’Oriente di fede buddista, o induista, il rapporto con gli alberi è influenzato, in positivo, dalla religiosità”.
La domanda – Gli rivolgo anche la seguente domanda. Secondo ciò che le risulta dai suoi viaggi e dai quaderni di altri pubblicati da lei il rispetto per gli alberi e il verde quando è più forte? “Posso condividere con te una percezione che ho avuto in questi anni pubblicando racconti: ho verificato che alcuni autori erano molto attenti alla natura dei luoghi visitati, altri quasi esclusivamente assorbiti dagli aspetti culturali e storici. La mia convinzione è che i primi vivano in zone dove il contatto con la natura è più stretto. Ti risponderei quindi dicendo che l’attenzione per gli alberi potrebbe essere correlata alla densità abitativa. Certamente poi ho notato una maggiore attenzione al tema da parte delle popolazioni del nord: questo può essere determinato dalla grande concentrazione di piante di alto fusto ma devo ammettere che forse a fare la differenza è il senso civico delle persone”.
Osservazione e ammirazione – Sin da piccolo osservo e amo gli alberi. Mi soffermavo spesso ad ammirare l’armonia e la forza delle querce, le belle foglie degli olmi e dei fichi, i fiori dei peschi e dei ciliegi, l’utilità dell’acero nel sostenere la vite, e la vitalità del gelso una volta nutrimento dei bachi da seta, e le foglie argentate dell’olivo. L’amore per le palme mi è venuto più tardi, quando ho iniziato a viaggiare, simbolo di relax e di vacanza. Le canne di bambù, nutrimento degli orsi Panda, invece, mi ricordano mio padre che trascorse lungi anni di prigionia in India; in Oriente sono utilizzate in mille modi e danno vigore. Mentre la quercia, sacra ai Celti, mi ricorda l’Europa, la palma l’Africa, e le canne di bambù l’Asia.
Alberi secolari – Non bisogna scoraggiarsi a parlare degli alberi: moltissimi ne sanno poco, quasi nulla, altri invece li ritengono solo un intralcio ai loro progetti. La fortuna di molti alberi secolari è stata quella di aver avuto dei proprietari che li apprezzavano sin da piccoli; poi li ammiravano e li amavano quando sono diventati grandi: senza di ciò sarebbero finiti legno da ardere molto presto. Nelle tradizioni popolari, tramandate oralmente, e nella storia, i grandi alberi sono stati protagonisti di aneddoti spesso incredibili, al centro della vita di antiche comunità. Essi hanno sempre ricambiato generosamente l’ammirazione, l’attenzione e le cure che ricevevano.
Rinnovare per il ricambio generazionale – I grandi alberi sì, ma bisogna mettere a dimora nuove piante che consentiranno un ricambio generazionale indispensabile per far godere degli alberi le future generazioni. Quando quelli secolari scompariranno per morte naturale, per un fulmine, o altro, ci saranno altri che li rimpiazzeranno. Se non si piantumerà non sarà possibile un graduale rimpiazzo degli alberi vecchi. Così i patriarchi potranno essere degnamente rimpiazzati.
Il proverbio sudamericano – C’è un proverbio sudamericano che invita un uomo a fare tre cose nella sua vita: un figlio, piantare un albero e scrivere un libro. Vista la parità dei sessi, inviterei anche le donne a farlo, magari facendosi aiutare da qualcuno. In un documentario sulle querce da sughero portoghesi, un agricoltore ricordava che il nonno sotterrava le ghiande della Quercus suber semplicemente con l’alluce del piede… A primavera nasceva una piccola quercia che avrebbe fornito quel materiale straordinario che è il sughero.
Le potature selvagge – Ricordo che da ragazzo scavai due buche profonde oltre un metro per piantare due pioppi (Populus canadensis): li innaffiavo e ammiravo con piacere la loro crescita. Ricordo pure che a scuola intere classi venivano portate a mettere a dimora piantine. Rispettare gli alberi significa anche non causare loro ferite inutili, o potature errate eseguite da incompetenti: diffidate dei sedicenti giardinieri. E indignatevi se le potature selvagge sono eseguite a carico di alberi pubblici di parchi, giardini, e viali. Moltissimi di quelli che oggi usano la motosega non hanno nessuna esperienza in merito, e non hanno seguito nessun corso in materia. I contadini di una volta imparavano da piccoli ad aver rispetto degli alberi e degli animali, per loro erano risorse irrinunciabili. Non affidate le vostre piante a persone incompetenti! Botanici e scienziati hanno sempre pubblicato su riviste specializzate ma è solo negli ultimi decenni che si è avuta una maggiore presa di coscienza in favore della natura, del verde e degli animali. Si sono diffusi articoli e scritti di semplici appassionati, quale io sono. Amando gli alberi si può acquisire maggior sensibilità, utile anche in altri settori o attività.
Eno Santecchia
22 luglio 2021