Le Marche per gli storici… esistono? Che confusione nelle cartine dei libri scolastici!

Nell’articolo “Una studiosa di parte a San Claudio”, de La rucola di marzo 2021, ho accennato al confine meridionale dell’impero carolingio nella penisola italiana. Per motivi di spazio non si è approfondito l’argomento, che però vede gli studiosi fugaci e generalmente impreparati sulla documentazione locale. Grazie a Paolo Diacono si conosce il periodo Longobardo (568-774), ma sulla dominazione dei Franchi ci si limita a ripetere le interpretazioni dei ricercatori tedeschi basate sulla cronaca di Eginardo. Gli estensori dei manuali scolastici non parlano quasi mai delle Marche ma, non potendo eliminarle per ora dalle cartine geografiche, sono costretti a collocarle, politicamente, in genere nello Stato Pontificio, fuori dall’impero Carolingio. “Grande incertezza regnò sempre sulla delimitazione territoriale di questi possessi; solo Innocenzo III riuscì a farsi riconoscere tutto il patrimonio [di San Pietro ndr] da Ottone IV (1201). L’autorità del pontefice su queste terre non era molta, perché il potere effettivo era in mano a famiglie nobili e poi ai Comuni” (Enciclopedia on line Treccani, letto il 29 marzo 2021). Negli ultimi anni si nota un’evoluzione, un ripensamento, sulla collocazione politica medievale dell’Italia centrale.

Segnalo alcuni libri di testo per le scuole superiori, evidenziando le cartine geografiche più emblematiche.

Gentile-Ronga-Rossi nel IX e X secolo mettono il confine dei regni di Francia e di Germania sul Conero e lo stato della Chiesa non compare. Dopo il trattato di Verdun (843) la Lotaringia comprende anche il ducato di Spoleto ma il territorio che prima era indicato come Patrimonio di S. Pietro viene ora chiamato Stato della Chiesa. Nella cartina intitolata: “Le invasioni del IX e X secolo” il territorio dalla Romagna al Lazio torna a essere “Patrimonio di S. Pietro”; ma in quella successiva “L’Europa nel X secolo” ricompare la dicitura “Stato della Chiesa”.

Solfaroli-Camillocci-Farina pongono il confine della massima espansione dell’impero carolingio tra il Lazio del sud e l’Abruzzo, quindi Roma sarebbe sotto il suo controllo. A p. 155 viene inserita una cartina con la formazione del Patrimonio di S. Pietro, mentre in quella intitolata “Le conquiste di Carlo Magno” si torna al confine precedente di Abruzzo e Lazio, ma viene inserito un territorio righettato con la dicitura: “Patrimonio di S. Pietro”. Nella divisione dell’impero carolingio (843) viene inserita la stessa cartina nella quale appunto il patrimonio di S. Pietro sarebbe parte dell’impero. Però nella cartina sul giuramento di Strasburgo il confine meridionale è sempre lo stesso, ma il Patrimonio di S. Pietro non compare: il centro Italia è parte dell’Impero senza se e senza ma. Stesso confine a p. 185. Nelle Grandi Signorie Feudali nel X secolo, nello stesso testo ma a p. 198, ricompare di nuovo il Patrimonio di S. Pietro con l’identico territorio. Interessante la cartina di p. 201 “Il Sacro Romano Impero Germanico di Ottone I” la quale comprende nel X sec. il Regno d’Italia, che però finisce in Toscana, ma anche il Patrimonio di S. Pietro e il ducato di Spoleto (che arriva in Abruzzo), autonomi dall’impero. Sotto Barbarossa (XII sec.) il confine meridionale dell’impero torna a essere collocato in Abruzzo, con il Patrimonio di San Pietro che divide il ducato di Spoleto dal resto dell’impero; la stessa cartina si ritrova durante il regno di Federico II ma tra le due, a p. 269, è inserita una cartina dell’Italia Normanna dell’XI-XII secolo dove il confine non è più con l’Impero bensì con il ducato di Spoleto.

In De Luna–Meriggi nell’anno Mille il confine meridionale dell’Impero romano germanico è la Toscana, con lo Stato della Chiesa, che inizia dalla Romagna e arriva ad Ancona, e i ducati di Spoleto e di Benevento con un unico, indefinito colore.

In Brancati–Pagliarani c’è una linea, che parte da Luni e arriva a Monselice, indicata come “confine settentrionale del territorio che Carlo avrebbe riconosciuto al Papa nel 774”; le terre dalla Romagna al Lazio vengono segnalate sia come “territori della Chiesa”, sia come “Patrimonio di S. Pietro”; il Ducato di Spoleto, che ha invece lo stesso colore delle conquiste carolinge, parte dal Pesarese fino in Abruzzo. Dopo il Trattato di Verdun (843), come dopo Carlo il Grosso (887), l’Impero carolingio arriva in Abruzzo ma, pure se il Patrimonio di S. Pietro viene indicato con lo stesso colore, è demarcato da una linea rossa.

Maifreda fa arrivare l’Impero di Lotario (843) in Abruzzo, comprendendo anche lo Stato della Chiesa ma, poi, sotto Barbarossa (XII sec.) il Sacro Romano Impero è indicato fino alle Marche (comprese) mentre il Patrimonio di S. Pietro è limitato al solo Lazio.

De Vecchi-Giovannetti fanno arrivare l’Impero carolingio dopo l’843 fino in Toscana. Nel IX e X secolo non solo l’Impero arriva solo alla Toscana e il ducato di Spoleto ha lo stesso colore di quello di Benevento, definiti “zona d’influenza carolingia”. Nel 1024 l’impero arriverebbe ancora fino alla Toscana, invece il resto dell’Italia centrale è definito “Territori del Patrimonio di S. Pietro; lo Stato della Chiesa, formalmente autonomo, dipende di fatto dall’Impero” e il ducato di Spoleto è indicato senza confini meridionali. Sotto Barbarossa (XII sec.) lo Stato della Chiesa ha la stessa estensione del 1859.

Meschini-Persico estendono fino al Lazio-Abruzzo l’Impero Lotaringio (843) che comprende anche lo Stato della Chiesa, nominato ma non evidenziato in questa cartina. Nel IX e X sec, quindi nello stesso periodo, l’impero carolingio arriva in Toscana, compare lo Stato della Chiesa mentre i ducati di Spoleto e di Benevento sono indicati nella zona di influenza carolingia. Durante gli Ottoni (X sec.) arriva in Toscana ma lo Stato della Chiesa non comprende le Marche del sud e in legenda è definito: “Territori del patrimonio di S. Pietro; lo stato della Chiesa, formalmente autonomo, dipende di fatto dall’impero” come in De Vecchi –Giovannetti (Ndr: copia incolla?).

Di Sacco mette una cartina in cui afferma come nasce nel 754 lo Stato della Chiesa: con il ducato bizantino di Roma, il ducato di Perugia, le città ex bizantine sull’Adriatico donate da Pipino il Breve e da Carlo Magno.

Montanari mette in cartina il ducato di Spoleto come una conquista di Carlo Magno; lo Stato della Chiesa giunge sotto Ancona e comprende Romagna e Lazio oltre il corridoio ravennate; poi sotto gli Ottoni (X sec.) l’impero finisce in Toscana, il ducato di Spoleto non ne fa più parte e il Patrimonio di S. Pietro compare con lo stesso territorio del IX sec. Intorno al Mille ritorna il ducato di Spoleto come parte del Sacro romano impero mentre quello di Benevento è scomparso, perché entrato nel Patrimonio di S. Pietro. È inserita una cartina con i Comuni dell’Italia centro settentrionale nel XII e XIII sec. ma compaiono solo in Romagna e non ne risulta alcuno nelle Marche né in Umbria. Sotto Federico II, il ducato di Spoleto si è ristretto alla sola città e inserito nell’impero mentre il Regno di Sicilia arriva a lambire Ancona e il patrimonio di S. Pietro parte da Bologna fino a Ceprano. In una cartina dello Stato della Chiesa nel XIII secolo, non compaiono neanche i ducati di Fermo e Camerino: spicca solo il nome Tenna, che non è certamente tra i maggiori fiumi delle Marche; inoltre, mentre le Marche tra XIII e XIV secolo pullulavano di Comuni, èinserito solo quello di Ancona.

Secondo Calvani solo il Lazio apparteneva allo Stato della Chiesa tra l’XI e XIV sec. mentre nell’anno Mille il regno d’Italia arriva in Abruzzo ed è comprensivo del Patrimonio di S. Pietro.

Giardina-Sabbatucci-Vidotto mettono le medesime cartine di Montanari, pubblicando con la stessa casa editrice.

Altri hanno confuso il periodo dei Longobardi con quello dei Carolingi.

Gli ultimi testi scolastici, però, cominciano a prendere le distanze dagli errori precedenti. Nella carta di Castronovo, a p. 38 su “L’Europa del Mille”, lo Stato della Chiesa è limitato a Roma e alla parte marittima del Lazio. La Romagna, le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo, il Molise, la provincia di Rieti e la Campania hanno lo stesso colore, senza che si spieghi a chi appartengano.

Borgognone-Carpanetto nelle due cartine, ante 843 e post 1005, lasciano le Marche centro meridionali, l’Umbria, l’Abruzzo e la Campania in bianco: terra di nessuno!

In cartine, rintracciabili su vari siti, nel IX sec. l’Impero carolingio comprende il Lazio e l’Abruzzo, avendo Carlo Magno conquistato la contea di Teate (Ch) nell’801. Carlo Magno, dopo la vittoria nel 774 sui Longobardi, con un’incursione nel 787 nel principato di Benevento vuole affermare meglio il suo potere, anche sul ducato di Spoleto “…ormai ridotto sotto il completo controllo imperiale. Da questo momento appare evidente e incontestabile quel controllo dell’intera valle Peligna del Ducato di Spoleto, che difendeva gli estremi confini meridionali dell’Impero” (Andrea R. Staffa, Pacentro e i Longobardi in Abruzzo, ed. Solfanelli, 2019, p. 94). Così viene descritto il passaggio sempre in Abruzzo, nella Marsica, dal potere longobardo a quello franco “con la lenta penetrazione dei Franchi nei nostri difficili territori”. Quindi l’Impero Carolingio arrivava fino in Abruzzo per la precisione comprendeva la Marsica, Serramonacesca con l’abazia di San Liberatore a Maiella alle pendici dell’omonimo monte.

Maria Carla Somma afferma: “Ritengo che ormai, con quasi assoluta certezza, si possa riferire a S. Salvatore [Chieti ndr] la fonte del 772 che attesta l’esistenza del cenobio e ne indica la dipendenza dal monastero bresciano di S. Salvatore (poi S. Giulia)”. La stessa M. C. Somma aggiunge: “La fine del regno longobardo, il conseguente processo di franchizzazione delle strutture politiche che in questo settore della regione [Abruzzo ndr] portarono nei primissimi anni del IX sec. alla conquista delle terre al sud del Pescara fino al Trigno, da parte dei franchi, e alla loro definitiva annessione al ducato di Spoleto”.

Di Fulvio Giuseppe negli anni ‘50 del secolo scorso, prima dello spopolamento, ha raccolto dai vecchi contadini di Serramonacesca, alle pendici settentrionali della Maiella, le leggende lì tramandate sul passaggio di Carlo Magno. Nel vicino paese di Lettomanoppello si parla un dialetto con moltissime parole francesi.

Il commento finale – Allora, dopo che nel 774 i Franchi prendono il potere in tutti i territori dell’attuale regione Marche, certamente Carlo Magno ha promesso al papa l’Italia peninsulare, ma ha mantenuto la promessa? Ha effettivamente donato allo Stato della Chiesa territori del suo “Stato”? Oppure ha donato al Patrimonio di S. Pietro la proprietà di terre che rimangono nello “Stato” di Carlo Magno? È credibile che uno statista furbo come Carlo Magno rinunci volontariamente a collegare il suo ducato di Spoleto al resto dell’Impero? Tra molti degli studiosi citati, il dubbio serpeggia: alcuni  lasciano territori in bianco, altri chiamano questi territori Patrimonio di S. Pietro, diversi mettono solo il Lazio come Stato della Chiesa.

Albino Gobbi

1 luglio 2021

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