Una storia incredibile ma vera: Marì e Cuiè si salvarono dai nazisti cantando… a batòccu

Questa incredibile storia è realmente avvenuta a un’abitante di Casette d’Ete. Si chiamava Pasqualina, ma per tutti era Marì. Durante la seconda guerra mondiale il marito della donna era soldato e in zona di guerra fu catturato dagli inglesi. La donna pregava sperando che nessuno gli avesse fatto del male mentre era prigioniero. Quasi come risposta un giorno il destino bussò alla porta della sua famiglia, a Marina Picena dove abitava a quel tempo.

Due soldati inglesi in missione erano stati scoperti dai tedeschi e fuggendo chiesero aiuto proprio a Marì e a suo cognato Cuiè. Con grande paura la famiglia non se la sentì di negare ospitalità e fece entrare in casa i due pericolosi intrusi, facendoli mangiare e fornendo ciò che serviva.

Marì lo fece anche con la speranza che laddove era prigioniero il marito, gli inglesi avessero usato la sua stessa compassione. L’arrivo dei due fuggiaschi, però, non fu segreto e chi aveva visto fece la spia e avvertì i soldati tedeschi. Quando la pattuglia nazista arrivò nella casa dei due contadini gli agenti inglesi erano già lontani. I tedeschi catturarono i due cognati, convinti che potessero confessare il luogo dove ritrovare i nemici.

Marì e Cuiè furono legati e fatti camminare per tre giorni, fino a un paesino dell’Abruzzo. Lì cominciarono i pesanti interrogatori alla presenza di donne italiane, amanti dei capi tedeschi. La situazione era drammatica. Al mattino tutti i prigionieri del campo venivano fatti affacciare alle finestre per vedere le fucilazioni. Situazione di terrore!

I due malcapitati capirono subito che era assolutamente necessario riferire ai tedeschi le stesse notizie per cercare di salvarsi, ma come fare? Marì era prigioniera in una casermone e Cuiè in un altro poco distante. La fantasia (o qualcuno da lassù) illuminarono la donna che, nel silenzio, iniziò a cantare a squarciagola il saltarello marchigiano. Sembrava impazzita per la paura.

Le traduttrici abruzzesi non capivano il nostro dialetto e quindi fu possibile iniziare a cantare a batòccu per darsi informazioni. Marì cantava e Cuiè rispondeva… a batòccu. Una volta portati singolarmente nella stanza delle torture i due, pur separati, davano sempre la stessa versione dei fatti. Il fronte di liberazione era alle porte e, alla fine, i tedeschi ansiosi di fuggire al nord, credettero alle loro dichiarazioni e li liberarono. Insomma Marì e Cuiè si salvarono con il canto a batòccu. Di contro il batacchio delle campane, quella volta, non suonò a morto.

Alberto Maria Marziali

7 giugno 2021

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