Cucinare è terapeutico. È un atto d’amore verso se stessi e gli altri. Per gli ospiti della Comunità terapeutica Pars di Corridonia, è davvero un’esperienza significativa potersi prendere cura dell’attività in cucina, dal menù giornaliero, ai dolci, alla pulizia degli ambienti. Cucinare permette di ritrovare se stessi, di relazionarsi con gli altri ritrovando fiducia, felicità e benessere.
Cucinare fa stare bene – Il laboratorio di cucina è un’attività di recupero e d’inclusione per i nostri ragazzi e ragazze vittime della tossicodipendenza. C’è chi adora impastare, chi ha la passione per i dolci, chi preferisce i primi piatti, ma tutti si danno da fare con dedizione, perché cucinare fa stare bene. È una grande opportunità di riscatto per tornare a essere padroni della propria vita. Questi ragazzi sono guidati dalla cuoca Loripia Fioretti, che da vent’anni si occupa di cucina e insegna ai diversamente abili e ai ragazzi in difficoltà che ogni giorno li accompagna alla scoperta del mestiere, per creare sempre qualcosa di buono e di nuovo.
La cuoca Loripia Fioretti – Spiega la cuoca: “Durante la settimana si alternano in cucina tre o quattro ragazzi. Devono imparare a fare tutto, a diventare autonomi in tutte le mansioni, dalla carne alle verdure, ai primi piatti. La mattina ci separiamo il lavoro per preparare il pranzo e la cena. Cerchiamo di valorizzare i piatti della stagione e della tradizione, a volte ci mettiamo qualcosa di sfizioso come i dolcetti. La cucina è una disciplina di vita. Impegno, volontà, precisione. All’inizio c’è sempre l’impazienza di terminare il lavoro e anche la difficoltà di rapportarsi con il team. Ma pian piano si accresce l’autostima e la voglia di darsi da fare. Sono gratificati quando vedono i risultati. Sono molto soddisfatta, li vedo cambiare da quando arrivano a quando terminano il percorso. I ragazzi si rapportano meglio tra di loro e sono felici di mettersi in gioco e di condividere con gli altri”.
Cucinare è un segno di condivisione – Illustra la coordinatrice Pars, Marina Mori: “Abbiamo istituito questo laboratorio di formazione, dove i ragazzi che richiedono di accedere, magari partendo da una loro predisposizione o perché hanno già delle esperienze pregresso. Cucinare vuol dire offrire agli altri, mettersi a disposizione. Incarna lo spirito della nostra Comunità, quello di condividere, il cibo, il tempo, quello che si sa fare. È un segno di accoglienza. Accettare di confrontarsi, condividere gli spazi e i materiali, seguire le indicazioni, sono tutte cose positive per il programma ma anche per la loro vita futura. L’obiettivo è scoprire o risvegliare passioni sopite che possono trasformasi in possibilità lavorative. Diamo infatti la possibilità di fare corsi e approfondimenti”.
La cucina è un luogo dove accrescere la propria autostima, imparare a sentirsi autonomi e un modo creativo per ritornare alla vita quotidiana.
I commenti degli ospiti
“Sono stato ospite nella comunità e ho potuto lavorare in cucina sei mesi – racconta con entusiasmo uno dei ragazzi -. Ho imparato tante cose. Ora che sono ritornato a casa a volte preparo qualche specialità. Sono una persona migliore”.
“È molto importante per me aiutare in cucina – continua un’altra ospite -. Mi piace confrontarmi con il team, da come poter fare un semplice antipasto, al primo e agli squisiti dolci, molti realizzati al momento. Cercare una soluzione sempre facile e tempestiva. È faticoso, ma ne vado fiera”.
“Sono stata ospite per diversi mesi e ho avuto la possibilità di poter eseguire la mansione di aiuto cuoca. Mi hanno insegnato l’umiltà, riconoscere e apprezzare le piccole cose e la passione per la cucina. È stata per me un’esperienza bellissima che mi ha donato tante cose positive e le porterò sempre nel mio cuore” conclude un’altra ex ospite della Comunità Pars.
20 marzo 2021