Nota del Direttore: “Questo è uno degli ultimi articoli del caro Giulio Lattanzi, la cui mente partiva dall’analisi del presente e si proiettava nel futuro visualizzando logiche e possibili mutazioni, suggerendo adattabilità d’interventi”.
Quello che non sono ancora riuscite a programmare le Giunte Regionali e cioè il riequilibrio delle zone deboli con quelle forti economicamente, forse riceverà aiuto dal forte aumento del ricorso allo smart working. Infatti i Dcpm di ottobre aumenteranno i livelli percentuali del lavoro da casa portandoli dal 75 all’80% nel pubblico e a una percentuale discreta nel privato.
Telelavoro e smart working non sono legati alla pandemia ma a un mondo che cambia velocemente. Il lavoro svolto in mezzo alla natura tra i borghi di montagna, nell’entroterra, nelle zone di mare abbandonate avviene in luoghi tranquilli che stimolano la fantasia creativa nella persona: le autorità di questi territori dovranno creare condizioni di efficienza, specialmente nei servizi. Il lavoro da remoto non va legato all’emergenza, ma il mondo delle parti sociali e il mondo del lavoro devono rendersi conto che il lavoro da casa è il futuro.
Questa scelta esaltante ci impegna a una riorganizzazione del mondo che conosciamo, anche se sono cosciente che “il presentismo” è più facile e visibile. Lo smart working porterà inevitabilmente con sé qualche problematica (per ogni cambiamento bisogna trovare delle soluzioni) ma è un lavoro irreversibile, non si può tornare indietro, è una ipotesi di autonomia, di libertà, ma soprattutto di responsabilità, di progetto, di produttività.
Le aziende mature pensano di collocare in remoto circa il 30% dei loro dipendenti, bisognerà tener conto se un’azienda è prevalentemente di servizio o manifatturiera. I cosiddetti tradizionalisti saranno contrari al lavoro da casa, i “padroni” penseranno di guadagnare sulla nuova condizione del lavoratore e sull’affitto attuale, ma la gran parte degli imprenditori capirà che il mondo sta permanentemente cambiando e adotterà lo smart workig.
Gli scienziati, la ricerca ci hanno donato molte invenzioni (vapore, elettricità…) che hanno rivoluzionato il nostro sistema di vita. Oggi siamo invasi da internet e ci siamo adeguati. Ora corriamo con grande velocità verso il domani, verso l’intelligenza artificiale… allora, ci spaventa il lavoro da casa? Dobbiamo essere all’altezza di guidare questa trasformazione o saremmo penalizzati in un mondo che è sempre più globalizzato: non si cambiano le cose con le illusioni. Sono in ballo la produttività, l’occupazione, l’esportazione dei nostri prodotti, i salari e occorre un’azione che va accompagnata da istruzione, formazione, innovazione, ricerca.
Questi cambiamenti “imposti” daranno un ruolo, di proposta più vivace, ai Sindaci (anche quelli delle zone terremotate che per non perdere questa occasione dovranno impegnarsi di più). Per far contare di più i territori, saranno da mettere a disposizione le case libere e se possibile ristrutturarle, sarà da rivedere l’attuale architettura istituzionale locale, anche attraverso patti federativi, interventi per ottenere una “banda larga telematica” efficiente, calmierazione degli affitti, richiesta di migliori presidi sanitari nel territorio, miglioramento per aree vaste dei servizi di trasporto.
Tutte azioni che dovranno essere appoggiate anche dal Governo, dalle Regioni,dagli enti intermedi. Lo smart working (questo lavoro doveva essere sostenuto già da molto tempo, ma la timidezza delle parti gli ha impedito di volare) rivoluzionerà le città, muterà gli assetti produttivi, man mano che le aziende decideranno gli agglomerati dimagriranno con l’equilibrio necessario: le aree urbane cambieranno, le città andranno ripensate, i servizi saranno ristrutturati… Tutto, anche questo, fa parte dei cambiamenti della vita.
Giulio Lattanzi
31 gennaio 2021