Il noto poeta e scrittore scozzese Robert Louis Stevenson ha scritto: “Il vino è poesia imbottigliata”. L’arte del vinificare è sempre attuale, occorrono passione, attitudine, preparazione e non solo. Lorenzo Gigli, originario di Montefano, cantiniere, enologo autodidatta e sommelier professionista, condivide con noi le sue esperienze illustrando una figura esistente da secoli applicata ai giorni nostri… con buone speranze per il futuro.
Come è nata la sua passione per la vite e il vino? – “Mi fa piacere rispondere all’intervista e raccontare un po’ la mia storia. Ho 46 anni e da 24 anni lavoro nell’azienda Conti degli Azzoni. La passione per il vino e la vite è nata 40 anni fa trasmessa da mio nonno, che fin da quando avevo sei anni mi portava con lui in vigna e poi in cantina per seguire tutto il processo artigianale di vinificazione. Lì nacque in me questa passione. Per tre giorni quando si faceva la vendemmia non andavo nemmeno a scuola, poi ogni mattina appena alzato scendevo in cantina per tirare il torchio e affondare la vinaccia del rosso nei tini. Tengo a precisare che non sono enologo. Appena terminata la scuola media intrapresi il primo anno di ragioneria poi smisi e andai a lavorare con mio padre nel settore calzaturiero. Avevo 22 anni quando la ditta cessò l’attività. Senza lavoro non potevo stare, seppi che i Conti Degli Azzoni cercavano un autista per consegnare il vino. Appena entrato in cantina in me rinacque la passione che avevo da piccolo e presto mi proposero di sostituire il cantiniere che andava in pensione. Così dopo un anno mi trovai a essere il responsabile della produzione grazie alla fiducia riposta in me dai Conti Azzoni. Iniziai a comprare libri di testo universitari, a studiare, a imparare la chimica e i suoi processi. Potrei scrivere un libro sul mio percorso enologico e di crescita professionale. Oggi posso dire di essere responsabile di un’azienda di 130 ettari che produce 12000 hl di vino, 150 mila bag in box e 120 mila bottiglie. Sono consulente in altre quattro aziende tre nel maceratese, una nei castelli di Jesi. Tengo corsi sul vino all’Università Permanente di Recanati. Sono sommelier professionista ed è grande soddisfazione quando mi chiamano gli enologi professionisti per consigli”.
Sono cambiati i gusti delle persone? – “Secondo me i gusti delle persone in venti anni sono cambiati tantissimo, il consumo di vino pro-capite è sceso, si è alzata però la cultura del vino. Basti pensare che i corsi da sommelier sono sempre pieni e tanti i wine bar aperti, dove si possono degustare degli ottimi vini. Questo ha portato ad avvicinare anche un pubblico giovane con una buona cultura sul vino. Noi tecnici abbiamo alzato al massimo la qualità dei vini con studi e applicazioni di biotecnologie, cercando di tirar fuori dall’uva il massimo che la natura ci offre. Poi ogni annata è una sfida diversa. Dico sempre che il vino è un regalo della natura che ha mille componenti al suo interno, poi è vivo, pieno di microorganismi e ci regala profumi e sensazioni sempre nuove”.
Quali opportunità per i giovani? – “Consiglio ai i ragazzi che vengono dall’Università a fare gli stage da noi di avvicinarsi al settore vitivinicolo perché è in crescita, servono tecnici di campagna e cantina. Mi capita spesso che giovani enologi appena usciti dall’Università non conoscono, a livello operativo, nemmeno le cose basilari di cantina, consiglio sempre di fare prima dieci anni di esperienza in cantina, magari in giro per l’Italia, per poi iniziare la professione. Dopo 24 anni, ho tanto da imparare ancora”.
Quali le peculiarità delle assolate colline montefanesi?- “Le nostre colline sono una meraviglia, così dolci e assolate ci regalano vini molto buoni, bianchi come la Ribona, la nostra DOC maceratese, che stiamo cercando di valorizzare al massimo insieme con tutte le aziende della Provincia. Nel 2023 uscirà anche la versione riserva. I rossi secondo me sono eccezionali, abbiamo il Montepulciano questo vitigno della riviera adriatica che in Abruzzo produce grandi vini; qui da noi vengono eleganti e longevi nel tempo. Noi produciamo il Passatempo Riserva, il nostro vino di punta 100% Montepulciano che proviene da un vigneto del 1955 ed è sempre premiato a livello nazionale e internazionale. Adesso abbiamo in vendita l’annata 2013, per farle capire la longevità di questo vino prodotto da una grande uva”.
Mi piace ricordare ciò che dichiarò in un’intervista di circa tre lustri fa Gianluigi Calzetta, presidente dell’Assivip: “Il bianco delle Marche è il migliore vino italiano e fra i due-tre bianchi al mondo”. Poi la Regione Marche, nel 1999, ha creato l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (IMT) per la promozione dei vini marchigiani, oggi ha 772 aziende vitivinicole associate nelle province di Pesaro Urbino, Ancona e Macerata.
Due domande ad Alberto Mazzoni, direttore dell’IMT
Un breve concetto di attualità? – “L’avvento della pandemia ha riportato al centro dell’attenzione mondiale il ruolo della Terra, perché senza di essa non ci sarebbe il cibo. È stato riscoperto il cibo di qualità e nello stesso tempo la stagionalità dei prodotti. Altro fattore positivo di questa disgrazia è il fatto che il consumatore si può recare nelle aziende agricole per acquistare i prodotti, confrontarsi con il produttore, apprezzare la salubrità del cibo, evitando gli assembramenti che sono uno degli elementi chiave della diffusione del virus”.
L’annata vinicola 2020? – “Il 2020 è stata un campagna vitivinicola sotto il segno della qualità, senza eccessi di quantità, cosa da non trascurare, visto le chiusure dell’Horeca che hanno ridotto il consumo”. Horeca è un termine che si riferisce al settore degli hotel, ristoranti e caffè.
Eno Santecchia
20 gennaio 2021