Nota introduttiva di Simonetta Borgiani – Vorremmo iniziare raccontando un aneddoto: un nostro amico, A. M., volendo visitare e fotografare un’antica chiesa del maceratese, chiese al parroco un appuntamento; questi gli rispose: “Finché campo io, tu qui dentro non ci entri!” al che il nostro amico rispose: “Allora aspetto che tu muoia, poi torno”. Ci è venuto in mente leggendo l’introduzione di un’opera fondamentale per le ricerche sul medioevo, opera al momento mutila di una sua parte, in quanto alcuni documenti (miscellanea di copie e regesti) si trovavano in una biblioteca di Recanati, il cui titolare, un monsignore, non permise di consultare. Sono “Le carte di Fonte Avellana”, due volumi stampati 50 anni fa, costituiti da una raccolta organizzata e interpretata di tutti i fondi archivistici (sparsi in tutta Italia) all’epoca rintracciati, riguardanti l’antico e prestigioso centro monastico appunto di Fonte Avellana, che oggi ricade nel Comune di Serra Sant’Abbondio (PU). Sorto intorno al X secolo come eremo, in poco più di mezzo secolo la fama di austerità e santità crebbe di pari passo alla estensione e alla quantità di possedimenti, diffusi in Umbria, Marche e oltre: con i suoi terreni, ville, monasteri e castelli da Rimini arrivava fino a Penne in Abruzzo. Divenuta abazia, continuò a prosperare fino alla metà del 1500, quando la congregazione fu soppressa e Fonte Avellana venne aggregata a quella dei Camaldolesi. Dalle Carte si possono ricavare molte notizie utili per ricostruire la nostra Storia, se si volesse. Con molta pazienza, emergono personaggi e scenari incredibili, che Massimo Orlandini sta cercando di far rivivere con uno studio incrociato fra le Carte e altre fonti coeve, riguardanti diverse aree geografiche, con grande meticolosità e curiosità, arrivando a definire quello che nel medioevo era il fulcro del mondo: il centro Italia. Visto il lasso di tempo trascorso dalla redazione delle Carte di Fonte Avellana, auspichiamo che qualche studioso, competente quanto gli autori di queste, vada a bussare alla porta della biblioteca di Recanati …e a tutti quegli archivi che hanno finora tenuto sigillati i loro documenti. Nel frattempo, riportiamo luce a remote vicende, partendo dall’anno 1125, con una pergamena rosicchiata dalle tarme che si trova a Roma, nel Collegio Germanico.
Federici ducis et Marchionis Diploma
Da molti anni mi interesso e faccio ricerche su vari aspetti e varie epoche della storia di quest’area che fu il piceno e ora è la regione Marche. Non sono storico né scrittore, il mio interesse è puramente personale e legato a curiosità e voglia di conoscere; scrivo in quanto lettore insoddisfatto e perplesso di fronte ai tanti lati oscuri e contraddizioni evidenti nei fatti così come oggi vengono ricostruiti. Già nel 2006 scrissi una relazione, poi portata in una conferenza il 17 febbraio 2007 nella biblioteca comunale di Civitanova Marche, dopo aver riscoperto il documento sotto trascritto che si trova pubblicato nel libro “Carte di fonte Avellana vol. 1” alle pp.328-329 con data 1125, senza altre indicazioni per meglio datarlo. Tenendo presente che il libro medesimo è composto in rigoroso ordine cronologico, questo documento, inserito tra il nr.151 del marzo 1125 e il 153 del gennaio 1126, va messo in relazione con due avvenimenti importanti avvenuti in questo lasso di tempo: il 23 maggio 1125 muore l’imperatore Enrico V, e tra luglio e agosto viene eletto imperatore Lotario III. Ecco il testo originale completo:
†In nomine Sanctę ed individue Trinitatis. Anno dominicę incarnationis domini nostri Iesu Christi millesimo centesimo .XXV°., indictione tertia. Notum sit vobis omnibus Christi fidelibus tam futuris quam et presentibus qualiter ego Phredericus Dei gr(ati)a dux et marchio, pro Dei timore atque pro salute animę meę necnon et pro salute imperatoris, accepi sub defensione mea heremum Sante Crucis de Fonte Avellano et om(ne)s eius possessione set bona. Proinde precipio vobis ut de suis castellis sive villis sive terris, Laureto videlicet, Monte de Syco, Ripalta, Turre de filiis Petri de Amico, Sancto Fortunato, Vualdo, Valentana, Monte Maiore et quicquid habet in comitatu Calensi aut Phanensi sive Nucerino sive Senogaliensi vel in quocu(m)que loco alio nostre potestatis vel de suis hominibus nullum fodorum, nullum albergariam, nullam dationem accipiatis, ut nullus episcopus, nullus comes, nullus vicecomes, nullus castaldo, nullus scoldasius, nulla maior vel minor persona eos molestare vel inquietare, disvestire vel minorare de o(mn)ibus rebus mobilibus seu immobilibus, quas supradicta sanctę et vivifice Crucis ęcclesia et Deo inibi servientes ad presens possidet vel possessura est in futurum in ducatu vel in marchia, deinceps o(mn)ino non presumat. Sed ea o(mn)ia quę ad heremum pertinere videntur ut propriam meam cameram mea vice omnibus modis defendatis. De casis vero quas predicta heremus habet in civitate Senogalie seu in civitate Fani omnino interdicimus ut nullus de nostris missis vel comitibus albergariam in eis faciat vel ullam dationem requirat. Et si aliquis h(om)o maior vel minor sua bona supradicte ecclesie dare voluerit, nullus sit ausus interdicere. Si quis autem episcopus vel comes vel cuiuscu(m)que ordinis persona maioris vel minoris contra hoc preceptum meum fecerit, sexaginta libras argenti co(m)ponat: medietatem in camera mea, medietatem vero ipsi ęcclesie Sancte Crucis†.
In breve e veloce interpretazione: Federico duca e marchese dichiara di avere preso sotto la sua protezione l’eremo di Santa Croce Avellana con tutti i suoi possedimenti nel suo ducato e marchia e concede immunità. La mancanza di una data precisa lascia il dubbio al riferimento “pro salute imperatoris”: al momento della stesura del documento a quale imperatore si sarà riferito? Presumibilmente Enrico V, questo daterebbe la pergamena tra marzo e maggio del 1125.
Phredericus
Chi è questo Phredericus, Federico, duca e marchese, che agisce con questi titoli non per incarico feudale ma per “dei gratia”? Scrive direttamente per mano propria, non delega un notaio e neanche i tre testimoni di rito; non viene specificato chi sia, né in questo testo, né negli altri documenti dove ricorre (numerosi in Italia centrale, tra il 1120 e il 1148), come se fosse sottinteso di chi si tratti. Ostenta di avere potere in una vasta zona dell’Italia centrale e dispone che per sua decisione nullum fodorum, nullam albergariam, nullam dationem venga imposto all’eremo e ai suoi beni, mostrandosi gerarchicamente superiore ai vescovi. Il fatto che questo Phredericus sia autorizzato a decidere sul fodrum (la raccolta fiscale per la corte del sovrano) in particolare, fa di questo duca e marchese un personaggio estremamente interessante proprio per il livello di potere che dimostra di avere, perché solo un personaggio appartenente alla ristretta cerchia dei più vicini collaboratori del re può avere questo particolare potere decisionale, oppure il re stesso in persona.
Federico il Losco o il Guercio – Consultando ancora le Carte di Fonte Avellana, nei capitoli precedenti e precisamente nell’anno 1072, il 7 luglio, si legge che Beatrice di Toscana e sua figlia Matilde di Canossa, su istanza del priore Damiano di Fonte Avellana, proibiscono di recare danni ai beni di proprietà dell’eremo; i nomi di queste località sono in buona parte gli stessi che ritroviamo nel documento del 1125 a firma di Phredericus. In quel momento storico l’unico Federico conosciuto che poteva autorevolmente e legittimamente concedere l’immunità dal fodro (e quindi può coincidere con il nostro personaggio, il duca che si comporta come un re o quasi), era Federico detto il Losco o il Guercio (1090/1147), secondo duca di Svevia e tra i candidati al titolo di re di Germania, perché nipote di Enrico V (1106/1125), quest’ultimo morto senza eredi diretti. Si tratta del figlio primogenito di Agnese, sorella appunto dell’imperatore Enrico V: Agnese, Corrado ed Enrico V erano figli dell’imperatore Enrico IV (1056-1106). Nel 1096 Corrado re d’Italia muore, poi nel 1125 stessa sorte tocca all’imperatore Enrico V, così Agnese resta l’unica legittima erede dei beni matildini, già passati in eredità da Matilde, ultima discendente della potentissima famiglia Canossa e senza figli, al cugino imperatore Enrico V. Il marito di Agnese, (già defunto anche lui nel 1105), era stato un fedelissimo del suocero Enrico IV: Federico “il Vecchio”, il primo duca di Svevia della stirpe degli Staufen. Automaticamente, il figlio primogenito di Agnese, Federico il Guercio, II duca di Svevia, diventa uno dei tre candidati al titolo di re di Germania. Ecco chi è il nostro Phredericus. Una chiara conferma la troviamo nel libro di Claudio Rendina, “I papi, storia e segreti”, a pag. 406 dove si afferma: “…questo avveniva mentre Enrico V entrava in Italia; morta Matilde di Toscana, egli veniva a prendere possesso delle sue ricche proprietà, per diritto di eredità come parente più importante, nonostante a suo tempo la contessa le avesse destinate al patrimonio della Chiesa.” Come andò a finire?
Incoronato Lotario – Finì che Federico II duca di Svevia, detto il Guercio, non divenne mai re. Viene incoronato invece Lotario nel luglio-agosto. Questo brano del libro “Federico Barbarossa” di Ernst W. Wies, pag. 32 spiega in modo semplice che cosa successe: “Quando nel 1125 morì l’imperatore Enrico V, fratello di sua madre e quindi suo zio, Federico divenne candidato alla corona tedesca. Ma al momento della elezione Adalberto I arcivescovo di Magonza (1109 – 1137) riuscì a fargli anteporre Lotario di Supplimburgo (Lotario III)”. Quanto sopra ricordato, avvenne tra il 23 maggio 1125, data della morte di Enrico V, e il 3 novembre 1125, data del primo diploma emesso da Lotario pubblicato negli MGH: “Lothar bestätigt dem Kloster Rheinan Immunität und Königsschutz mit freier Abtswahl sowie Vergabung Bernhards von Griessen und regelt die Stellung des Vogtes. Worms 1125 November 3” (trad. Lotario conferma al Convento Renano immunità e protezione regale con libera elezione dell’abate, sepoltura di Bernardi von Griessen e regola la posizione del Balivo. Worms 3 novembre 1125 – ringraziamo Maria Stefania Conti).
Il futuro Federico Barbarossa – In un suo libro sul Barbarossa, Franco Cardini afferma che fallita l’elezione, Federico il Losco, furente, si ritirò nei suoi possedimenti. Tra i suoi possedimenti ci sono anche quelli donati da Matilde al cugino, e pervenuti a Federico II duca di Svevia nei modi sopra indicati. Quindi Federico-Phredericus, fallita l’elezione a re, potrebbe essersi ritirato nei possedimenti un tempo appartenuti a Matilde nell’Italia centrale. Questo potrebbe spiegare come mai nella Marca è presente un tale di nome Phredericus di cui non si riesce a chiarire né origine né fine e neanche parentele e ruolo. Oltre i Guarnieri non risultano altre famiglie con titolo di duca e marchese in quegli anni, e in quelle zone oggetto dei documenti. Infine, spiegherebbe perfettamente come mai nelle vicende germaniche non sembrano presenti né lui né il figlio, che diventerà duca alla sua morte nel 1147: il futuro imperatore del Sacro Romano Impero Federico I Barbarossa.
Massimo Orlandini
30 dicembre 2020