La calata trionfale nelle Marche dell’esercito sabaudo che si scontrò nel settembre del ’60 con la raccogliticcia armata pontificia, priva di mezzi e, per buona parte, di motivazioni (a parte i pochi volontari che accorsero da tutta Europa), non fu alquanto trionfale nei cuori dei marchigiani. La popolazione, per la maggior parte contadina e molto religiosa, aveva un forte legame con il clero e veniva da secoli di dominazione papale; in fondo il governo pontificio considerava il cittadino non solo come suddito ma anche come un fedele a cui salvare l’anima.
Pochi sostenitori della causa unitaria – I “piemontesi” si trovarono davanti a una società in cui solo uno sparuto gruppetto di cittadini era convinto assertore della causa unitaria: a questi si andarono ad unire via via personaggi che fiutarono la possibilità di arricchirsi facilmente e di fare una veloce carriera, ma la stragrande maggioranza della popolazione era completamente indifferente o apertamente ostile.
La leva obbligatoria – La promulgazione in blocco dei codici e delle leggi piemontesi creò subito un problema enorme: la leva obbligatoria. Questa non era mai esistita, se non nel periodo napoleonico dove ebbe scarso successo, e si scontrò subito con un fenomeno impressionante di renitenza. Per la prima leva del ’61, classe 1839/40, si ebbe una renitenza del 50% che (prendendo come riferimento i dati riportati dallo storico Giorgio Rochat) portava la provincia di Macerata al secondo posto in Italia come percentuale di Renitenza!
Epiteti contro la Guardia Nazionale – L’estate del ’61 non si presentava tranquilla: a Macerata nel borgo San Giovanni Battista (corso Cairoli) si verificò una riprovevole dimostrazione reazionaria. Le Guardie Nazionali intervenute furono apostrofate con epiteti di puzzoni e carogne: onestamente ci si sarebbe aspettata una colluttazione piuttosto che semplici insulti!
Monte San Giusto – In agosto a Monte San Giusto il sindaco si lamentava che giovinastri sobillavano il popolo contro il nuovo stato e che non poteva emanare l’ordine di arresto perché la Guardia Nazionale, con scuse, non avrebbe eseguito l’ordine.
Monte Milone e Treia – Sempre nell’agosto il sindaco di Monte Milone (Pollenza), fervente patriota, scriveva al delegato di pubblica sicurezza riguardo il movimento reazionario o meglio di brigantaggio che si stava sviluppando, affermando che aveva invitato presso di sé il sindaco di Treia che temeva per la sua vita. Non si capisce se la situazione fosse davvero così grave oppure se il sindaco treiese avesse esagerato con i timori.
Insurrezione? – Per il 15, festa dell’Assunta, circolavano voci su una insurrezione e il volenteroso sindaco pollentino proponeva di formare una colonna di Guardia Nazionale di 200/300 fedelissimi armando i cittadini pagandoli 35/40 baiocchi. La squadra sarebbe girata per la provincia arrestando ed intimorendo: noi dobbiamo portare lo spavento su quegli che osano pensare di attraversarci il cammino.
Pochi elementi reazionari – Il comandante della Guardia Nazionale di Monte Milone riferiva che si era formata una banda di 70/80 contadini reazionari, la maggioranza renitenti alla leva, che hanno giurato di sollevarsi contro il nostro governo. Elementi reazionari stavano organizzando un tumulto che sarebbe dovuto scoppiare nell’agosto ’61, il giorno dell’Assunta, ma le notizie trapelate alle autorità, la scarsa organizzazione e la poca combattività e convinzione dei papalini e dei renitenti, fece si che a parte sporadici e insignificanti episodi, nulla accadde.
Santa Maria in Selva di Treia – Sembra che i reazionari avessero incominciato ad ammucchiare armi a Recanati, addirittura presso le monache dell’Assunta. Nella contrada Santa Maria in Selva di Treia di notte la banda di contadini reazionari citata precedentemente fermava i viandanti intimando di convertirsi alla causa papalina. Abbastanza divertente che invece di grassare, minacciare e aggredire, i “feroci” renitenti tentassero di convincere i passanti con argomentazioni politiche! Le strade di notte erano insicure e i sindaci chiedevano insistentemente l’invio di guardie di pubblica sicurezza, carabinieri o esercito, data la scarsa affidabilità della Guardia Nazionale.
La bandiera papalina a Porto Recanati – La mattina dell’11 agosto a Porto Recanati fu rinvenuta una bandiera pontificia con scritto morte a chi la tocca. Un evento di per sé insignificante che mandò nel panico le autorità politiche: ciò la dice lunga sull’effettivo controllo del territorio e sulla lealtà della popolazione. Il delegato di pubblica sicurezza di Recanati scriveva molto allarmato al collega di Macerata segnalando la estrema gravità del fatto. Inoltre le strade di Porto Recanati erano state ricoperte da cartoline bianco-gialle con scritto “Viva Pio IX” e la notte del 12 sulla porta della caserma dei Regi Proposti (finanzieri) era stato affisso un foglio con “morte al finanziere che ha calato la nostra bandiera”.
Arrestati due reazionari – Pochi giorni dopo furono arrestati il fabbro Paolo Annibali, 35 anni, e il marinaio Clemente Falaschini di 20 anni. Il processo per “provocazione a commettere il reato di cangiare e distruggere la forma di governo attuale” si concluse il 10 febbraio ’62 con la condanna abbastanza mite dell’Annibali a 6 mesi di carcere e il Falaschini a 1 mese.
Le considerazioni del giudice – Interessanti sono le considerazioni del giudice nella sentenza: sui primi dello scorso agosto, andatasi mormorando per le campagne e per i villaggi, che alla metà di detto mese, sarebbe scoppiata una forte reazione in favore del cessato pontificio governo, e come già taluni, non saprebbesi se più iniqui o stolti, ma certamente sedotti da perfidi ed esosi istigatori, ne andavano preconizzando l’avvenimento con l’accendere fuochi notte tempo, coll’innalzamento di bandiere bianco-gialle, e con qualche altra colpevole dimostrazione. Significativa è anche la successiva riflessione del giudice sul fatto che i giovani marinai grandemente ripugnano la leva.
Civitanova e Monte Santo – Il commissario di pubblica sicurezza di Civitanova scriveva a quello di Macerata avvisandolo che per l’indomani 15 agosto a Monte Santo (Potenza Picena) era stata organizzata una dimostrazione in senso pontificio. Chiedeva un discreto numero di carabinieri poiché la Guardia Nazionale era soggetta ai preti. Il collega si scusava ma non aveva uomini e consigliava di arrangiarsi affidandosi al patriottismo dei militi nazionali che chiaramente, come detto, patrioti non erano.
Visso – Intanto anche Visso era stata cosparsa di carte bianco-gialle. Il comitato Borbonico-Clericale nell’agosto ’61 aveva spedito da Roma per tutte le provincie un proclama titolato “Gli italiani, agli italiani”, tendente a far rivivere l’idea della confederazione di stati.
Una pessima organizzazione – Se nella nostra provincia, a differenza dell’ascolano nulla accadde, fu principalmente per la pessima organizzazione dei reazionari che tanto chiacchieravano e poco facevano e che non riuscirono a organizzare la forte presenza di renitenti (anche se in parte si erano già spostati nell’agro romano per i consueti lavori stagionali), né tanto più organizzare il malcontento e la “indifferenza” della popolazione contadina molto religiosa e attaccata alla figura del Papa. Probabilmente i papalini impegnarono anche discrete somme di denaro per cercare di organizzare la reazione, somme che ritengo furono male spese o meglio finirono, come spesso accade, in mano di profittatori che poco avevano di sentimento papalino ma molto più di opportunismo e avidità.
Modestino Cacciurri
16 novembre 2020