Mostra presso la Società Filarmonico Drammatica
La nostra provincia, la città di Macerata in particolare, non è mai stata refrattaria alle innovazioni artistiche, fu testimone e partecipe del Secondo Futurismo con il Gruppo Boccioni e, nell’immediato dopoguerra, anche per effetto di contatti che s’erano instaurati tra alcuni nostri artisti e l’ambiente romano, con personalità particolarmente aperte al nuovo come Enrico Prampolini, Michelangelo Conte e altri, si dimostrò attenta a ciò che accadeva in Italia e all’estero in tema di ricerca linguistica avanzata. Una visione avanguardista andava mantenuta, ricostituita, per sentirsi ancora vivi, per non dimenticare l’entusiasmo e il fervore che avevano caratterizzato una stagione drammaticamente conclusa: se non la causa, cioè le ragioni anche ideologiche che erano servite da motivo aggregante, almeno gli effetti, cioè gli entusiasmi e la passione che avevano unito un folto gruppo di artisti, non potevano restare solo ricordo! Ma da dove riprendere? La catastrofe aveva prodotto anche qualche effetto positivo a livello internazionale. Tante barriere tra stati e continenti erano ormai abbattute, tanti orpelli ideologici e l’imperante conformismo dell’anteguerra violentemente cancellati e dissolti. Anche l’arte, essa soprattutto con particolare radicalità, cercava un’aria nuova che facesse dimenticare il passato e producesse rinascita. Nel frattempo a Roma, Milano, Firenze, Venezia, Bologna, e altri grandi centri gli artisti s’erano attivati, e con grinta. Si formarono gruppi che si chiamarono “Zero”, “Forma Uno”, “Gruppo 1”, “Origine”, insomma nomi che evocassero più che una ripresa un nuovo inizio. In quel frangente i contatti di Umberto Peschi e Wladimiro Tulli con Enrico Prampolini fondatore e animatore dell’Art Club e con Sante Monachesi, ormai romano di adozione, e poi con Fiamma Vigo e le sue gallerie di Numero, che del primo movimento erano filiazione, si dimostrarono fondamentali: avamposti d’un rinnovamento che poi coinvolse altri artisti maceratesi. L’incoraggiamento dall’ambiente romano fu caloroso. Prampolini, che operava già in un ambito internazionale, invitò Peschi a iscriversi all’Art Club proponendogli persino di fare delle cose “a quattro mani”, presentandole poi con il nome di entrambi. Il contatto con Fiamma Vigo fu infine risolutore. Essa era prototipo dell’artista che si fa animatore (in tal caso animatrice tra le poche) di situazioni originali e di largo respiro: una vocazione che altri, fortunatamente anche da noi, ebbero poi il merito di accogliere e proseguire. Mi piace ricordare quanto fu scritto a suo indirizzo in un pieghevole di una mostra di Numero a Macerata nel maggio del 1959: “ …Quando si farà – si dovrà fare – un bilancio sereno, completo obbiettivo della civiltà figurativa europea, pagine intense riguarderanno te, Fiamma e l’opera imponente ed esemplare di scoperta informazione e divulgazione culturale, scevra da speculazioni mercantili, svolta dalla tua Galleria in questi ultimi dieci anni durante i quali “Numero” ha presentato in un rigoroso conseguente programma il meglio di quanto oggi gli artisti producono nel campo dell’astrattismo: artisti quotatissimi, validissimi italiani e stranieri si sono avvicendati ad artisti poco noti e sconosciuti che in seguito hanno raggiunto il successo. La tua Galleria è un porto sicuro, ove giungono vele da ogni mare e da cui ripartono messaggi per tutti i cieli. Lì ho conosciuto uno sloveno – ricordi – affamato di gloria e di pane e i due spagnoli dagli occhi allucinati e dai calzoni rotti, in cerca di libertà. Lì, ho incontrato russi, americani, portoghesi, svizzeri giapponesi, cinesi, tedeschi, inglesi che inseguono sogni che nessuna tela potrà mai contenere. Tutti, Fiamma, hai raccolto con affetto, entusiasmo, ansia fraterna. Io, che sono stato fra i primi a far parte del tuo Gruppo Numero, ti do il benvenuto nella mia città”. Firmato: Tulli . Questo era lo spirito e la gratitudine con cui i nostri artisti l’accoglievano a Macerata. Altri nomi di quel proselitismo? Oltre a Peschi e Tulli, di cui s’è detto, Zoren, innovatore e stimolatore di nuovi indirizzi all’Istituto d’Arte di cui ebbe la direzione, e artisti, più giovani all’epoca, come Nino Ricci che partecipò a varie rassegne di Numero ed ebbe una personale a Firenze nel ‘63, Tonino Ferrajoli, e l’ascolano Claudio D’Angelo, presente a Firenze, Venezia e Roma con mostre personali tra il ’70 e il ‘76. Tutti, aderendo a un unico credo, si resero protagonisti di una nostra “rinascenza plastica”, come ebbe a definirla Prampolini. E se ne videro le conseguenze, anche sotto un profilo di animazione culturale, già nel durante, con le tre edizioni del Premio Scipione (1950, 1960, 1964) attraverso cui, nelle ultime, si aggiunsero alla cerchia altri giovani formatisi all’Istituto d’Arte, come Valeriano Trubbiani, Silvio Craia, Giorgio Cegna, Dante Ferretti e altri. Oggi le pagine di quella storia un po’ trascurata sono state rilette attraverso una mostra che ha spaziato ben oltre i confini regionali, con la presenza di altri artisti che hanno fatto poi storia. Titolo: “Quelli di Numero – Omaggio a Fiamma Vigo”. Si è tenuta presso la Società Filarmonica di Macerata dal 9 al 17 giugno Un grazie e – onore al merito! – all’entusiasmo di Daniele Taddei e dei suoi amici dell’Art Club Studio che, fornendo motivo di riconsiderare un periodo interessante della nostra storia locale, lo hanno proposto e valutato attraverso un confronto di presenze vasto e articolato.
Lucio Del Gobbo