“Hoc Opus” a San Ginesio, ovvero il ritorno alla bellezza delle opere d’arte

San Ginesio, in posizione privilegiata di fronte ai Sibillini, a un’altitudine che regala aria fresca e sopraffina, un vero balsamo per i polmoni anche nelle afose giornate estive. Un luogo per gli occhi e per la mente: scorci improvvisi sul paesaggio, con sfondamenti che lasciano con il fiato sospeso. E vicoli, e architetture, il Colle, la Collegiata e i danni del terremoto: crepe, buchi, opere di contenimento del danno e di messa in sicurezza che impressionano. Questo fuori.

Dentro gli edifici sacri, quelli pubblici, quelli privati, il disastro per le persone e per le cose. “Cose”, termine generico per indicare contenuti materiali. Ma può chiamarsi contenuto materiale una opera d’arte che racconta il passato, gli avvenimenti, i personaggi, la devozione popolare? No, questa è l’immaterialità dell’arte, bene prezioso.

Dopo le tremende e distruttive scosse è stata tutta una corsa contro il tempo per mettere in salvo, spesso lontane da “casa”, le stupende opere pittoriche realizzate nel corso dei secoli a San Ginesio, gelosamente custodite e tramandate. Con il timore di non rivederle più. Ma oggi abbiamo “Hoc Opus”, ovvero il ritorno (questa volta non degli esuli ginesini) di tutte le Opere d’Arte alla bellezza del luogo di origine.

Ad accoglierle l’Auditorium comunale, Chiesa di Sant’Agostino che ha nascosto la sua magnificenza dietro anonime pannellature, per non rubare la scena ai dipinti, affinché abbiano il giusto risalto, per dare emozioni ai visitatori e, di nuovo, tutte insieme, ai ginesini.

Un passato importante quello del territorio maceratese, testimoniato dal mare ai monti dalle opere d’arte. Le opere, sia dipinti che affreschi, coprono un arco temporale che va dal 1400 al 1700 con alcune che sono dei capolavori assoluti, perfetti interpreti delle tendenze pittoriche del  tempo in cui sono stati realizzati.

L’affresco più datato venne realizzato da Pierpalma da Fermo nella seconda metà del XV secolo ed è stato staccato dalla chiesa di Santa Maria della Neve o delle Scalette. Un altro affresco, del pittore ginesino Domenico Malpiedi, raffigurante la Madonna di Loreto, realizzato con una certa elegante leggerezza al contrario delle sua altre numerosissime opere, spesso con i volti dai tratti marcati da forti caratterizzazioni e da una certa rigidità nei drappeggi, ha la particolarità di essere stato staccato dalla parete di una casa colonica in contrada Santa Croce. Le opere del Malpiedi sono riferibili al 1500/1600.

La centralità degli spazi è stata riservata a Stefano Folchetti (1400/1500) e a Simone De Magistris (1500/1600). Il primo con una luminosa opera ricca di ori e vivaci colori; il secondo con una tela dai toni molto formali, trattandosi di una Pietà, con in basso il cartiglio recante la scritta “Hec pietas docet te esse pium”.

Magnificente la tela cinquecentesca di Vincenzo Pagani, ricca di colori, curatissima nei particolari, con i personaggi che interloquiscono disinvolti sulla scena. Gran movimento di personaggi nelle opere  settecentesche di Filippo Conti, Colpi di luce sui volti nel dipinto di Battistello Caracciolo (1600), quadro donato alla città dalla famiglia Onofri. Luce centrale divina accolta dalla Madonna, invece, nell’opera di Carlo Maratti, artista Cameranese di fine ‘700, la cui “Madonna assunta in cielo fra angeli” era nella chiesa di Santa Maria in Vepretis.

Grande maestria e plastica morbidezza nel Sant’Antonio Abate del pittore marattesco (1700); morbidezza che ritroviamo nella tela del messinese Salvatore Monosilio (1700) unita a una atmosfera soffusa che mette in rilievo i volti dei protagonisti e la loro gestualità. Dello stesso periodo stilistico, Filippo Ricci mostra pennellate più decise in “Madonna della cintura”, dipinto che è tornato nella chiesa di Sant’Agostino, sua sede originaria.

Bottega del Ghirlandaio

Pezzo notevolissimo, nella sua cornice originale, il “Matrimonio mistico di Santa Caterina” (1480) realizzato nella Bottega di Domenico Ghirlandaio, proveniente dalla chiesa di Santa Caterina: c’è profondità, ricercatezza negli abiti, intensità espressiva e raccoglimento.

Nicola di Ulisse da Siena

Infine l’opera che è ritornata nel suo altare, con la ricca cornice perfettamente inserita tra gli stucchi dorati: è semplicemente un dipinto pieno di splendore!  La figurazione è divisa in tre scene: il Santo, la città, la battaglia. Il movimento dei fanti e dei cavalieri stempera la geometricità delle mura mentre Sant’Andrea benedicente, con lo stendardo in mano domina la scena. Sulla sinistra in basso c’è l’eroina, la giovane fornaia che lanciando l’allarme ha salvato San Ginesio. L’opera, del  1463, è stata realizzata dal maestro Nicola di Ulisse da Siena.

Foto e servizio di Fernando Pallocchini

23 ottobre 2020

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