Il romanzo storico: “La battaglia dei Campi Catalaunici” – VIII puntata

Una notte davvero speciale – Le ombre della sera ormai scendevano rapide e tutto l’immenso accampamento era in fermento. La notizia dell’ormai probabile imminente scontro contro gli Unni aveva posto in agitazione le milizie riunite di Visigoti, Alani e Burgundi e tutti facevano a gara per preparare le armi, i cavalli, i mezzi di trasporto ed i vettovagliamenti. La partenza era fissata per il mattino del giorno dopo e tutti, come in ogni vigilia di battaglia, cercavano di prepararsi anche al peggio. C’era chi faceva testamento, chi si ritirava in disparte per meditare e pregare, chi cercava gli amici per salutarli, ma c’era anche chi, in vista del “doman senza certezza” aveva deciso di passare allegramente l’ultima notte. I postriboli organizzati rigurgitavano di clienti costretti a fare la fila, ma c’era anche qualche privilegiato che aveva appresso la famiglia e così poteva trascorrere meglio la sua serata; senza eccessi però, ‘ché avrebbe potuto rimpiangerli il giorno dopo.

L’accoglienza agli ospiti – Teodorico, il Re, aveva il suo bel da fare dovendo pensare anche all’illustre ospite Magister utriusque militiae ed al suo Centurione di cui non conosceva abitudini e gusti privati. Pensando di far bene si regolò secondo le sue consuetudini. Chiamò a raccolta gli inservienti personali e gli schiavi (che nonostante i dettami della nuova religione ancora conservava) e scelse quali mettere a disposizione del Romano. Questi subito ne approfittò per rimettersi un po’ dalle conseguenze del faticoso viaggio a cavallo che aveva compiuto nei giorni precedenti. Una capiente tinozza con acqua riscaldata venne portata nella vasta tenda a lui assegnata sorvegliata da un nugolo di fidati guerrieri e subito due vezzose fanciulle si prestarono ad insaponarlo e massaggiarlo dopo che il barbiere reale lo aveva accuratamente sbarbato. Del resto ad Ezio piaceva il normale suo look di uomo glabro anche per distinguersi dai tanti “barbudos”, apparentemente più virili ma talvolta anche dotati di brillanti orecchini alla moda… Concluso il bagno, un nerboruto inserviente dotato pure di invidiabile abilità nelle mani gli aveva praticato un rilassante massaggio rimettendolo completamente al mondo.

Il banchetto- A quel punto aveva davvero cominciato ad apprezzare l’ospitalità del Goto che nel frattempo aveva fatto imbandire una ricca tavola ordinando ai cuochi di fare man bassa delle residue vivande di qualità, rimasto com’era soddisfatto dalla generosità del Romano che senza perdere tempo lo aveva già ricoperto di preziosi sesterzi e che prometteva di rifarlo a cose concluse positivamente. Ezio ed il suo Centurione, ammessi alla tavola di Teodorico, non credettero ai loro occhi alla vista di quei piatti succulenti, della bellezza delle inservienti svestite con generosi abiti trasparenti, della raffinatezza delle stoviglie e delle posate che ornavano la tavola (probabilmente retaggio di qualche antica razzia…), delle intriganti melodie che alcuni guerrieri, trasformati in musici scelti, suonavano con strumenti a fiato, a corda e a percussione. La cena finì ma il Centurione, ritiratosi nella sua tenda, trovò il letto occupato da una procace creatura, forse una delle concubine del generoso Teodorico che aveva pensato anche a lui, e che gli fece passare una notte calda ed insonne… Ezio no, immerso nei suoi pensieri, aveva profittato per regalarsi un sonno riparatore, pensando ai gravosi impegni che lo avrebbero occupato nei giorni a venire. Pian piano i fuochi si spensero; i turni di guardia proseguirono il loro lavoro nella perenne attesa della desiata aurora; le cicale e le lucciole, ignare delle umane disgrazie, proseguirono a svolgere come sempre il ruolo musicale e luminoso che la natura aveva loro assegnato.

La partenza – All’alba le milizie Visigote intrapresero la marcia verso Aurelianum, nei pressi della quale Città a notte si fermarono. Attila, che dirigeva l’assedio, tempestivamente informato del loro arrivo, abbandonò l’impresa per evitare di ritrovarsi a sua volta assediato, lasciando le retroguardie a scontrarsi con i Visigoti per assicurare al grosso delle armate un ordinato ritiro. La Città fu salva; ma questa è Storia.

Terenzio fa ritorno al campo fortificato – Avevamo lasciato il nostro Terenzio in groppa al suo ritrovato cavallo diretto all’accampamento da cui era partito con il drappello comandato da Ezio. Nonostante i rischi ai quali andava incontro era ben lontana l’idea che quella potesse essere l’ultima cavalcata della sua vita; dopo quel che aveva vissuto in quei due giorni e mosso dalla prospettiva di poter ritrovare il traditore che pensava nascosto nei pressi del castrum, non vedeva l’ora di arrivare. Procedeva comunque con grande prudenza perché non ricordava con esattezza il tragitto compiuto per arrivare al Soudé con alla guida il burgundo e rischiava di perdersi in presenza di vegetazione che mascherava anche piccoli avallamenti ed anfratti, a rischio per la sua cavalcatura. Ma la difficoltà maggiore non proveniva dalla brughiera sulla quale il “nostro”, ben fermo sul dorso del suo ormai fido destriero, procedeva speditamente calpestando colonie di ginestrone nel pieno della loro annuale fioritura. Terenzio temeva il pericolo di qualche altro agguato da parte dei precedenti assalitori che, quando si erano allontanati dal posto dell’attacco, erano andati in direzione dell’accampamento romano. Aveva visto giusto, ma la fortuna quella notte non gli fece ricordare la strada seguita all’andata e così, compiendo un largo giro su quel soffice fondo argilloso e sabbioso, ricco di piante di brugo, evitò cattivi incontri.

Ecco l’accampamento! – Era quasi l’alba quando, in lontananza, avvistò alcune flebili luci. Erano i fuochi del castrum che, all’avvicinarsi dell’aurora, non venivano più alimentati ed andavano spegnendosi lentamente. Il povero cavallo, che lo aveva condotto sin là correndo per tutta la notte, dava chiari segni di stanchezza ed allora Terenzio, sensibile al suo sacrificio e ormai rassicurato dalla vista dell’accampamento, decise di scendere di groppa e di condurlo per mano, compiendo a piedi quell’ultimo tratto. Le sentinelle lo videro arrivare lentamente ed alla vista di quel povero essere barcollante, lacero e sporco ma con ancora indosso la sua cotta da eques romano gli consentirono immediato accesso andandogli incontro per sostenerlo e farlo subito rientrare. Qualcuno lo riconobbe come uno del drappello che aveva accompagnato Ezio nella sortita di qualche sera prima e subito fecero avvisare Lupus un rude soldato sulla cinquantina, con ispida barba coronante un volto burbero e scostante, il Legatus legionis più anziano fra i Comandanti delle Legioni presenti che, in assenza di Ezio, aveva assunto il comando dell’accampamento. Lupus, non avendo ancora ricevuto notizie sul risultato della missione, era ansioso di averne. Terenzio fu subito ammesso alla sua presenza e, con dovizia di particolari, raccontò quanto a sua conoscenza riscuotendo lodi ed ammirazione per il comportamento mantenuto.

Un particolare Terenzio aveva taciuto: quello relativo al tradimento della Guida – Difatti era divenuto ormai sospettoso e temeva la presenza di qualche altro complice, sembrandogli impossibile che fosse stato lo stesso Ruhr a fare segnali di avviso agli assalitori in agguato all’esterno. Ciò perché la Guida prima della partenza del drappello di Ezio era stata impegnata nei veloci preparativi per effettuare la spedizione decisa così all’improvviso e non aveva avuto il tempo di far segnali. Dunque si doveva sospettare la presenza di almeno un complice, certamente in grado di provocare qualche altro guaio. Gli sembrò quindi opportuno non divulgare la notizia per poterlo smascherare quanto prima. Non c’era più da fidarsi di nessuno e Terenzio, distrutto dalle emozioni e dalla fatica, accolse di buon grado il consiglio di andare in tenda a riposare.

Elvio, l’amico fidato – “Gliel’hai fatta, allora!” Elvio, l’amico fidato della sua giovinezza, comparso come al suo solito all’improvviso, lo attendeva all’interno della tenda, fiducioso di parlarci, orgoglioso di poter apprendere dal suo conterraneo, di cui ormai tutti parlavano, i particolari di quella mirabolante avventura. Terenzio celò anche a lui il tradimento della Guida ed i suoi sospetti, ma lo pregò di rimanere a vegliare sul suo sonno, promettendo più tardi un racconto completo. “Elvio, ti ringrazio per essere venuto, ma ora sono sfinito e voglio riposare ma, ti prego: rimani qui e proteggi il mio sonno, temo qualche altra sorpresa e non potrei difendermi da solo”. continua

di Giuseppe Sabbatini – con illustrazioni di Lorenzo Sabbatini

17 ottobre 2020

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