Il seggiolone, anche detto in dialetto maceratese “lu sejoló”, fu uno status symbol?

C’era una volta un bimbo… Potrei iniziare così questa storia che vuole riportare alla memoria un prezioso arredo desiderato da molte coppie di genitori.

Ogni epoca ha avuto i suoi status symbol e quello di cui vi parlo sicuramente lo è stato. Se vi dicessi di fare un elenco di questi oggetti particolari da esibire, forse nessuno citerebbe il “Seggiolone” (lu sejoló, in dialetto maceratese) per il bimbo. E sì, cari amici, non tutti i bambini, da piccoli, ne hanno avuto uno. Era solo per i più fortunati ed era un vanto averlo.

Vediamo… c’era il figlio del contadino che ne poteva usare uno, rozzo, realizzato lavorando con sega e raspa dal nonno. C’era la famiglia borghese che aveva il suo seggiolone in faggio tornito e c’era anche la famiglia facoltosa o nobile che aveva acquistato l’oggetto del desiderio, ancorché utile e necessario, in legno pregiato, tornito e intagliato a mano. In molti seggioloni sulla seduta c’era il buco per far fare la cacca al bimbetto.

Qualche seggiolone, invece, più tecnologico si poteva smontare e trasformare in sedia/tavolo adagiati a terra, oppure in girello. Il seggiolone si conservava gelosamente in casa e passava di padre in figlio, di generazione in generazione.

Il problema era che molte famiglie erano piene di pargoletti e non era facile averne uno per tutti. Si potrebbe dire: dimmi che Seggiolone hai avuto e ti dirò di che tenore era la tua famiglia.

Alberto Maria Marziali

6 ottobre 2020

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