Giovane artista ottantenne Ugo Caggiano è un dono della fantasia

Nella mattinata del  27 aprile 2020 Ugo Caggiano, “giovane artista ottantenne”, ha riconsegnato le chiavi. Pittore-scultore si definiva, ma riteniamo più giusto usare la parola che comprendeva entrambi i termini, e molto di più: POETA. Poeta giovane perché capace di giocare con l’arte quotidianamente, non tralasciando  di unire al gioco la poesia. Che cosa sono stati ottant’anni per uno spirito così?

Viene anche da pensare: che cosa sia la morte, dopo una vita vissuta e goduta nel pieno di una siffatta trascendente passione. Ripensando ad alcune sue opere – ma potremmo dire tutte – risulta con evidenza che Caggiano, sia nella “bi” che nella “tri” dimensionalità ha cercato di mettere pezzetti significativi della sua vita, quella immaginata e quella reale, a partire da un’infanzia, più volte da lui evocata anche in occasioni ‘pubbliche’, come ‘inizio’ della sua avventura di poeta.

Qualche anno fa, in occasione di una sua mostra personale in Palazzo Sangallo a Tolentino (https://www.larucola.org/2015/09/09/ugo-caggiano), a conclusione della cerimonia di inaugurazione, e dopo che la sua arte era stata commentata, sminuzzata, analizzata come al microscopio, lui volle prendere la parola, quasi di prepotenza, consapevole di averne il maggior diritto, per “dire la sua”, dopo che gli altri avevano esaurito le loro pur dignitosissime riflessioni.

Parlò della sua infanzia, con trepida gratitudine, come di una musa che mai lo aveva abbandonato; per significare che la sua arte partiva da lì, e traeva ancora il suo alimento essenziale da quella stagione. E non si riconosceva particolari meriti se non quello della fedeltà a ciò che aveva costituito la sua buona sorte.

Nessuno dei presenti, malgrado l’ora piuttosto tarda guardò l’orologio, e i suoi occhi arrossati ebbero la capacità d’intenerire buona parte degli astanti della stessa sua  commozione. Caro Ugo, con le tue opere e con le tue parole ci regalasti un pomeriggio di cultura che per alcuni di noi resta memorabile!

Altro ricordo assai vivo fu la mostra che “inventasti” all’interno degli spazi del Lube Store a Caldarola; la intitolasti “Pitto sculture mobili musicali”. Presentavi quadri e sculture inedite che la Direzione del Lube Store aveva avuto la sensibilità di capire e far conoscere all’interno di una struttura trasudante modernità. Esprimevi, attraverso una varietà di tecniche, che comprendeva anche il suono e la musica, un’arte a più tempi e significati, come risultante di una stratificazione di esperienze vissute, capaci di evidenziarsi originalmente a livello concettuale, linguistico ed estetico, senza sacrificio di una di queste componenti.

Erano i tuoi “giocattoli” mobili, colorati, armonici, divertenti, che per tua generosità offrivi anche a noi, per rallegrarci della tua fantasia. E il successo fu pieno. In una delle ultime telefonate tra noi ci piacque riferirti una storia che ti riguardava personalmente.

Conversando con Umberto Peschi nel suo studio, un pomeriggio d’inverno dei primi anni ‘90, lo scultore del ‘tarlo’ ragionando su ciò che di buono si andava proponendo dalle nostre parti, fece due nomi di artisti che a suo avviso erano tra i più validi in assoluto. Uno di questi nomi era il tuo. La cosa, a sentirla dopo anni, ti fece enorme piacere, perché il Peschi lo avevi conosciuto sin dai tempi dell’Istituto d’Arte a Macerata, e sempre apprezzato, anche se dichiaravi che il tuo maestro di elezione era stato Vincenzo Monti. Ma i due, pur antitetici nell’uso e nella visione dei linguaggi artistici si stimavano reciprocamente. Entrambi avevano ben visto e stimato le tue attitudini artistiche. E di arte certo se ne intendevano!

Caro Ugo, quanto avresti ancora avuto da dirci; quanto coraggio e quanta poesia avresti potuto ancora donarci per alleviarci gli animi anche nella tremenda situazione che stiamo vivendo! Dovremo ripiegare sulle opere che ci hai lasciato. E non è poco! Ciao poeta, e grazie di tutto!

Lucio Del Gobbo

13 giugno 2020

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