L’orrido scavato dal Tenna è il palcoscenico ove è vissuto Padre Pietro detto il “Muratore di Dio” nell’eremo di San Leonardo, conosciuto da chi frequenta la montagna. Fino a quando si spense, a 88 anni, padre Pietro lì è vissuto e le persone ci andavano a curiosare ma anche per partecipare alla messa, nella chiesa da lui ricostruita con l’aiuto di tanti volontari. Uno di questi, un elpidiense, mi raccontò un aneddoto. Il piccolo frate, al secolo Armando Lavini di Potenza Picena, colpiva per la barba e per l’aspetto semplice. Le sue omelie erano semplici e profonde. Era un buono che trascinava. Fu nei Cappuccini di Fermo a soli 9 anni e fu sacerdote a 25, destinato al santuario dell’Ambro. Salito su per l’Infernaccio ebbe il desiderio di ricostruire il sito benedettino, ridotto a rudere buono a ricovero per le pecore. Iniziò il 24 maggio 1970, senza soldi e senza la sicurezza di un po’ di cibo. Per giorni non dormì sotto un tetto ma sotto le stelle. Novello San Francesco sembrava aver avuto anche lui l’illuminazione divina: “Va’, ripara la mia casa!” e adempì una missione venuta dall’Alto. Sostenuto da una incrollabile fede in Dio, ha lavorato per decenni in un posto inaccessibile con la sola forza delle braccia, trasportando pietre e cemento con un asino e una carriola, prima di avere un trattorino. Un giorno mi confidò: “Mi è stato insegnato il latino ma mi è servito a nulla: avevo bisogno che qualcuno m’insegnasse a fare il muratore, ma ho imparato da solo”. Così, fatto il missionario in Africa, si trasformò in muratore e iniziò un lavoro solitario durato oltre quarant’anni. Lavorava illuminato dal desiderio di servire Dio, di farlo conoscere e amare. I montanari lo conobbero, gli fecero compagnia aiutandolo nell’operazioni difficili. Per avere l’indispensabile trattorino senza un soldo in tasca si era recato da una ditta emiliana: in fabbrica ebbero compassione di lui e glielo donarono. Su è giù per i Sibillini, in pieno Parco nazionale, lavorò senza autorizzazioni burocratiche. Per 39 anni visse senza elettricità. Scrisse il libro “Lassù sui monti…” (1999) per narrare la storia dell’antico monastero, delle locali bellezze naturali, delle storie e delle leggende dei Sibillini. Nel soggiorno in Valle d’Aosta, Papa Wojtyła andava per sentieri con questo libro in mano. Ma torniamo all’elpidiense che, salito all’eremo per trovare pace gli restò accanto per giorni accontentandosi del poco che Padre Pietro poteva offrire, lavorando con lui come muratore. Un giorno con altri montanari aveva lavorato sulle fondazioni della nuova torre dell’eremo. Tutto era andato bene. Alla fine mangiarono quel che offriva il… convento, scolando varie bottiglie di vino. Padre Pietro ne era ben fornito. Come non bastasse, al termine della mangiata lui tirò fuori un liquore strano, fatto con le erbe di montagna secondo una sua ricetta segreta. Finite le sbicchierate, il frate salì sul suo trattorino e tutti presero posto sul rimorchio, per tornare a valle. Il mezzo, rombante, scese per il ripido sentiero ma, a causa dell’alcol in corpo, il consacrato prese male una curva e il rimorchio si rovesciò facendo cadere gli occupanti lungo il monte. Lo spavento fu tanto. Il trattore restò in bilico su un grosso faggio. Tutti impauriti ma nessuno ferito! Fu così che scoppiarono in una sonora risata, durata a lungo, aspettando che si attenuassero gli effetti dell’alcol prima di iniziare nuovamente la discesa.
Alberto Maria Marziali
1 giugno 2020