C’era una volta… la fiera del 29 aprile ad Appignano, la cosiddetta fiera delle ochette e paperelle (c’è ancora ma non è più la stessa atmosfera). Siamo negli anni del dopoguerra, quelli che vanno dal 1955 al 1970, e l’Italia è in fermento, ci sono ripresa economica e sviluppo. Si asfaltano le strade: lavori eseguiti con criteri nuovi e duraturi. Si aprono le scuole di formazione professionale, anche nei piccoli centri come Appignano. Le corriere fanno servizio di collegamento tra i vari paesi del territorio maceratese e il capoluogo di provincia: Macerata Grànne. Era in questo fervore, in questo clima di rinascita che si svolgeva la fiera del 29 aprile.
La fiera – Quel giorno ad Appignano si vendeva di tutto e di più: polli ruspanti, galline, conigli, uova e, naturalmente, ochette e paperelle! C’erano gli animali da riproduzione, vitelle, vitelloni, mucche la cui vendita veniva sigillata da una stretta di mano fra fattori, contadini e sensali; il luogo di contrattazione era dietro la Cò (il vecchio macello) riempito dal vociare degli uomini, mentre nello slargo XX Settembre si svolgeva lo spettacolo della fiera.
L’incantatore di serpenti – Al bordo della fontana c’era l’incantatore di serpenti con tanto di piffero, che vendeva unguenti per curare dolori di ogni genere; il cantastorie intanto narrava le gesta di G. Lillini, mentre il pappagallo dai vivaci colori, appollaiato sul trespolo, dietro compenso di spiccioli, prediceva la fortuna. La scimmietta, invece, si divertiva a fare i dispetti ai malcapitati. Il gioco delle tre carte attira va uomini giovani e non e ancora il tiro a segno e altri giochi con il fucile ad aria compressa per chi avesse mano ferma e occhio attento.
I venditori – Tutto intorno, a schiera, i venditori ambulanti con le merci di prima necessità: pasta, salumi, zucchero, formaggi, baccalà, conserva di pomodoro; bancarelle con scarpe, tessuti per vestiti e per arredare la casa, cesti, canestri, lavori fatti a mano, sedie, sgabelli: un miscuglio di oggetti tutti idonei a soddisfare le necessità delle famiglie. Nei crocicchi, negli angoli vuoti le vergare con la pannella fornita di tasca per mettere i soldi che allora venivano legati in un fazzoletto, vendevano ochette e paperelle. Il mercato della frutta era rappresentato da un tale, arrivato con un furgone, che vendeva carciofi, finocchi e fave fresche. La via dei vasai era tutta una esposizione di vasellame in terracotta e non e le vergare facevano acquisti per l’arrivo della buona stagione.
Le ragazze e i giri del paese – Intanto le giovani donne da marito si divertivano a inanellare giri del paese per essere ammirate dai ragazzi. La musica correva da una traversa all’altra… era una festa di suoni, di colori, di odori… da atmosfere felliniane. La fiera ancora si rinnova ogni anno, ma dei “sapori” andati ben poco è rimasto. Oggi è un agglomerato di bancarelle con prodotti simili fra loro, con le persone stanche di tutto, che acquistano poco o niente… anche perché i centri commerciali sono pieni di tutto con comodità di scelta. Del folclore di un tempo è rimasto solo il ricordo in coloro che lo hanno vissuto e che di anni ne hanno, ormai, un bel po’.
Emilia Violini
15 aprile 2020