Il nostro dialetto è una vera e propria lingua

Il dialetto mediano, quello compreso tra Aso ed Esino sul versante adriatico per confluire tra Tevere e Aniene (Teverone) verso il Tirreno, ha un evidente sostrato piceno. È una vera e propria lingua e non una corruzione dell’italiano. In altri contesti e pubblicazioni spiego tutto questo. Qui voglio solo sottolineare una curiosità: il fatto che il nostro vernacolo ha ereditato un conflitto consonantico che la scuola non è riuscita (per fortuna) a estirpare. Ovvero, quasi tutte le nostre consonanti hanno un comportamento o una pronuncia diversa da quelle della lingua ufficiale, tanto che riconosciamo a orecchio i nostri conterranei durante le interviste radiofoniche o televisive… (ma è un marchio di cui dobbiamo essere orgogliosi).

Vediamo:

1 – “b” spesso diventa “v”;

2 – “c” spesso sonorizza in “g”;

3 – “d” viene attenuata in “đ”

4 – “g” si attenua in “ĵ” o in “j” (o palatalizza in “sc”) se dolce o in “g” (se dura);

5 – “l” spesso cade o diventa “r”;

6 – “m” tende a raddoppiare;

7 – “n” tende a palatalizzare in “gn”;

8 – “p” spesso sonorizza in “b”;

9 – “q” talora palatalizza in “k”;

10 – “r” raddoppia in inizio parola;

11 – “s” tende a palatalizzare in “sc” o esitare in “ds”;

12 – “t” spesso sonorizza in “d”;

13 – “v” tende a cadere;

14 – “z” dolce diventa dura;

15 – il gruppo “gli” perde regolarmente la “l” e palatalizza in “j”;

16 – il nesso “ng” cambia in “gn”.

Diverso e inappuntabile è invece il comportamento della “f”. Il latino a differenza dell’umbro/piceno/sabino non contemplava la “f” intervocalica (che era rimpiazzata dalla “b”), tanto che le parole italiane di derivazione latina che la comprendono (non composte e non ereditate dal greco né da altri ceppi linguistici) più che dal latino tardo vengono considerate provenienti dalla variante italica (come dire più arcaiche del latino stesso) come “bifolco”, “tafano”, “bufalo”, “gufo”, “rufo”, “cafone”, “zufolo”, “scarafaggio”, “scrofa”. La “f” greca (resa con “ph”) tra l’altro era bilabiale cioè pronunciata soffiando tra le labbra (anziché tra denti superiori e labbro inferiore). Che cosa sembra essere accaduto? Nella preistoria le lingue dei cacciatori-raccoglitori non avevano le labiodentali perché le arcate dentarie superiore e inferiore dovevano essere allineate per poter tranciare cibi grossi e fibrosi. Questo fatto ostacolava appunto la pronuncia di labiodentali, che invece divennero naturali quando la comparsa dell’agricoltura e del cibo morbido, permettendo l’arretramento della mandibola, ne permise e favorì l’articolazione. Nell’antica India e Roma i labiodentali sono stati un marchio di stato, segnalando una dieta più morbida e ricca. Poi queste consonanti si diffusero tanto che oggi appaiono in gran parte delle lingue indoeuropee. Ma il fatto che ben prima di Roma fossero stati i Piceni a farne uso (almeno della “f”) la dice lunga sulla storia della Dieta Mediterranea e sul percorso evolutivo della civiltà.

Lando Siliquini

14 marzo 2020

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