Il bambino

Dall’inedito “Caravaggio e le ombre dell’anima”

di Matteo Ricucci

 

Michelangelo Merisi non nacque, come si è sempre creduto, a Caravaggio ma a Milano e non nel 1573 ma nel 1571, come recentemente è stato dimostrato dal ricercatore Vittorio Pirami il quale ha scovato, tra gli antichi documenti della parrocchia di Santo Stefano in Brolo, a Milano, l’atto di nascita e di battesimo che afferma quanto segue: “Adì 30 fu batz.o Michel angelo f.de d. fermo merixio et d. Lutia de oratoribus/ compare d. fran.co sessa”. La frase in italiano afferma: “Oggi 30 Sett. fu battezzato Michelangelo, figlio del signor Fermo Merisi e della signora Lucia Aratori, compare il signor Francesco Sessa.”

 

La famiglia

Suo padre, Fermo, non era amministratore dei beni del casato Sforza-Colonna di Caravaggio, e nemmeno suo architetto, come il biografo Giulio Mancini ha voluto sostenere, ma soltanto un abile muratore che si po-teva fregiare, tutt’al più, del titolo di “Magister”, ovverosia di “mastro”, come, con più semplicità, oggi si qualifica l’opera d’un abile muratore. E’ anche poco probabile che la famiglia di Fermo Merisi fosse in stretti e confidenziali rapporti con i marchesi Sforza Colonna: la ventilata presenza di costoro quali presunti o pretesi testimoni alle seconde nozze di Fermo con la giovanissima Lucia Aratore, altro non fu che una cortesia feudale verso un suddito. Non è nemmeno certo che il piccolo Michelangelo fosse intimo dei figli dei marchesi e che i contatti tra Costanza e i piccoli Merisi fossero soltanto quelli della obbligatoria frequenza per tutti i bambini di Caravaggio alle lezioni di catechismo che la Marchesa impartiva personalmente, secondo i dettami di San Carlo Borromeo, nella parrocchia del santuario di Santa Maria della Fontana.

 

Il padre di Lucia

Da attente e difficili ricerche archivistiche si è scoperto che semmai ci furono concreti rapporti tra le due famiglie, essi furono per la collaborazione da parte della famiglia di Lucia Aratore il cui padre, Giovan Giacomo, agrimensore e ingegnere, fu un vero uomo di fiducia della casata Sforza-Colonna di Caravaggio per cui compare, come testimone, in quasi tutti i rogiti o atti notarili di quei nobili signori.

 

Le nutrici

Un’altra causa di frequenti e intensi rapporti tra la marchesa Costanza Sforza-Colonna e la famiglia Aratori fu l’assunzione, in qualità di “nutrici” o “balie” che dir si voglia, della signora Margherita Aratori, sorella di Lucia e di Caterina Merisi, sorella dello stesso Michelangelo. Questo compito durò per tutto il tempo che la marchesa Costanza procreò figli con una cadenza annuale e per dodici successive gravidanze dalle quali soltanto sei riuscirono a sopravvivere: tre maschi, Muzio, Fabrizio e Ludovico Maria e tre femmine, Faustina, Violante e Giovanna. Durante quel movimentato succedere di gravidanze e di parti, di allattamenti e di pappe, di nascite e di morti, la presenza delle due nutrici fu continuata e lunga, totale e impegnativa.

 

A bottega dal Peterzano

Forse da tutto ciò si può arguire un concreto e duraturo interesse da parte dei marchesi per la futura carriera di pittore del giovane Michelangelo. Infatti, in tenera età, egli dimostrò di possedere un talento naturale per i pennelli e per i colori, forse a causa di una sua probabile collaborazione al lavoro del padre nelle chiese del borgo che necessitavano di frequenti restauri. Sentimento questo che forse poté intensificarsi a causa della frequenza giornaliera ch’egli ebbe con la sagrestia del santuario di S. Maria della Fontana che doveva esser ricca di pale d’altare e di sculture di diversi autori di varie epoche e di preziosi arredi ecclesiastici, tanto da convincere la madre di affidarlo, per mezzo di un regolare rogito notarile, al pittore Simone Peterzano, ex allievo del Tiziano, affinché gli insegnasse il mestiere, pagando, per questo, circa ventiquattro scudi d’oro per ogni anno. Secondo le regole del tempo l’allievo diventava membro a tutti gli effetti della famiglia del Maestro, vivendo a tempo pieno nella sua casa. Non si hanno notizie della qualità dei rapporti che intercorsero tra i due, per quel lungo periodo, ma è certo che il ragazzo imparò bene l’arte.

 

 

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