Matteo e Bonifacio Degli Agostini, personaggi montolmesi del XVII secolo

Matteo Agostini di Montolmo, oggi Corridonia, visse nel XVII secolo. Come scrisse Gennaro Ravizza nel suo “Notizie biografiche che riguardano gli uomini illustri della città di Chieti” (Napoli 1830): fu prete, e Parroco Collegiale della Cattedrale  di Chieti. Nell’anno 1673 diede in luce in Macerata un Opuscolo di componimenti Poetici intitolato: Saggio del plausibile ingresso nella Città di Chieti dell’Illustrissimo Signor D. Camillo di Dura Mastro di Campo e Commendatore dell’Ordine di Calatrave. Il Ravizza non è molto preciso sul titolo dello scritto poiché quella che indica come titolo non è altro che la dedica dell’opera scenica Guglielmo Acceso. Guglielmo Acceso, detto da Vercelli o di Montevergine, nasce a Vercelli nel 1085 e muore a Sant’Angelo dei Lombardi nel 1142. Nel 1126 fonda la Congregazione Verginiana dopo aver edificato qualche anno prima, proprio sul Montevergine di Mercogliano, una primitiva chiesa diventata oggi un famoso santuario dedicato alla Madonna. La congregazione rimane autonoma fino al 1879 quando Leone XIII la unifica alla Congregazione Sublacense (Ordine di San Benedetto) che a sua volta nel 2013 è fusa con la Congregazione Cassinese. Il Guglielmo Acceso è una opera in quattordici scene, di 233 pagine, ambientata a Salerno nella corte normanna di Ruggero II (1095-1154), che volendo conoscere il santo lo invita presso la sua reggia. Il re per mettere alla prova la sua santità invia una meretrice di nome Agnese nella sua camera ma Guglielmo, per resistere alla tentazione, cosparge il letto di tizzoni ardenti per poi distendercisi sopra impedendo così alla donna di raggiungerlo. Un’opera davvero molto lunga, credo mai rappresentata, che ha anche nella introduzione sei pagine di dedica al nobile Camillo di Dura e tre sonetti di illustri e nobili personaggi chietini: D’Alessandro Valignano Marchese di Cepagatti, Donna Margarita Smirna e Antonio Lanuti; sicuramente finanziata dal Di Dura, fu stampata a Macerata nel 1673 dalla tipografia Giuseppe Piccini. La motivazione della dedica è spiegata dall’autore nel fatto che, da quando il nobile è governatore della provincia, la fame non ha colpito, né mai minacciato quella parte del Regno: anzi lo stesso ha provveduto a proprie spese ad acquistare grano per la popolazione e a sfamare chi fuggiva dalla carestia. Sul fatto che Matteo sia nato a Montolmo ci rassicura il libro “Notizie Istoriche delle opere degli scrittori Piceni” (Osimo 1790) e il solito Bartolazzi in “Memorie di Montolmo”, dove viene citato insieme al fratello, padre Bonifacio degli Agostini, Minore Conventuale, uomo di molto merito per virtù e dottrina che, come si legge nell’“Appendice alla Enciclopedia Italiana” (Venezia 1853), eletto esaminatore dei vescovi, resse in qualità di professore per 18 anni  il Collegio di San Buonaventura in Roma e incominciò ad illustrare la dottrina del Santo dottore. Padre Bonifacio pubblicò nel 1696, sempre in Roma, un grosso volume: Seraphici S. Bonaventura Ecclesia Doctoris super 4 Sententiarum Libros Theologia Iuris et facti. Tornato a Montolmo morì nel 1698 all’età di 68 anni nel convento di San Francesco, attualmente sede della Scuola Media. Fa riflettere il fatto che gli uomini a volte dedichino parte della loro vita a scritti che una volta stampati (quando va bene), pochissimi leggeranno e presto verranno del tutto dimenticati. Resteranno nell’oblio finché, chissà per quale motivo, verranno ritrovati da “ricercatori” che vagano nello sterminato mondo delle biblioteche alla ricerca di emozioni che uomini hanno lasciato impresse in pagine, sperando forse che qualcuno prima o poi le possa di nuovo fa rivivere.

Modestino Cacciurri

24 ottobre 2019

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