Noi siamo una goccia d’acqua che si è distaccata dal mare e che è destinata a tornare nel mare; che il mare dell’essere esista, è un dato di fatto, così si arriva a ciò che comunemente viene detto: Essere-Assoluto. Ma per dimostrare l’esistenza di tale assoluto, deve essere la ragione attraverso l’esperienza personale a partire dalla riflessione sulla realtà naturale, a verificare se sia possibile tale esistenza giungendo a una conoscenza cosi evidente da essere esibita come dimostrazione…
Già Platone accarezzava il progetto di riuscire a comunicare che gli dei esistessero…
Ma non si possono trovare argomenti o prove per dimostrare, né la esistenza di Dio e né, al contrario, la inesistenza. Come risposta a codesta impossibilità si dovrebbe allora cedere il passo all’idea del “Nulla” ma non si può avere percezione del Nulla, se non lo evochiamo in un luogo.
Nominarlo, è un modo per esorcizzarlo.
Il Nulla evocato, coincide con il sentimento della propria esposizione: ci si abbandona al nulla prima ch’egli vinca. Il sentimento della propria esposizione, al Nulla, si trova placato nell’abbandono di sé, al presente, ove tutto poi si raccoglie nell’Eternità. Per un attimo dobbiamo far riferimento alla poesia, infatti l’ars poetica in quanto pratica è una forma di vita, si può considerare la poesia come un “escamotage” vitale.
Il Nulla nominato in poesia è in un certo senso dominato.
In poesia ci si abbandona al Nulla, ancor prima che il Nulla ci vinca. Ne è una testimonianza il leopardiano verso dell’Infinito: “E mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni e la presente e viva”.
Potremmo forse distinguere questo Nulla come un doppio Nulla.
Da una parte il Nulla malefico che, pur aumentando le cose esistenti, contribuisce a conservare l’esistenza del Tutto. L’altra metà del Nulla, il Nulla benefico, rimane intatto alle spalle del mondo e anche oltre “l’ultimo orizzonte”. E la poesia reca con sé l’aura del Nulla!
Giove inventò l’espediente dell’eco, per salvare l’uomo dalla sua insistente noia mortale.
Quindi l’eco è un dono divino e al Dio venne ancora un’idea migliore: nascondere in valli e spelonche la voce del vento e con l’eco, tutto assieme, dare origine al sogno!
La poesia è l’Eco del Nulla nella valle del linguaggio.
Il mondo quindi non esiste che per finire in una nenia che culla il niente in un malinconico incomprensibile sortilegio del Nulla!
Di positivo non ci rimane che il sogno, nel quale nasconderci.
Sogno o speranza? Sta a noi la scelta del rischio!
Nietzsche si definì il “primo perfetto nichilista Europeo” ma in realtà dovrebbe condividere questo “primato” con Leopardi, che era considerato troppo lamentoso per essere un vero nichilista! Ma che, tuttavia, ha disperatamente affermato la vita per resistere a tutte le lusinghe del Nulla. Infatti conclude Nietzsche: dopo Leopardi “Tutta la esistenza ha perduto il suo senso”. Leopardi scoprì che l’altra metà del Nulla è ancora un altro Nulla. Ecco che sta al poeta “Nulla creatore” trasformare il Nulla in un Tutto per vivere, con la poesia, il malinconico alfabeto del Nulla e della felicità!
Fulvia Foti
7 settembre 2019