Sono là, dove si disfano i pensieri dell’estate
tra le erbe folte e le pietre del selciato,
dove attorno a radici s’avvolge la serpe.
Era il tempo vuoto e sospeso degli inganni,
quando la luce del mattino
s’apriva sulle umide zolle,
sulle vigne e sui verdi orti.
Ora il silenzio di sagome immobili
nell’alba avvolta di brine:
restano solo nomi che l’ispido rovo
copre in grovigli di memoria.
Sono venuta a cercarvi
dentro l’odore di paglia bruciata
e il caldo profumo di pane,
dentro il varco soleggiato
in cui s’annida l’ombra del tempo.
Ben riconosco le vostre risate
ruzzolare in girotondi chiassosi,
in cantilene sonore, in vortici di felicità
vestiti di grembiulini a quadretti rossi.
Tra le gobbe del terreno vi vedo uscire
dai nascondigli ad uno ad uno;
siete lì, coi vecchi sassi ad aspettarmi
per rincorrere i balzi delle rane,
il gatto sul cornicione,
per l’ultimo giro di giostra.
Improvviso il brulichio assordante
degli storni vi porta via: fuggite per i campi
fino a disperdervi in suggestioni
di macchie e di punti, in balli alati
e poi scomparire
sotto la coltre tiepida del ricordo.
Angela Catolfi
9 agosto 2019