A Gelagna, minuscolo borgo che sta tra Muccia e Serravalle di Chienti tra i monti e i boschi appenninici, esiste un sito di archeologia industriale che fin dal 1400, grazie alla forza delle acque del fiume Chienti, era adibito a mulino e, successivamente nel 1910, a centrale di produzione di energia elettrica, oggi ritornata a funzionare.
I fondatori
La storia della officina idroelettrica parte da Domenico Barboni e dalla moglie Maddalena Cimica che fondarono la “Barboni Domenico & Figli” come evoluzione del preesistente mulino. Già il mulino era una risorsa fondamentale per la popolazione agricola montana, tanto che il sito produttivo di Gelagna era segnalato come “Molino” in una mappa del 1600, ma divenne ancora più importante quando, con la sua trasformazione, fu in grado di portare la “Luce” e il conseguente utilizzo della energia elettrica, nelle case e nelle aziende di Muccia, di Serravalle e perfino di Colfiorito.
L’Esposizione regionale di Macerata del 1905
L’input per la coraggiosa avventura industriale venne stimolato, probabilmente, dalla visita alla Esposizione regionale di Macerata del 1905, che fece conoscere le innovazioni e le scoperte di fine Ottocento, stimolando gli imprenditori del territorio più aperti e più coraggiosi ad adeguarsi ai tempi, anticipando nei luoghi di loro interesse le nuove scoperte. Domenico percepì la potenzialità della introduzione dell’energia elettrica in una zona rurale che nei confronti delle innovazioni industriali appariva ai suoi occhi per quello che era: arretrata, perciò più povera del dovuto. A Gelagna ci fu, così, un passo importante che consentì alla popolazione di ottenere una qualità della vita migliore, senza snaturare quella che era la vocazione prevalentemente rurale del territorio.
Energia invisibile
Infatti, quella energia misteriosa perché invisibile che correva entro i fili di rame portò nelle abitazioni sì la luce, pur fioca (di appena 5 watt), ma anche la forza per muovere senza fatica i mezzi agricoli per la trebbiatura dei cereali e la pressatura dei foraggi. La famiglia Barboni, anticipando i tempi della elettrificazione generalizzata, dalla popolazione locale fu considerata come una benefattrice, più che una pionieristica innovatrice, in quanto la sua Officina Idroelettrica distribuiva l’energia elettrica direttamente nelle case degli utenti, installazione compresa.
Un servizio completo
Infatti l’azienda, in un settore ancora considerato “terra di nessuno”, non produceva solo energia ma si era organizzata per predisporre le linee elettriche esterne, dalla centrale di produzione fino all’utilizzatore finale, e di installare l’impiantistica interna anche nelle case degli utenti, con le valvole fusibili a “tabacchiera”, le prese di corrente di cui la maggior parte delle persone non capiva bene a cosa servissero non avendo in casa “aggeggi” elettrici; gli interruttori erano a chiavetta o a peretta, il tutto in porcellana o in bachelite se non in legno (oggetti che oggi si trovano nelle bancarelle di antiquariato).
Miracolo! e la luce fu…
Quando finalmente, a conclusione dei lavori, sul soffitto della cucina veniva posizionato il“lampadario”, allora consistente in un piatto bianco smaltato, al massimo arricchito da una righina azzurra sul bordo, avveniva il miracolo della lampadina: dopo essere stata avvitata, con estrema attenzione e accortezza, arrivava il gesto semplice ma solenne, che spettava al capofamiglia, di attivazione dell’interruttore che portava la luce nella stanza! Non più le candele o il lume a petrolio ma luce elettrica. La potenza era scarsa ma l’effetto era… illuminante!
Bollette a forfait
Le bollette erano emesse direttamente dalla “Barboni Domenico & Figli” non a consumo ma a forfait, e senza troppa fretta nella riscossione. Questo stato di cose ebbe termine verso il 1960 quando ci fu la nazionalizzazione dell’energia elettrica e tutta la produzione della piccola centrale di Gelagna doveva essere integralmente ceduta all’Enel, azienda di Stato. Nell’anno 1985 la centrale idroelettrica venne dismessa.
Oggi turbine efficienti ma acqua scarsa
Ma non fu la fine, perché alcuni anni fa è stata riattivata in quanto, dopo mezzo secolo di nazionalizzazione, l’energia è stata di nuovo privatizzata. Attualmente le antiche turbine sono ancora efficienti e l’interno della Officina conserva un fascino di altri tempi, con le vecchie strumentazioni perfettamente conservate che rendono il luogo pari a un museo. La produzione di energia elettrica non è, però, costante perché è calato il rifornimento di acqua. Più a monte ci sono altri che ne fanno un utilizzo tale che la portata del canale si è molto ridotta. Tuttavia il recupero di questo complesso produttivo ha più valenze. Oltre a essere un segno di rispetto per il territorio e per le generazioni di persone che vi hanno lavorato, che vi sono vissute e che ne hanno tratto sostentamento, dona un nuovo senso sia al territorio che al patrimonio culturale e, se fosse utilizzato a fini turistici potrebbe essere utile a muovere l’economia locale. Intanto, nella casa posta sopra il vecchio mulino, sotto il quale scorre il Chienti, il signor Fausto Barboni ha aperto un accogliente Bed & Breakfast con suggestiva veduta sul corso d’acqua.
Servizio e foto di Fernando Pallocchini
31 luglio 2019