Riceviamo e pubblichiamo da Elena Leonardi, Capogruppo Fratelli d’Italia nel Consiglio regionale delle Marche.
“Siamo terremotati, non abusivi”. Era lo slogan di una protesta dei cittadini sfollati che chiedevano uno spiraglio normativo – oltre che di comprensione e buon senso – dopo le vicende emerse con i fatti di “nonna Peppina”.
Invece è stato considerato terremotato e abusivo
Fa male leggere la notizia della condanna inflitta con due mesi di arresto e una multa di 7500 euro al terremotato di Acquasanta finito sotto processo per aver realizzato una sistemazione di emergenza, seppure senza i permessi necessari, al posto di una rimessa per attrezzi agricoli, nella frazione di San Vito (una di quelle tante frazioni svuotate dal sisma dove ora regnano macerie e silenzio).
Casetta realizzata a proprie spese e su terreno di proprietà
Una piccola abitazione, un manufatto di legno facilmente rimovibile ma che in quel momento di emergenza e forte incertezza avrebbe potuto garantire a lui e a suo padre, nel frattempo deceduto, un tetto sulla testa, un po’ di tranquillità, una sistemazione di fortuna realizzata a proprie spese su un terreno di proprietà.
Battaglia in Tribunale
Invece tutto è finito in una battaglia nelle aule di un tribunale, come se la violenza della natura non avesse già fatto il suo corso e “inflitto” la sua punizione a decine di migliaia di persone. Una battaglia che, invece, se presa per tempo avrebbe potuto alleviare questi anni di sofferenze e allontanamenti e tante scocciature giudiziarie per chi ha solo la “colpa” di aver perso tutto.
Le colpe
Non si tratta di voler premiare chi non rispetta le regole, ma di sottolineare come scelte sbagliate imposte fin dall’inizio siano sfociate in situazioni come quella del terremotato “abusivo” di Acquasanta, oggi condannato. Scelte sbagliate che hanno portato ad evidenti storture che considerano “abusive” persone che hanno perso tutto e che in una situazione di estrema necessità hanno impiegato i propri risparmi per trovare una soluzione immediata, soluzione che lo Stato non ha saputo garantirgli consegnando le Sae con enormi ritardi.
Le riflessioni
Certe vicende devono necessariamente aprire una riflessione. Siamo passati dalla casetta di nonna Peppina ai vari interventi normativi successivi, che hanno cercato di mettere una pezza senza essere davvero efficaci (solo con il recentissimo emendamento allo Sblocca Cantieri si dà il via libera concretamente alle casette provvisorie). In questa direzione andavano le due proposte di legge che ho presentato nel settembre del 2017. La prima alla Regione Marche, per consentire la realizzazione di Soluzioni abitative di emergenza in prossimità dei luoghi di origine e residenza, piccole casette removibili e temporanee, proposta di legge che è stata bocciata dalla maggioranza. La seconda era da inviare al Parlamento per modificare il codice nazionale del paesaggio, proprio per evitare le sanzioni per chi avesse realizzato le piccole casette durante l’emergenza post-terremoto.
Le Sae “milionarie”
Un sistema che ha considerato abusive delle piccole casette di legno a costo zero per lo Stato, ma ha visto la costruzione di Sae “milionarie”, costate fior fiore di soldi tra strutture e interventi di sbancamento e urbanizzazione per realizzare queste aree abitative che di emergenziale hanno poco e che resteranno a carico dei Comuni. Interventi con costi di gestione che certamente si prospettano importanti in un futuro neanche troppo lontano, visto che ci siamo resi conto già in questi primi due anni che le Sae hanno necessitato spesso di una manutenzione, se non addirittura di un rifacimento, come la questione delle muffe o delle tubature, fondamentalmente non adatte ad un clima rigido come quello sui Sibillini. Scegliendo un’altra strada, che per me resta quella del buon senso da applicare poi a quella normativa, sicuramente si sarebbero potute evitare tante problematiche delle quali poi, alla fine, pagano i conti sempre e solo i terremotati.
5 luglio 2019