Nota del Direttore Fernando Pallocchini: quanto tempo è che spieghiamo, descrivendola con cura, con dati e nomi e cognomi, la situazione cui va incontro la Sanità regionale delle Marche? Ecco un altro tassello della manovra iniqua che la Giunta Ceriscioli sta conducendo in porto sulla pelle dei “sudditi” marchigiani. Sudditi, sì! Perché subiscono in silenzio e continuano a votare le amministrazioni conniventi con questa disastrosa vicenda. Spero vivamente che leggiate questo comunicato, purtroppo e per l’ennesima volta illuminante, del Comitato pro Ospedali Pubblici delle Marche.
Il comunicato
Prima i tagli, poi il declassamento, infine la cessione al privato. Ecco che fine faranno i nostri ospedali! Il caso dell’ospedale di Sassocorvaro in provincia di Pesaro-Urbino sia da monito per gli amministratori della provincia di Macerata!
Questa è la fine che faranno anche gli ospedali di rete di Civitanova, San Severino, Fabriano, Osimo, Senigallia, Pergola, Fano, Amandola ecc. ecc.
E ancora prima di questi la stanno facendo Recanati, Tolentino, Matelica, Cingoli, Treia, Loreto e altri ex ospedali di rete, prima declassati in strutture di comunità cioè cronicari con qualche ambulatorio part-time, e ora destinati alla svendita al privato.
Altra vittima: ospedale Lanciarini di Sassocorvaro
In data 10 giugno la Regione ha deliberato per il Lanciarini di Sassocorvaro, il primo dei 13 ospedali declassati da Ceriscioli in soli 3 anni e mezzo in case della salute e di comunità, cioè in pratica ospedali “chiusi a porte aperte”, la trasformazione da casa della salute, appunto, a ospedale privato “completo”, dotato cioè anche della chirurgia.
Quella chirurgia che in regime di gestione pubblica solo 3 anni fa era stata chiusa, in fase di declassamento della struttura, la quale ora invece viene riqualificata, nuovamente innalzata di livello, ma in direzione “privatistica”.
La gestione privata che finora riguardava alcuni singoli reparti interni (già privatizzati erano infatti l’ortopedia e la riabilitazione ad esempio) ora riguarderà l’intera clinica ed è interamente in mano alla Kos (gruppo CIR) di De Benedetti.
Anche sugli Ospedali unici lo zampino di De Benedetti
Tutto questo avviene in parallelo con l’opera faraonica di costruzione di 6 nuovi maxistrutture ospedaliere provinciali costosissime (si stima un “impegno” complessivo per la Regione di circa 5,5 miliardi di euro in 30 anni) e finanziate con Project Financing, il cui pool di imprese costruttrici e finanziatrici è anche in questo caso capeggiato dal gruppo De Benedetti. Insomma pure nelle Marche la spinta neoliberista ha purtroppo compromesso ed ipotecato per sempre il diritto alla salute pubblica secondo principi di giustizia, equità ed accessibilità universale.
Il disegno era delineato e ci era ormai chiaro da tempo: nelle nostre assemblee e incontri lo abbiamo illustrato ampiamente.
La manovra è partita da Roma nel 2012
La Legge Balduzzi 2012 del governo Monti ed il D.M.70/2015 Lorenzin da un lato hanno introdotto nella Sanità italiana stringenti logiche legate al vincolo di bilancio pubblico che inducono a drastici tagli, dall’altro impongono il rispetto di parametri numerici e il superamento di soglie quantitative inerenti i volumi di servizi e prestazioni erogati, presupponendo che al di sotto di tali valori minimi non siano garantiti ai cittadini i requisiti di sicurezza e di qualità del servizio sanitario stesso. Le Regioni quindi, se per rispettare il vincolo di bilancio attuano pesanti riduzioni (di posti letto, prestazioni ambulatoriali e altri servizi, personale medico e ospedaliero…), parallelamente a causa della minore offerta e dei minori volumi annui di erogazioni che ne conseguono, possono deliberare secondo i principi di precauzione e di appropriatezza, la chiusura di reparti e funzionalità laddove quei “paletti” quantitativi e i requisiti numerici minimi introdotti dalle normative Balduzzi-Monti e Lorenzin non vengono più raggiunti.
In 40 mesi chiusi 13 ospedali
Questo paradosso mortale per cui l’obiettivo mancato determina il ridimensionamento o la chiusura di una struttura anziché il suo potenziamento e miglioramento, questo meccanismo diabolico innescato ad arte e alimentato dalle logiche neoliberiste ed ultracapitalistiche sottese alla politica di massiccia privatizzazione cui é stata sottoposta la Sanità italiana proprio sull’impulso delle norme sopra citate, si sta perfettamente, subdolamente, silenziosamente concretizzando nelle regioni che come le Marche sono state le più solerti e “politicamente motivate” ad assecondare tale tendenza. Nelle regioni come la nostra il circolo vizioso “tagli-declassamento-cessione al privato” ha portato alla soppressione di servizi sanitari e reparti in quasi tutti gli ospedali di rete, fino addirittura alla chiusura totale in soli tre anni e mezzo di ben 13 ospedali, riconvertiti in mere strutture di comunità.
Gli ospedali chiusi poi, da privati, riaprono
Ed il cerchio si chiude con la cessione graduale di tutte le unità interne, eccezion fatta per i pronto soccorso ed altre funzioni economicamente meno vantaggiose, alle aziende private dei soliti noti, le quali poi chiedono e ottengono in regime di “gestione privata” spesso addirittura “convenzionata”, la possibilità di ricollocazione di posti letto dismessi e la riapertura di reparti chiusi precedentemente quando la struttura era ancora un ospedale pubblico.
L’esempio pratico di Sassocorvaro
Emblematico è l’esempio dell’ospedale Lanciarini di Sassocorvaro in provincia di Pesaro-Urbino, che insieme al nosocomio di Cagli, anch’esso prima ridimensionato e poi privatizzato, ha fatto da ospedale capofila della scellerata politica regionale ceriscioliana di depauperamento della Sanità pubblica. A Sassocorvaro la chirurgia generale a cui ora il privato può ridare l’avvio, era stata soppressa nella medesima struttura solo pochi anni fa, quando quello di Saccorvaro era ancora un ospedale pubblico. La ratio di tale dismissione risiedeva nell’assenza della rianimazione, mancanza che tutt’ora permane, e nella conseguente presunta situazione pregiudizievole per la sicurezza dei pazienti.
I requisiti minimi per il privato non valgono più
Ci si domanda secondo quali criteri, alcuni requisiti quantitativi minimi del D.M.70 Balduzzi-Lorenzin e la sua stessa ratio legis, ossia quel principio di precauzione atto a tutelare i cittadini nel loro diritto di ricevere cure e presentazioni mediche in completa e totale sicurezza, fatti valere quando l’ospedale era ancora un “soggetto pubblico”, siano stato incredibilmente ignorati con le recentissime delibere di giunta (D.G.R 602 del 21/05/19 – D.G.R. 104 del 10/06/19) ora che il medesimo ospedale opera con gestione privata.
Beatrice Marinelli
Vice Presidente per la Provincia Macerata e Membro del Direttivo Regionale del “Comitato pro ospedali pubblici delle Marche”
17 giugno 2019