Molti di noi (anche tra gli aderenti ai Sindacati, per loro ammissione: mi pare ormai delusi), pur non condividendo le politiche di questo Governo, hanno atteso mese dopo mese che arrivasse un cambiamento che purtroppo non si è visto: qualche provvedimento non ben finalizzato o forse assistenziale è arrivato, poi annunci come prima e una lunga, continua ed estenuante campagna elettorale.
I problemi
Le fabbriche piccole o grandi chiudono o vanno via dall’Italia, l’occupazione non migliora, i giovani continuano, formati in Italia, ad andare e stabilirsi all’estero, il debito aumenta, la produzione industriale continua a diminuire…: tutti dati forniti dall’Istat e non da una manina che è pregiudizialmente contro questo Governo.
Si attendeva un passo diverso
Le crisi aziendali, la chiusura di alcuni stabilimenti, la sopravvivenza di alcuni territori, sono oggetto di esame al Ministero dell’Industria, riguardano 160 imprese per assicurare il posto di lavoro a circa 200.000 lavoratori e assicurare lo sviluppo ad alcuni territori: non è che sbattendo i pugni sul tavolo, nemmeno con le promesse o i rinvii, si risolvono problemi aziendali e territoriali che sono sicuramente complessi e che attendono ormai da tempo: ci saranno state responsabilità dei precedenti governi, ma da quello del “cambiamento” ci aspettavamo – anche quelli che non sono d’accordo – un passo diverso.
Alitalia, Ilva, Fca
Per l’Alitalia i “contribuenti” continuano a pagare fior di quattrini (solo quelli che sono obbligatoriamente sono in regola con il fisco: in larga maggioranza lavoratori dipendenti e pensionati); non c’è certezza, per l’Ilva di Taranto dove vanno salvaguardati undici mila posti di lavoro (le famiglie si difendono non con le chiacchere ma con il lavoro), dove non si sa se sarà risanato l’ambiente e se si continuerà a produrre nelle fabbriche siderurgiche.
Per l’Fca, l’ex Fiat ora multinazionale, rispetto alla presenza di un grande progetto per realizzare positivamente, soprattutto per i lavoratori, un gruppo Europeo e mondiale dell’auto, si è sentita poco la voce dei Sindacati, e per nulla quella del Governo forse distratto da altri problemi politici.
Macron frena il libero mercato
Il nazionalismo francese di Macron, non ha solo frenato il libero mercato, tanto decantato nella Ue, ma ha impedito che la Renault definisse, alla pari, un’intesa con l’italiana Fiat, così come aveva fatto con i cantieri navali francesi (Stx). É nato intanto – gli stati non possono frenare le intese sovranazionali – un polo cantieristco militare europeo, alla pari, con l’Italiana Fincantieri, nel silenzio del Governo Italiano e dei Sindacati di settore: i metalmeccanici comunque rivendicano una politica idustriale comune e maggiori interventi nel sociale anche a.livello europeo.
Grosse aziende in difficoltà
L’Alcoa e la Sardegna attendono ancora un piano di sviluppo promesso e piangono per il latte versato, i lavoratori in cassa integrazione aumentano e non ci sono certezze; la Whirlphool (era previsto negli accordi che sarebbero stati ritirati i sostegni pubblici: speriamo che non si apra una “voragine” anche per l’ex Merloni) chiude a Napoli; Mercatone Uno serra le porte improvvisamente; la Pernigotti delocalizza, come tante aziende, all’estero e questo Governo si accontenta che percentuamente la disoccupazione è diminuita dello 0,1%, ma alle porte si presenta l’avvio della procedura per debito eccessivo dell’Italia da parte della Ue.
I Sindacati
I Sindacati hanno risposto alla pericolosa situazione della nostra economia priva di investimenti con manifestazioni nazionali di categoria (quelle territoriali vanno intesificate); si attende quella del disastrato Mezzogiorno che ha bisogno di una diversa classe politica meridionalista – non solo meridionale – e di futuro. Ora il Paese aspetta lo Sciopero Generale.
Tutta questa pressione avrà successo se sarà sostenuta da un solido progetto per l’unità.
Giulio Lattanzi
17 giugno 2019