Toh! Va’ chi c’è!

Quant’è picculu lu munnu!

 

I nostri vecchi, quando incontravano una persona che abitava in un paese lontano, dicevano: “Quant’è picculu lu munnu!” Dunque… ero un ragazzotto ventenne quando la scuola ci portò in Germania per una gita d’istruzione, a vedere una grossa azienda agricola, su nel nord. La prima notte dovevamo fare tappa in un albergo a Monaco.

 

…Anche soréta non cojona!

Giunti in questa città (non c’era il “navigatore” perché ancora nessuno lo aveva inventato) ci siamo persi. L’autista aveva fermato il pullman accanto un marciapiede per cercare qualcuno che parlava italiano, per farsi indicare la direzione giusta. Mi ero affacciato al finestrino e vedendo un pezzu de gnocca che non finìa più ho esclamato: “Guardate che straccia de topa che adè quella!” Dal marciapiede uno mi rispose: “Scì Cisirì, ma anche soréta non cojona!” E’ vero che mia sorella era una gran bella ragazza ma rimasi come un tonto. Poi lo riconobbi, era un ragazzo di rione Marche, dove abitavo anche io, che era venuto a lavorare in Germania da una decina di anni. Ci siamo abbracciati, è salito sul pullman e ci ha condotto all’albergo. Mi direte: “Va vè’… è statu un casu!” Sì, bene, però sentite quest’altra…

 

“Faccia da caùlu sarrài tu e tutti li parendi tua!”

Arrivati sul paesino nostra meta abbiamo visto ciò che dovevamo vedere, poi la sera siamo usciti. Ci avevano detto che c’era una gelateria di un italiano e che costui, quando incontrava i connazionali, faceva una grande festa. Abbiamo cercato inutilmente, a un incrocio stava fermo un tizio, mi avvicino e chiedo: “Per piacere, gelateria italiana!?” e je faccio cennu de liccà’ lu gelatu. Mi guarda e si mette a ridere senza dire niente. Rivolto ai miei amici esclamo: “‘Sta faccia da caùlu adè tedescu e non capisce cosa!” Al che il tizio dice: “Faccia da caùlu sarrài tu e tutti li parendi tua!” Allora ci siamo messi a parlare, ci ha raccontato che era di Montegranaro e stava lì da diversi anni a lavorare. Ci ha portato in gelateria e abbiamo fatto una grande festa. Sarà stato un altro caso?

 

Puzza de cucciulitti

Ebbene, due anni fa, essendo la moglie de fijumu più granne polacca, con mia moglie e loro due siamo andati a conoscere quella bella nazione che è la Polonia. Giunti a Cracovia abbiamo parcheggiato in una piazzetta e ci siamo avviati verso il centro, distante un migliaio di metri. Fatti nemmeno dieci passi sentiamo una voce di donna che sgagghja: “Cisirì, che cce fai tu qui!?” Mi giro meravigliato e mi trovo davanti una mia cara amica di Macerata, in gita con i colleghi. Saluti, scambio di cortesie… e via! Fatto il giro della bella città, visitati tutti i luoghi che ricordavano il Papa e i vari monumenti ci siamo messi a pranzare in un ristorante attrezzato con i tavoli all’aperto. Mentre stavamo mangiando mi giro e vedo arrivare, poco distanti, due ragazzi di Porto Potenza ai quali avevo insegnato. Loro non ci avevano visto. Quanno ci-adè ‘rriàti a tiru, porbio ‘ccando a nuantri, hagghjo ditto forte: “Su ‘sta piazza, anghj se adè polacca, se sende ‘na gran puzza de cucciulitti!” (cucciulitti è il soprannome degli abi-tanti di Porto Potenza). Loro si fermano comme se fusse stati furminati da ‘na saetta… si guardano intorno poi, quando mi riconoscono, scoppiano a ridere come matti! Ci siamo salutati e ci siamo raccontati come mai stavamo tutti nello stesso posto. Ancora oggi, quando ci rincontriamo a casa nostra ci torna in mente quello strano incontro in terra straniera. Ecco! Vi ho raccontato queste storie pensando a quel che diceva sempre nonno: “Recòrdete Cisirì che lu munnu pare granne granne… immece adè picculu picculu e per quanto vai londano quarcuno che cunusci lu stròi sembre!”

Cesare Angeletti

 

 

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