Negli anni ’20 si raccontava l’episodio scolastico che aveva per protagonista un contadinello, figlio di un curtinaréllu (coltivatore di un piccolo terreno) insediato in contrada Fontemurata, poco fuori Porta San Donato. Il ragazzino, di nome Benedetto, veniva chiamato Vittìno (vezzeggiativo di Vétto, a sua volta diminutivo dialettale di Benedetto) e frequentava non una scuola rurale ma la scuola elementare del centro urbano, data la prossimità della curtina a esso. All’epoca gli scolari avevano scuola sia al mattino che al pomeriggio e per il pranzo tornavano a casa. Si era in pieno autunno e il nostro Vittìno, ragazzo sano, robusto e bene in carne, ogni dopopranzo si presentava a scuola che sembrava dovesse esplodere, tanto era acceso in volto per la corsa fatta e per il pasto appena consumato. Il maestro, colpito da questo suo aspetto gagliardo e vedendolo ben pasciuto, gli chiese un giorno cosa avesse mangiato e il nostro torello, orgogliosamente, rispose: “Pastasciucca, sòr maéstru!” (Pastasciutta signor maestro!). Il giorno seguente, e poi l’altro successivo, prima di dare inizio alla lezione pomeridiana, il maestro continuò a chiedere incuriosito: “Cosa hai mangiato oggi, Bettino? e il ragazzo: “Pastasciucca, sòr maéstru!” Il maestro sempre più si meravigliava di questa immutabile risposta, non credendo possibile che nella casa di un povero curtinaréllu si potessero mangiare maccheroni tutti i santi giorni, quando dappertutto si mangiava polenta. Un giorno, subito dopo aver ottenuto da Vittìno la solita risposta, gli chiese a bruciapelo: “E quante fette ne hai mangiate?” – “Sètte fétte sòr maéstru!” (Sette fette signor maestro). Alla involontaria confessione abilmente estorta tutta la scolaresca scoppiò a ridere e Vittìno, avendo capito di aver messo a nudo la sua povertà, mortificato per la bugia scoperta, stava sul punto di scoppiare a piangere ma il maestro gli si rivolse così: “Non ti devi vergognare di mangiare polenta tutti i giorni, perché i tuoi compagni che abitano in paese mangiano polenta, e ne mangio anche io più delle tue sette fette, caro Bettino”. Allora al rinfrancato Vittìno scappò subito detto: “Ma le mìe, de fette, adè più nnèrte!” (Ma le mie fette sono più spesse!). La scolaresca, che dopo il discorso del maestro aveva cessato di ridere alle spalle di Vittìno, a questa uscita scoppiò nuovamente a ridere!
17 febbraio 2019