L’immaginazione è una terapia formidabile per sciogliere le nostre tensioni, elaborare e alleggerire situazioni spesso complicate della nostra quotidianità. La Maccari immagina questa commedia nei dettagli e nei dettagli la descrive: la scenografia, i personaggi, la trama divisa in atti e scene, pronta per la rappresentazione. Le scene sono brevi, sui tre minuti ognuna, ma sufficienti per esprimere in modo immediato i concetti, più complessi di quanto possano sembrare al primo impatto. Scrive in modo complesso, l’autrice, un modo tutto suo, ermetico e svelabile solo quando si riescono a capire profondamente i personaggi. L’ambientazione dell’immaginato palcoscenico è perfetta: lo studio di un avvocato, dove si susseguono veloci incursioni di familiari, clienti e dirimpettai. Chi sono costoro? Persone attuali, che conosciamo e incontriamo tutti i giorni; non c’è la scontata contrapposizione tra buono e cattivo ma dei lampi (dobbiamo proprio chiamarli flash?) sulle debolezze e le perversioni più intime, sui modi di esprimersi spontanei e spesso volgari, che restano simpatici solo a chi li usa, non a chi li vede e ascolta. Sono momenti di scadimento in cui a tutti capita di cadere, quando non ci controlliamo e vomitiamo un pensiero, piuttosto che misurarlo ed esprimerlo con semplice purezza. Da dove viene il vizio, cosa lo scatena? La debolezza umana, la tentazione del sesso e del denaro… e poi, alla fine, se proprio vogliamo giudicare chi è un po’ peggiore o un po’ migliore, si deve ammettere che il ricco e istruito, che dovrebbe dare esempio e condivisione di finezza, è un po’ più basso di chi dalla vita ha avuto meno.
Simonetta Borgiani
19 dicembre 2018