Il testo principale consultato per questa ricerca è dell’anno 1861, si intitola “La Forêt Charbonnière” e comincia così: “On ignore généralement ce que comprenait cette ancienne forèt, qui couvrait, aux VI et VII siècles, une grande partie du sol Belge”. In parole povere: “Questa Selva Carbonaria, che spesso viene citata nei testi del VI e VII secolo, doveva essere così vasta da occupare gran parte del suolo Belga, ma oggi non ce n’è più traccia, per poter dire con sicurezza dove realmente fosse”.
Nelle storie di Santa Gertrude, Santa Begga, Pipino di Landen
Questa “Carbonaria Silva” l’abbiamo incontrata nelle storie di Santa Gertrude, di Santa Begga e del loro padre Pipino di Landen: “Pipino di Landen amministrava con giuste leggi il popolo nei territori compresi tra la Selva Carbonara e il Fiume Mosa” (Vita S. Beggae ducissae Brabantiae); “Pippinus ad Carbonariam silvam pervenit, qui terminos utraque regna dividit” (Annales Mettenses a.d. 690) tradotto: “Pipino giunse alla Selva Carbonaria, i cui confini dividono entrambi i regni”. Se invece che nel Belgio questa gente stava -come pensiamo- nelle Marche, ecco che la figlia Gertrude visse a Neustadt che è Statte di Camerino, località che si trovava all’estremo sud della Carbonaria Silva, a controllo dei confini e dell’incrocio di importanti assi viari; l’altra figlia, Begga, stava invece nella Andenne sur Meuse che è Loreto, sul confine nord, a controllo di altri assi viari e soprattutto degli approdi, grazie alle correnti marine di cui abbiamo tante volte parlato, che portano proprio ad attraccare al porto di Numana. Qui un’altra considerazione è grossa: se Andenne o Anden sono lo stesso luogo di L’anden, significa che Pipino era originario di Loreto, quindi il Monte Prodo era densamente popolato, da questa gente, nella 2^ metà del secolo VII d.C., anzi, già da molto tempo, visto che Begga “monasterium Andennense fundat”: fondò il monastero, non edificò, quindi il fabbricato già c’era. Ma continuando a scorrere il testo, la prima considerazione che gli anonimi autori fanno è questa: nel Belgio il carbone si estrae da terra, dalle miniere, che senso ha parlare di “charbon de bois” carbone di bosco? E poi, ci sono tutte quelle località all’interno e nei pressi della Charbonniere, ancora oggi apostrofate con “peut-être” cioè potrebbe essere, come per esempio il villaggio di Thimium: Timi è un cognome diffuso a Foligno, il che fa pensare a una contrada che prendeva tale nome dal clan che la abitava; attualmente la si pone a Thimeon in Belgio, esclusivamente perché vi fu trovato un frammento di vaso con su scritto Thimeon, che per gli storici somiglia a Thimium, per noi potrebbe essere semplicemente un nome proprio di persona… Ci sono poi: Pons Scaldis (Scandolaro vicino Foligno?), Vodgoriacum (Valcora di Fiuminata?) e ancora Fanum-Martis (Monte di Marte di Pievefavera?), Hermoniacum (Castello di Morgnano, Spoleto?), Perniciacum, Geminiacum, Archidioecesis Cameracensis (Camerino?)…ma non vogliamo insistere forzando queste nostre ipotesi, cui crediamo, ma delle quali non abbiamo ancora sufficienti elementi per poter associare con certezza questi antichi toponimi a luoghi piceni.
Il viaggio dell’arcivescovo
Proviamo però a “ricollocare” un interessante passo degli Annales Historiae Illustrium Principum Hannoniae di J. De Guyse, dove si racconta un episodio del 1185: “Archiepiscopus Coloniensis et dux Lovaniensis per nemus Carboneriam transierunt, et Ruez villam comburentes et ante Bincium transeuntes, Lestinis pernoctaverunt, et in locum di Belmontes dicitur, qui distat uno miliari a Montibus, pervenerunt”. Traduciamo, prima lasciando i nomi come in origine, poi mettendo quelli marchigiani, dimostrando facilmente che questo viaggio fu un sopralluogo in una ristretta area geografica, motivato da un diverbio tra il duca e suo fratello riguardante il diritto di amministrarla: “L’arcivescovo di Colonia e il duca di Lovania transitarono attraverso i boschi della selva Carbonaria, il villaggio bruciato di Ruez e prima di passare per Bincio, pernottarono a Lestinis, e giunsero nel luogo chiamato Belmontes, distante un miliario da Montibus”.
L’arcivescovo di Colonia = San Severino (vedere testo di S. Torresi) e il duca di Lovania = Novana (la città scomparsa, si presume nei pressi di Monterinaldo) attraversarono la Selva Carbonaria, passarono davanti a Ruez Villam = Castellarso Tenna (fraz. Belmonte Piceno) e prima di passare per Bincio = Pincio (è come i locali chiamano la sommità del paese a Montegiorgio) pernottarono a Lestinis = Colle all’Este (fraz. Belmonte Piceno) e giunsero a Belmontes = Belmonte Piceno oppure Montebello (vecchio nome di Grottazzolina). Resta un punto interrogativo Mons, o Montibus, che dista un miliario (romano circa km.1,5- austriaco km. 7) da Belmontes, in quanto molti borghi li intorno, come in tutte le Marche, iniziano per “Monte”, e siccome “Mons” ricorre in molti testi dell’epoca, non vorremmo che all’origine fosse un aggettivo, una definizione, del tipo “il monte più alto del posto”, non una città precisa, come diventerà in epoca più tarda: riporto come esempio che i Treiesi quando dicono “sulla montagna” intendono la frazione di San Lorenzo, che è “Mons” solo per loro. Difatti nel viaggio dell’arcivescovo Mons è nel fermano, oltre la Silva Carbonaria, in un altro racconto, nella “cartulaire de Saint Martin di Turnai”, la località Mons si trova all’interno della Selva Carbonaria, nel maceratese, circoscritta dalla sotto-selva Montense, dove si trova il cenobio di San Dionigi (abbas cenobii Sancti Dyonisii, quod es situm in sylva Montensi): San Dionigi è dove stanno i monaci parisi, e quindi a Macerata, secondo Simonetta Torresi, o a San Ginesio secondo Giovanni Carnevale; si rimanda, per la valutazione, alla lettura dei rispettivi testi.
Le altre antiche foreste del Belgio
La Selva Carbonaria marchigiana, ha i Sibillini a Ovest, il mare a Est, a Nord il Musone, a sud il Tenna, come meglio descritto in seguito, e tracciato nell’allegata mappa.
-La Cerasia Silva, citata nel martirologio di Usuardo, sita tra l’abbazia di San Ghislano e Mons. A Treia troviamo Valcerasa, dove i ruderi di Villa Ruspoli hanno sostituito quelli del cenobio del Beato Pietro da Treia: “nel luogo del suo eremitaggio, la fitta Selva di Valcerasa, la devozione dei Montecchiesi fece sorgere, attorno al 1450, il Convento dè Clareni, che ospitò spesso illustri pellegrini che si recavano alla Santa Casa di Loreto e nel 1464 ospitò anche Papa Pio II, diretto ad Ancona per recarsi in guerra contro i Turchi”. La villa Ruspoli a Valcerasa potrebbe essere stata in origine l’abbazia di San Ghislano, ma in barba a tanta storia, il suo stato attuale potrebbe essere un set per film dell’orrore visto come è ridotta.
-La Sonesia, o Sungia o Sonniaca Silva, che “da un lato è contigua alla Charbonniere, da un altro separa la Senna dalla Dyle dove comincia la selva Levaca. Prende il nome dalla villa de Soignies”. Da Esanatoglia fino al mare, il corso dell’Esino che corre lungo la gola della Rossa era, secondo gli storici, il confine meridionale dei Galli Senoni con le popolazioni picene. Ma vista la descrizione del territorio controllato da Pipino di Landen, forse il territorio dove si estendeva la Sonniaca Silva era compreso non tra il fiume Esino e il fiume Misa ma dal fiume Musone/Mosa al fiume Misa, l’antica Sena da cui prende nome Senigallia. Fermo restando che nei secoli i confini poterono variare.
– La Silva Fania, situata all’interno della Carbonaria Silva: Fania Silva in pago Haneniensi… citata su un diploma di donazione del 634 di Dagoberto I al predone converso Landelino, si colloca perfettamente a Colfano, frazione di Camporotondo sul Fiastrone, dove nei pressi, precisamente sul colle di Garufo, c’è la chiesa di S. Maria di Garufo, con annesso romitorio, di cui si sa poco, tranne il sospetto che sia sorto sopra un antico fanum romano, un tempio nel bosco sacro. Inoltre si cita nel diploma e in altri documenti un rivo Merdoso, soprannome dei corsi d’acqua dove si conciavano le pelli: nella vicina Caldarola ancora nel secolo scorso esistevano fiorenti (e puzzolenti) concerie.
-La foresta de Mormal, menzionata nel viaggio di Clodione (V secolo), il quale credendo di attraversarla finisce per errore nella Charbonaria: “Clodio… Carbonariam sil vam, quae nunc Mourmal nuncupatur, ingressus, urbem Tornacum obtinuit” da De Dynter tomo I. Confinante con la Carbonaria, potrebbe essere il territorio compreso tra il fiume Tenna, o meglio dalla sorgente del Tennacola che confluisce nel Tenna a Servigliano, fino al mare, e l’Aso. Dalle fonti la foresta Mormal comprendeva anche il monastero Marmoutier fondato da San Martino nel IV secolo. In Francia, a Marmoutier, sono in corso scavi archeo logici da qualche decennio, saremmo curiosi di sapere cosa hanno trovato… qui da noi, tra il Tennacola e il Tenna, guarda un po’, c’è, vivo e vegeto, Monte San Martino.
– La Silva Cottia, o Cozia, dove andavano a caccia i Re Merovingi (vedi biografia di San Germano di Parigi), è dal Fiume Misa in su, fino al Foglia-Isaurus che sbocca a Pesaro. Forse Paolo Diacono, tanto criticato dagli storici, non si sbagliava a scrivere nella sua Historia Langobardorum che la provincia di Urbino con le sue selve si trovava nelle Alpi Cozzie…
Il fiume Visera
Nella storia di Begga abbiamo posto il “luogo vicino al fiume Visera” a La Serra, cioè Serrapetrona. Molti luoghi si chiamano “Serra”, che secondo noi è una evoluzione in lingua italiana di Visera: quest’ultimo termine ricorre in molte fonti, considerato l’antico nome proprio di un fiu-me, mentre in realtà all’origine dovette essere una definizione, che in modo semplice e immediato descriveva un incrocio di strade importanti posto in prossimità di un fiume sacro, un luogo “cuscinetto” posto sul confine tra territori controllati da diversi clan, e probabilmente luoghi di scambi commerciali. A valle di Serrapetrona c’era Faveria, e qui si intersecano le strade per Colfiorito, per Tolentino e per San Severino, si mette in comunicazione la vallata del Chienti con quella del Potenza. Un altro esempio è Serravalle, passaggio viario per Colfiorito/Plestia, importante luogo di transiti commerciali. Il nome Visera si trova scritto anche Wisaracha, Wisaraha, Wiseraha, Visara, Guisara, Visurgis, Weser, Wisuraha, Isara, Isero, Oisia, Isere, Oise, Esaram, Isaram. La parola Visera e le sue varianti hanno somiglianza con la divinità etrusca Aisar, un “Potamoi” cioè fiume divinizzato. Molti fiumi marchigiani hanno nel nome -as (Fiastra, Asola, Aso), -is (il Misa, il Foglia che si chiamava Isera), -es (Esino, Tesino), -os (Flosis nome antico del Potenza, Mosa nome antico del Musone); espressioni che forse indicavano nella lingua di un antico popolo sia la portata d’acqua, sia la divinità che si associava al fiume. C’è un torrente Ose vicino Bastia Umbra, tanto per dire. Si chiamano Esaro due fiumi in Calabria, l’Esaro di Cosenza e l’Esaro di Crotone; quest’ultimo, che scorreva dentro la città dividendola in due, è considerato il primo dei due ad aver assunto tale nome, in memoria della divinità Aisaros, un misto tra l’etrusco Aisar e l’idioma indigeno: la numismatica esistente dà testimonianza della divinizzazione di questo piccolo fiume già nel V secolo a.C. Sarà nato prima l’Esara Crotonese o il Visera Franco-Belga? Forse un indizio ce lo dà la presenza di personaggi: “Milone”, nome che ci risuona. A Crotone nel VI secolo a.C. Milone di Crotone fu un famoso lottatore, genero di Pitagora. Nel I secolo a.C. troviamo un Tito Annio Milone Papianus (da località Popiano di Macerata?) politico romano, di cui ignoriamo il luogo di origine e nascita. Troviamo infine Milone, marito di Berta (sorella di Carlo Magno), genitori del paladino Orlando, nell’VIII secolo d.C. in Francia… per noi nell’antica Francia, dove abbiamo Pollenza (MC) che in passato si è chiamata Montemilone, che dista pochi km dalla contrada Berta di San Severino Marche! E nell’attuale Francia? Forse, come scrive qualcuno nel web… quando nel sud Italia c’era la Magna Grecia, in Francia vivevano ancora sugli alberi… Un’altra variante di Visera, intesa sempre come incrocio di strade?
– Svizzera… La Svizzera non è solo quella che fa da confine tra Italia, Francia Austria e Germania, c’è anche la piccola Svizzera di Passo di Treia! Non risulta in nessuna mappa, ma tutti chiamano così quella piccola zona di confine tra i comuni di Pollenza e Treia stabilita dal fiume. A ridosso del ponte sul fiume Potenza si incrociano ben 5 strade: deve passare di qui chi è diretto a Pollenza, a Tolentino, a Macerata, a San Severino, a Treia. Chi controllava l’incrocio sul Potenza? Montemilone, l’attuale Pollenza, sita sul Monte Franco, una roccaforte franca (vedi articolo di Liana Maccari su La Rucola n° 232 settembre2017). Un’altra Svizzera si trova a Porto Sant’Elpidio zona nord, è chiamato così dai locali un quartiere nei dintorni di Villa Barucchello, lì dove è stata trovata traccia di Publio Oppio, il più antico banchiere della storia (II secolo a.C.) vedi articolo (La rucola n° 236 pag. 36). Per approfondimenti: “Magnificenza nel mito di fondazione di Crotone” di Gianluca Facente, “L’Esaro degli antichi” di Pasquale Attianese.
Compiegne
Compendium-Compiegne era il guado-scorciatoia sopra il fiume Isara, confine con territorio di Soissons, in una località nota come “la chiusa delle rose”. Nell’attuale Compiegne, al nord della Francia, gli scavi condotti non hanno scoperto vestigia gallo/romane, a dispetto delle numerose citazioni di questa città nelle fonti storiche medievali. Secondo noi, almeno fino al 1430, per Compendium si intendeva quel “luogo di confine e di incontro per le diocesi dei Vescovi di Nocera, Gubbio e Fossombrone” nei pressi di Valrea, frazione della attuale Pergola, dove il fiume Cesano-Suasanus formava un grande gorgo detto “dei radunati”. Il fiume Suasanus era un guado definibile “Visera”, un luogo di frontiera. Anche le rose ricorrono ancora nei toponimi della zona, come Pian di Rose, Fratterosa. Qui, come abbiamo scritto più sopra, siamo in piena Silva Cozia, dove andavano a caccia i Merovingi e dove si svolse la storia di Radegonda e Clotario. Anno 561 d.C., la principessa Radegonda ha lasciato il marito, il Re Clotario, e si è ritirata a Poitiers nel monastero di Vergini edificato per lei, detto di Notre Dame. Clotario, insieme con Germano vescovo di Parigi, decide di andare a riprendersi la moglie nel Poitù (Poitiers), poi cambia idea e va a divertirsi nella Selva Cozia, dove ha un malore. Viene portato a Compiegne, casa di delizie dei Re di Francia, dove muore; viene sepolto a Soissons nella chiesa in costruzione di San Medardo (santo ancora veneratissimo nella vicina Arcevia, dove ci sono le sue reliquie). Radegonda muore nel 587 e viene sepolta nell’abbazia di Notre Dame di Poitiers (a Pesaro, nelle ricostruzioni di Simonetta Torresi), che poi verrà detta della Santa Croce per una reliquia ivi conservata. A Urbino esiste ancora un oratorio della Santa Croce, sede della omonima confraternita istituita nel 1300, dove era custodita una venerata reliquia: una sacra spina. Due secoli dopo troviamo a Compiegne un altro importante passaggio: “nell’anno 757 d.C. Re Pipino (il Breve) va al concilio di Compiegnè nella diocesi di Soissons, nelle pertinenze dell’Isola di Francia”… sostituire i toponimi con: Valrea, Castelleone di Suasa, luoghi a due passi dal confine con la Sena Gallica, il limite nord del territorio di dominio reale franco, la cosiddetta Isola di Francia.
Fiumi
1 – Foglia / Isaurus
2 – Metauro / Mataurus
3 – Cesano / Suasanus
4 – Misa / Sena
5 – Esino / Aesis
6 – Musone / Mosa – Misco
7 – Potenza / Flosis
8 – Chienti / Cluentum – Flusor
9 – Tenna / Tinna
10 – Aso / Asone – Asis
11 – Tronto / Truentus
Selve minori e luoghi
a – Compiegné / Compendium oggi Valrea di Pergola
b – Cerasia Silva oggi Valcerasa di Treia
c – Monte Carbonà (Treia)
d – Silva Fania – oggi Colfano di Camporotondo s/Fiastrone
e – Svizzera – contrada Molino a Pollenza
f – Selva Montense – zona ospedale di Macerata
g – Marmoutier – Monte San Martino (Mc)
h – Svizzera – Porto Sant’Elpidio
Simonetta Borgiani
5 novembre 2018