La ricca iconografia ricciana inizia l’11 maggio 1610, quando il Padre muore a Pechino; narrano infatti le cronache che il primo ritratto di padre Matteo Ricci fu eseguito nella capitale cinese da un confratello gesuita, Emanuele Pereira, durante la veglia notturna della sua morte.
Le iconografie successive
A questa prima immagine, che sicuramente è quella più veritiera in quanto realizzata da un contemporaneo, presente al momento della morte, ne seguirono nel tempo altre, sia a figura intera, come quella settecentesca in cui è in compagnia di un letterato, sia quelle a mezzo busto, una delle quali firmata Monnin è stata la più utilizzata successivamente, anche se si discosta e molto, dalla prima del 1610.
Una figura standardizzata
Le modifiche, circoscritte peraltro al viso, sono continuate anche dopo il ‘700, specie durante le celebrazioni per il quarto centenario del l’ingresso del Padre in Cina, quando non sono mancati artisti di rilievo, che, nella tela, nel marmo o pure nel bronzo, hanno voluto dare una loro particolare interpretazione della figura del Ricci. Interpretazioni nelle quali però una costante fissa, mai modificata, è stata la figura del Padre, vestito come un letterato cinese, con alto cappello, lunga barba, veste di seta blu con orli rossi, in linea con quanto risulta dalla documentazione storica.
Craia e la varietà interpretativa
Fra gli artisti che hanno voluto onorare nel tempo padre Matteo Ricci figura anche Silvio Craia, con una caratteristica particolare: non si è limitato a un solo intervento ma in più occasioni ha voluto presentare la sua idea del “personaggio Ricci” dando così vita a una grande varietà d’immagini che poco hanno a che vedere con la figura del personaggio così come è stata fissata nel tempo, divenuta quasi un “santino” moderno e multicolore. Con Craia i colori vengono sparati con forza sulla tela senza la grazia delicata dell’acquarello, mentre vengono abbozzati e inseriti parti del volto o dell’abbigliamento del Ricci o dello stemma della Compagnia dei Gesuiti, con un modo di operare che ricorda le figure in movimento del primo futurismo.
Immagini non convenzionali
Per cui, scorrendo rapidamente i numerosi fogli con le diverse immagini del Ricci inserite nella girandola di colori, si ha come l’impressione di assistere al ruotare delle parti policrome di un caleidoscopio, che danno luogo alla composizione di figure sempre diverse ma non dissonanti tra di loro, per la persistente presenza di elementi comuni. Sono certamente immagini non convenzionali, decisamente d’avanguardia, come del resto è la produzione di Silvio Craia e come lo era Matteo Ricci nelle sue idee e nel suo operare nella Cina di oltre 5 secoli fa.
Siriano Evangelisti
11 agosto 2018