Stamani sono andato con mio figlio a prendere il mattutino cappuccino (passando davanti al bar al quale assurdamente non portano la stampa quotidiana e le riviste, che prima del terremoto arrivavano, ledendo così il diritto alla libera informazione, tra l’altro economicamente assistita, specialmente per chi non possiede o non usa il computer) e ho sentito le prime giuste preoccupazioni.
Se avessi saputo…
“…Se avessi saputo di questa desertificazione e squallore non sarei, come hanno fatto in molti, tornata a Castello, anche se l’amore per queste zone è tanto” – “…Ci vuole unità a principiare dall’amministrazione Comunale, una mossa e uno slancio imprenditoriale da tutto il paese, perché senza prospettive, ripopolamento (noi diventiamo sempre più vecchi) e un progetto di sviluppo per Castello, Ussita, Visso e il suo comprensorio, l’alto Nera non vivrà!”
Poi siamo andati a mangiare “…Se non ci sarà un disegno per la crescita il territorio mai tornerà (aveva già problemi) a essere quello di prima”.
La colpa non è solo del terremoto
È troppo facile dare tutte le colpe, individuali e quasi mai collettive, al terremoto, ma è certamente vero che nel sisma ci sono state ingiustizie, anche perché qualcuno è diventato ricco e altri hanno usato il terremoto a fini personali o partitici. I ritardi ci sono stati per responsabilità non solo della burocrazia, ma di tutti (la verità, ancora non si è capito, è rivoluzionaria), dallo Stato ai Comuni, dalle Regioni alle Provincie: la ricostruzione deve ancora partire (si deve imporre la stabilità preventiva degli immobili e l’obbligo dei controlli non a parole) e quando partirà realizzerà paesi nuovi di zecca in una montagna spopolata e senza sviluppo. Poi c’è da sperare che i partiti o i movimenti che hanno sfruttato il sisma non dimentichino che c’è stato un tremendo terremoto nel centro dell’Italia.
L’emergenza è finita, ora la ricostruzione
Nei giorni di festa e di ponti (dal 25 Aprile al 1° Maggio) nell’alto Nera (Visso, Ussita, Castelsantangelo sul Nera) si è radunata un po’ di gente, ma poi tutto è tornato alla “normalità”: poche persone, stesse problematiche economiche e personali. Gli eventi non hanno visto, se non in apparenza, l’unità necessaria tra le amministrazioni comunali, i residenti, le pro-loco, le associazioni e i gruppi di appoggio al territorio sorti dopo il terremoto (preferivamo fossero uniti), gli esercenti. È ovvio che l’assistenza per il terremoto è finita in generale con la consegna delle Sae e si punterà tutto su ricostruzione pubblica o privata. Ora dobbiamo pensare in prima persona a ricostruire il tessuto sociale, il ripopolamento delle nostre valli, con volontà e intelligenza.
Non fidarsi di vecchie promesse
Lo sviluppo, la crescita della montagna rimarrà una chimera se ci aggrapperemo alle promesse del terremoto del ‘97 e a quelle del 2016, a tutti gli impegni sbandierati negli anni e al riequilibrio economico tra le zone forti e quelle deboli della nostra Regione: dobbiamo ricercare alleanze, la montagna (in tutta Italia conta 10 milioni di persone disperse in una miriade di valli) non può fare da sola, conta poco politicamente…
Usare le risorse della natura
La montagna, il bosco, il pascolo, coordinato e unito, ci possono dare attività casearie, di filanda tradizionale e di tessitura, poi la natura ci mette a disposizione (basta aver voglia di impegnarsi in modo cooperativo) “il materiale” per ottenere erbe sacre o magiche per offrire cure dolci ad alcuni disturbi, la trasformazione del legno in pellet, l’allevamento delle lumache… È ovvio che tutto questo ha bisogno di formazione, ma si può ottenerla! Il territorio ci offre le risorse, basta volerle e saperle utilizzare, non serve piangersi addosso, non occorre attendere che qualche altro faccia qualcosa al posto nostro.
Aiutati che il Ciel ti aiuta…
So che è difficile, ma nessuno ti da una mano, se non esiste prima un impegno personale o collettivo. Le nostre zone “sopravvivevano” con il turismo non solo di ritorno, con le seconde case: oggi questo non c’è più e dobbiamo trovare una soluzione a questa problematica. Dobbiamo realizzare aree franche durevoli (non come è previsto dai decreti per il terremoto) per incentivare nuove imprese e occupazione, bar e commercianti. C’è la necessità di ripopolamento delle nostre aree e di investimenti pubblici e privati.
2 luglio 2018