Il ritorno dell’architetto Mario Ridolfi in viale don Bosco

Quando, fra non molto, verranno tolti i teloni e smantellate le impalcature che ricoprono la sede dell’ex ONB in viale don Bosco, alla città verrà restituito un capolavoro dell’architettura razionalista, il cui valore è sicuramente non conosciuto dalla maggior parte dei maceratesi. Anche perché, dalla fine della guerra a oggi, sull’edificio si sono moltiplicati interventi invasivi che ne hanno modificato in parte l’aspetto originario del 1935, quando venne inaugurato il 7 novembre da S. E. Renato Ricci, Sottosegretario di Stato all’Educazione nazionale e Presidente dell’Opera Balilla.

 

Mario Ridolfi e il suo progetto

L’edificio recava la firma, allora non molto conosciuta, dell’architetto Mario Ridolfi. Un giovane professionista che si era già fatto notare nel campo delle costruzioni con la realizzazione, nel ‘33, del Palazzo delle Poste in piazza Bologna a Roma. È proprio nello stesso anno che Ridolfi ottenne l’assegnazione dell’incarico per la costruzione della Casa del Balilla a Macerata. L’opera venne progettata seguendo rigidamente i canoni dell’architettura razionalista. Tre livelli a destra con porticato a piano terra su esili colonne, due piani a sinistra, con i due corpi distinti dalla colonna in vetro della scala d’accesso, alla cui destra insiste una quinta ondulata del muro di recinzione in travertino bianco. Uffici e biblioteca nelle due parti, mentre nel lungo fabbricato all’interno erano previste palestre, sala della musica, gabinetti medici: l’attività sportiva e paramilitare (con i fucili balilla che sparavano cartucce di carta) veniva svolta anche all’aperto su di un ampio cortile, dove in tempi recenti è stata malamente collocata la piscina comunale coperta da un grande pallone pressurizzato, che speriamo venga smantellata, quando la città potrà finalmente essere servita da un impianto per il nuoto degno di un capoluogo di Provincia.

 

La Casa del Balilla di fronte all’Oratorio Salesiano

Oggi sono occorsi oltre 12 lustri per riportare alla originale bellezza l’edificio, allora bastarono pochi anni per la realizzazione dell’opera. “Marciare e non marcire” era uno dei tanti motti dell’epoca e tutto fu infatti realizzato all’insegna della sveltezza. Infatti, nel febbraio del ‘32 il Podestà deliberò l’acquisto del terreno con vecchio edificio annesso, che era una segheria di legnami della soc. Sacam, lungo l’allora viale della Stazione. Una scelta ben mirata, non solo per il prezzo (lire 145.000) ma anche soprattutto per il fatto  che la Casa del Balilla  veniva a trovarsi  di fronte all’oratorio salesiano e quindi con la  possibilità, non remota, di attirare i giovani oratoriani.

 

Quando non si sforavano i preventivi

La costruzione, realizzata dall’impresa cav.Tamburini, costò – come da preventivo di poco sforato – lire 237.798,35 centesimi, con il concorso finanziario di Comune, Provincia e Opera Nazionale Balilla. Notare che l’iniziale progetto, predisposto dall’Ufficio tecnico comunale non venne approvato a livello centrale; si diede invece seguito, come già detto, a quanto presentato dal Ridolfi tra il ‘33 ed il ‘34, dato che il suo progetto era pienamente conforme alle richieste romane, tanto è vero che fu lo stesso Renato Ricci a presenziare all’inaugurazione della Casa, il 10 novembre 1935, XIII E.F. “con entusiasmo e festività veramente eccezionali da parte della città” come scrisse il giornale “L’Azione fascista” che non mancò di riportare il programma della giornata: ore 9:30  arrivo in aereo del Ricci, in tenuta di volo, da Roma a Loreto; ore 10:00 arrivo in auto a Macerata; ore 10:45 inaugurazione della Casa e sfilamento di tutte le rappresentanze per viale Trieste.

 

Inaugurazione e consegna delle chiavi

Subito dopo, Renato Ricci inaugurava a Civitanova la locale Casa del Balilla, uno dei primi lavori dell’architetto Adalberto Libera, caratterizzata dalla forma di una nave, ferma sulla battigia. Nel dare il resoconto della giornata non si può non ricordare quanto avvenne al momento dell’inaugurazione con la consegna delle chiavi dell’edificio, racchiuse in un artistico astuccio, presentate da due Figli della lupa con le parole: “Eccellenza, questa è la chiave della nostra Casa; ma Voi avete già la chiave del nostro cuore”.

 

Dopo l’incuria il restauro

Per meno di un decennio durò l’uso della Casa da parte della gioventù del Littorio; quello che avvenne dopo è la mesta cronaca di pesanti modifiche e di incuria della struttura: un peccato, perché delle varie opere pubbliche realizzate in città durante il passato regime, oltre il Monumento ai Caduti, la Casa del Balilla è un’opera di grande pregio, citata nella storia dell’architettura moderna. È merito dell’Amministrazione comunale averla riportata all’antico splendore. Resta da conoscere il colore che verrà applicato; da quanto si riesce a intravvedere  sembra sia un rosso fuoco, che nulla ha a che vedere con il bianco e il grigio del ‘35, colori divenuti addirittura nel dopoguerra giallo sporco, a buccia d’arancia. Se così fosse l’opera del Ridolfi verrebbe nuovamente penalizzata. Senza apparente motivo.

Siriano Evangelisti

5 maggio 2018

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