Mi aggiravo smarrito per i corridoi della Università. Ero una matricola e sapevo che, prima o poi, sarebbe dovuto succedere… inesorabilmente successe. Avvolto nel mantello, un goliarda in là con gli anni mi bloccò: era il pontefice massimo (meglio usare la minuscola). Accompagnato da una torma di affamati mi portò nel bar in piazza. Controllò quanti soldi avessi (da giorni tenevo nel portafoglio solo quelli “giusti”). Gozzovigliò insieme con gli altri e, infine, satollo e su di giri, mi apostrofò: “Lo sai che in Norvegia è stato eletto il nuovo re?” – “No!” – “Beh, ora lo sai: è Olaf.” – “E allora?” – “Allora devi dare l’annuncio al popolo, come farebbe un araldo.” – “Al popolo? Ma qui siamo in Italia dove, tra l’altro, c’è la Repubblica.” – “Repubblica o monarchia devi dare l’annuncio al popolo, perché questa è la mia volontà e la mia volontà non si discute!” Aprì la finestra che dava sulla piazza e mi ordinò di urlare: “Olaf regna!” Urlai: “Olaf regna!” – “Più forte!” Urlai più forte. “Più forte ancora, a squarciagola!” Urlai più forte, a squarciagola. “Bravo! E ora urlalo velocemente, senza fermarti e sempre a squarciagola.” Urlai velocemente, senza fermarmi, a squarciagola. Urlai e urlai. A questo punto mi accorsi del perfido tranello, del diverso significato di quelle due parole se urlate tutte d’un fiato. Una ragazza che passava, avvenente, girò fugacemente il capo verso la finestra, sorrise lusingata e continuò a camminare ancora più impettita. Una vecchietta: “Ma chj adè quissu che sta a sgagghjà’ comme ‘n porcu scannatu e ppo’ tutto ‘llo zuzzo che dice. Ma se pò ‘ccunsindì’ ‘na cosa de ‘stu genere? Ahò, te stai zittu? Ce fai o ce scì?” Per quanto mi riguardava avevo superato l’esame (altri esami poi ci sarebbero stati più impegnativi). Uscii dal bar, mi eclissai, complice la nebbia, con passi rapidi e a testa bassa.
Umberto
3 aprile 2018